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Vilnus: l’Ucraina non firma, Unione Europea sconfitta

Ultimo Aggiornamento: 23/04/2024 21:12
31/01/2015 14:29
 
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Perché non si sa tutt'ora chi erano i cecchini del Maidan?

www.youtube.com/watch?x-yt-cl=85114404&v=605qBBGPhWA&x-yt-ts=14...
[Modificato da wheaton80 31/01/2015 14:30]
31/01/2015 15:08
 
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Kiev ha perso

Se ai separatisti fosse stato ordinato di arrivare fino a Kiev, probabilmente, in poche settimane, li avremmo già visti marciare su Majdan Nezaležnosti, Euromajdan per i fabbricatori di falsi miti rivoluzionari ad uso e consumo dell’imperialismo americano. Questo per spiegarvi i reali rapporti di forza sul campo, nonostante la retorica ucraina (assistita da quella Atlantica) che sta raccontando una guerra mediatica rovesciata negli esiti ma che è stata persa militarmente da Kiev ancora prima di essere cominciata, facendo tanti morti civili perché aveva come principale scopo proprio la pulizia etnica dei russofoni dell’est. L’Occidente si è reso complice di questa mattanza razziale, ricorrendo ad uno schema già visto all’opera in altre aree dei Balcani negli anni passati, in quanto convinto che solo un’Ucraina derussizzata avrebbe potuto essere integrata più facilmente nell’UE e nella NATO. Il piano è ormai miseramente fallito, così come la possibilità di ricacciare la Russia fuori dalla sua orbita egemonica. Ma gli americani hanno dato agli ucraini l’ordine di tenere le posizioni fino all’ultimo uomo. Lo stesso comando che Hitler impose alla sesta armata nel 1942, resistere fino all’ultima cartuccia. E, difatti, i soldati di Kiev cadono come mosche con la loro diavoleria a batterie solari in tasca, donatagli dal reverendo Charles Stanley, della Chiesa del contatto della verità. Guardate voi stessi come si può ancora farsi fare il lavaggio del cervello mistico nelle nostre società materialistiche:

www.youtube.com/watch?x-yt-ts=1422579428&v=TYlh35Av1-c&x-yt-cl=...

E’ una forma di Jihad tutta occidentale che fa certamente meno presa della sua versione musulmana, dove l’attaccamento alla fede combacia con uno stile di vita tradizionale e dunque intimamente più vicino al divino. Ma tant’è. Sono state le provocazioni di Poroshenko e soci a convincere le milizie filorusse ad attaccare a Mariupol e a chiudere la sacca di Debaltsevo, dove quasi 8000 soldati ucraini rischiano ora di fare la fine dei tonni nella rete. Proprio i colpi sulle abitazioni civili a Mariupol, che però sono stati esplosi dalle postazioni ucraine, hanno spinto l’UE a prolungare le sanzioni contro Mosca. Lady PESC Mogherini ha addotto questo come pretesto per continuare a colpire il Cremlino con provvedimenti del tutto inutili ed ingiusti, considerato che le responsabilità per gli ultimi efferati delitti ricadono interamente sulla testa dei quisling ucraini. Evidentemente, dire la verità (che ammettiamo essere sempre contraddittoria, come diceva il Presidente Mao) non rientra nelle prerogative della carica ricoperta dalla Mogherini che sta riuscendo a fare peggio di Lady Ashton, e non era facile. Inoltre, sono gli stessi locali che smentiscono la presenza di truppe russe sul suolo ucraino (questa è l’altra balla sulla quale poggiano le sanzioni). Il Generale Viktor Muzhenko ha negato, in una conferenza stampa, “la presenza di unità regolari dell'esercito russo in Ucraina".

L’affermazione è pesante e stride con le numerose dichiarazioni di senso contrario del governo filo-americano di Kiev. Ciò vuol dire che le forze armate sono stanche della propaganda dei loro governanti, anche perché a rimetterci la pelle non sono gli oligarchi ma i soldati. Nelle ultime tre settimane sono morti 1.200 militari ed i feriti risultano almeno il doppio. Numeri che fanno rabbrividire anche chi è abituato alla guerra. Infatti, le defezioni aumentano vertiginosamente, i soldati chiedono asilo all’odiata Russia (che così odiata non sarà), passano con i ribelli, oppure, semplicemente si arrendono perché non hanno motivazioni per combattere. Chi ne avrebbe se costretto con minacce e con ordini suicidi a recarsi al fronte? Si può morire per una patria che nemmeno esiste più? Di fronte a questo sfacelo il Parlamento ucraino sta pensando di introdurre una legge che impedisca ai suoi cittadini coscrivibili di lasciare il Paese.

Come scrive Mike "Mish" Shedlock, advisor di SitkaPacific Capital Management, il governo ucraino sta introducendo la schiavitù nei suoi confini, conculcando la libertà dei singoli. Eppure, prosegue l’analista, la guerra è ormai finita anche se infuria la battaglia. Questa battaglia continuerà finché gli USA ed il FMI continueranno a finanziare l’Ucraina, col solo intento di destabilizzare la Russia ed al costo della distruzione di un intero popolo. In ogni caso, dice ancora Shedlock:“L'Ucraina non sarà mai più un paese unito. E’ folle disegnare arbitrariamente le frontiere senza alcun riguardo delle credenze culturali, politiche o religiose. La guerra è finita. Kiev ha perso, anche con l'appoggio degli Stati Uniti. Lasciate che il processo di pace inizi prima che si perdano altre vite e si verifichino altre distruzioni inutili”. Pur essendo sicuri che i separatisti non si spingeranno fino a Kiev, siamo quasi certi che potrebbero arrivare fino ad Odessa e chiudere definitivamente l’accesso al mare all’Ucraina. Quest’azione a protezione di una zona che i russi considerano di loro esclusiva pertinenza, troppo vicina ad una importante base navale per essere lasciata al nemico, è divenuta legittima nell’istante esatto in cui la Rada, il parlamento ucraino, ha rinunciato alla sua neutralità manifestando la volontà politica di aderire al Patto Atlantico. L’Ucraina si è ficcata in un vicolo cieco dal quale uscirà soltanto quando si rassegnerà, insieme ai suoi burattinai esteri, a firmare dolorose concessioni territoriali che la mutileranno per una lunga fase storica e, forse, definitivamente. Gli ucraini possono ringraziare di questa disfatta i loro fasulli movimenti nazionalisti che in combutta con i servizi segreti USA hanno allestito un disastro in piena regola, sottovalutando la reazione di Mosca. Del resto, Putin ed il suo entourage strategico hanno preso sul serio le minacce del Dipartimento di Stato americano il quale parla già come se fosse in guerra contro i russi.

Quando Vctoria Nuland dice espressamente che “dobbiamo mettere dei centri di comando e delle forze di reazione rapida nei 6 paesi dell’Europa che si trovano sulla linea del fronte” invia una dichiarazione di guerra al Cremlino che, pertanto, si mette in uno stato di allerta non per sua paranoia ma per il significato stesso delle parole pronunciate da membri influenti dell’amministrazione americana. Ciò che sconcerta è che la politica estera dell’Unione Europea esca direttamente dai centri strategici USA che coinvolgono Bruxelles solo a giochi stabiliti. La Nuland delibera quello che si deve fare in sei stati membri della comunità ed i vertici europei non rilasciano nemmeno una frase di smentita per dissimulare un minimo di indipendenza dei loro uffici. Questa Europa di servi non durerà ancora a lungo e non per colpa dell’euro o della crisi economica ma per una svendita della sovranità decisionale che la sta marginalizzando sullo scacchiere globale, in un periodo di immensi sconvolgimenti geopolitici che rifaranno i connotati al pianeta. E’ questa la lezione più dura che gli europei stanno apprendendo dalla crisi ucraina.

Paul Robert Spadoni
www.facebook.com/conflittistrategie/posts/848893355149668
02/02/2015 20:53
 
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I volontari del battaglione Aidar protestano a Kiev

I volontari del battaglione Aidar protestano contro il possibile smantellamento della loro unità militare davanti al ministero della difesa, a Kiev. All’inizio del conflitto in Ucraina il battaglione era formato da volontari, ma in seguito il gruppo è passato sotto il controllo del ministero della difesa, che ora ha deciso di scioglierlo nel tentativo di riorganizzare le forze che combattono contro i separatisti filorussi, nell’est del paese. Il battaglione è stato accusato dall’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) di violenze contro la popolazione civile.

2 Febbraio 2015
www.internazionale.it/notizie/2015/02/02/i-volontari-del-battaglione-aidar-protestan...
02/02/2015 22:22
 
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Obama ammette che gli USA hanno avuto un ruolo nel cambio di potere in Ucraina

In un'intervista alla CNN con Fareed Zakaria, Barack Obama ha riconosciuto che gli Stati Uniti hanno "mediato un accordo per la transizione di potere in Ucraina sulla scia delle proteste di Maidan e la fuga di Yanukovich", ammettendo in tal modo un elevato livello di scorrettezza democratica. La decisione di Yanukovich di non firmare un accordo di associazione con l'Unione europea alla fine del 2013, ricostruisce Robert Bridge in un articolo su RT, ha scatenato un'ondata di proteste di massa in Ucraina, culminate nel colpo di stato di febbraio. Tale reazione rapida non avrebbe dovuto essere una sorpresa. Dopo tutto, un gran numero di agenzie governative statunitensi - in particolare, USAID - erano presenti in Ucraina dopo il crollo dell'Unione Sovietica, investendo miliardi nel loro ultimo progetto "democratico". Questa non è una teoria della cospirazione. Il 13 dicembre 2013, l'Assistente Segretario di Stato Victoria Nuland, al suo terzo viaggio in Ucraina in cinque settimane, ha detto al National Press Club:"Dall'indipendenza dell'Ucraina nel 1991, gli Stati Uniti hanno... investito oltre 5 miliardi di dollari per dare all'Ucraina il futuro che si merita".

www.youtube.com/watch?v=eaR1_an9CnQ&x-yt-cl=85114404&x-yt-ts=14...

Anche se molti sono tentati di credere il contrario, i governi normalmente non spendono tali somme di denaro in un paese straniero a meno che non si aspettano di ottenere qualcosa di pesante - in questo caso, la lealtà di Kiev - in cambio. I governi sono per natura opportunisti politici, non filantropi. Dobbiamo notare che non erano solo i dollari dei contribuenti americani che hanno sostenuto il colpo di stato in Ucraina. In un'altra intervista con Zakaria, il miliardario George Soros con freddezza ha ammesso:"Ho creato una fondazione in Ucraina prima che l'Ucraina divenisse indipendente dalla Russia. E la fondazione è in funzione da allora e ha giocato un ruolo importante negli eventi". Certamente quei miliardi di dollari non sono stati spesi solo in opere umanitarie. Dopo tutto, la questione cruciale di chi avrebbe prestato all'Ucraina un pacchetto di salvataggio era l'elefante parcheggiato su Maidan: le istituzioni finanziarie occidentali che hanno così aggiunto un altro trofeo nazionale alla loro storia. Nel mese di aprile, il FMI ha approvato un prestito di 17 miliardi per l'Ucraina. Michael Hudson di Counterpunch scrive che "Kiev ha utilizzato il prestito per le spese militari, per attaccare le province orientali". Per chi crede ancora che quei miliardi di dollari siano stati spesi solo per sostenere le istituzioni democratiche, basta prendere in considerazione le dure lezioni storiche da luoghi tanto diversi e lontani come il Sud America e il Medio Oriente. Di volta in volta, dal Cile all'Iran, Washington ha appoggiato dittature fantoccio per perseguire la sua agenda. Dimostrare questa accusa è semplice, basta riprendere la conversazione telefonica trapelata tra Nuland e l'ambasciatore americano in Ucraina, Geoffrey Pyatt, dove la Nuland delinea quale sarà il futuro "democratico" dell'Ucraina e individua l'attuale premier ucraino, Arseniy Yatseniuk, come "il ragazzo che ha l'esperienza economica, l'esperienza di governo giusta".

02/02/2015
www.lantidiplomatico.it/dettnews.php?idx=82&pg=10371
[Modificato da wheaton80 02/02/2015 22:23]
05/02/2015 12:57
 
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La Francia sbarra le porte della NATO all'Ucraina: veto di Parigi

PARIGI - "La Francia non è favorevole all'ingresso dell'Ucraina nell'Alleanza Atlantica": lo ha detto il presidente francese, François Hollande in conferenza stampa a Parigi. Il capo dello Stato, che oggi pomeriggio si recherà a Kiev insieme alla cancelliera tedesca Angela Merkel prima di continuare la missione a Mosca, ha anche detto che in Ucraina "l'opzione diplomatica non può prolungarsi eternamente". Secondo lo statuto fondativo dell'Alleanza Atlantica, è sufficiente il veto di un solo membro per impedire l'ingresso di un nuovo Paese nella NATO. Il veto Francese, quindi, sbarra le porte della NATO all'Ucraina.

5 febbraio 2015
www.ilnord.it/b5060_LA_FRANCIA_SBARRA_LE_PORTE_DELLA_NATO_ALLUCRAINA_VETO_D...
08/02/2015 23:33
 
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La previsione del GOLPE nazista a Kiev e del terrore del Maidan



Novembre 2013. E' l'alba della barbarie del Maidan di Kiev che porterà l'Ucraina al Colpo di Stato armato del 22 Febbraio 2014 e alla nascita in Europa di un potere sanguinario e neo nazista, per la prima volta dalla fine della seconda guerra mondiale. Oleg Tsariov, deputato del Parlamento Ucraino, denuncia l'attività di gruppi sovversivi, che comandati direttamente dalla Ambasciata Americana a Kiev stanno preparando il terreno per un GOLPE e per lo scoppio di una guerra civile in Ucraina. Previsioni che si sono rivelate azzeccate. Oleg Tsariov ha continuato a denunciare la deriva del nuovo regime anche a seguito del GOLPE e, dopo essere stato ripetutamente picchiato e minacciato di morte dagli sgherri del regime, si è aggregato alle forze politiche delle Repubbliche indipendentiste della Novorossiya.
12/02/2015 17:31
 
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Cosa prevede il nuovo accordo sul cessate il fuoco in Ucraina

I leader di Ucraina, Russia, Germania e Francia al termine del vertice di Minsk, in Bielorussia, hanno trovato un accordo per rilanciare il processo di pace in Ucraina. Il patto è stato firmato anche dai separatisti filorussi. L’intesa ricalca quella firmata a settembre a Minsk e prevede tredici punti:

1. Cessate il fuoco tra esercito ucraino e separatisti filorussi a partire dalla mezzanotte del 15 febbraio.
2. Ritiro dell’artiglieria pesante dal fronte per creare una zona di sicurezza di almeno 50 chilometri. Il ritiro dovrà partire il 17 febbraio ed essere concluso entro 14 giorni: sarà supervisionato dall’Osce e dal gruppo di contatto, formato da diplomatici russi e ucraini, rappresentanti dell’Osce e dei separatisti filorussi.
3. Verifica efficace sul cessate il fuoco e sul ritiro delle armi subito dopo il ritiro dell’Osce, usando tutti i mezzi necessari, compresi satelliti, droni e sistemi radar.
4. Apertura di un dialogo sulle elezioni nell’est dell’Ucraina e sull’assetto del governo locale nelle province di Donetsk e Luhansk.
5. Approvazione di indulti e amnistie nei confronti delle persone coinvolte nei combattimenti a Donetsk e Luhansk.
6. Liberazione di tutti i prigionieri nelle mani dell’esercito ucraino e dei separatisti filorussi.
7. Distribuzione degli aiuti umanitari sulla base delle leggi internazionali.
8. Ripristino delle relazioni economiche e fiscali tra Kiev e l’est del paese (pagamento delle pensioni, tasse, pagamento delle bollette).
9. La ripresa da parte del governo di Kiev del pieno controllo del confine tra Ucraina e Russia entro la fine del 2015.
10. Ritiro di tutti i gruppi armati, mercenari e armi straniere sul territorio ucraino. Disarmo di tutti i gruppi armati illegali.
11. Riforma costituzionale in Ucraina, con l’entrata in vigore di una nuova costituzione entro la fine del 2015. Autonomie speciali alle regioni di Donetsk e Luhansk.
12. Le leggi temporanee sull’autonomia delle regioni dell’est e la modalità delle elezioni dovranno essere discusse con i rappresentanti delle regioni di Donetsk e Luhansk. Le elezioni si terranno nel rispetto delle indicazioni dell’Osce.
13. Intensificazione delle attività del gruppo di contatto, per far rispettare gli aspetti rilevanti dell’accordo di Minsk.

Non tutti i leader hanno accolto positivamente il nuovo accordo. La cancelliera tedesca Angela Merkel ha dichiarato che “ora c’è una piccola speranza”, ma ha aggiunto che “non si fa illusioni” e che “c’è molto lavoro da fare”. Tra le questioni in sospeso resta lo status della cittadina di Debaltseve, un piccolo centro sotto il controllo dell’esercito di Kiev e circondato dai ribelli, dove nei giorni scorsi si sono intensificati i combattimenti.

Fonti: Kyiv Post, Ria Novosti, Bbc
12 Febbraio 2015
www.internazionale.it/notizie/2015/02/12/cosa-prevede-il-nuovo-accordo-sul-cessate-il-fuoco-in...
18/02/2015 20:40
 
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L'Ucraina ammette la sconfitta militare nell'est, prigionieri e ritirata

La battaglia di Debaltseve è terminata. E la tregua in Ucraina sembra andare definitivamente in frantumi. Per la prima volta l'esercito ucraino ha ammesso che i separatisti filorussi sono entrati nella città, snodo strategico per il controllo dell'Ucraina orientale diventata nelle ultime settimane il centro più caldo della linea del fronte. Accaniti combattimenti si sono svolti alla periferia di Debaltseve per poi estendersi all' interno della città e Kiev ha finito per ammettere che alcune unità delle sue forze erano circondate dalle milizie ribelli. In seguito, il Ministero della Difesa ha anche annunciato che militari appartenenti della 101° brigata e dell'8° reggimento erano stati catturati, senza tuttavia precisare il numero dei prigionieri.

18 febbraio 2015
www.ilnord.it/b5235_LUCRAINA_AMMETTE_LA_SCONFITTA_MILITARE_NELLEST_PRIGIONIERI_E_...
[Modificato da wheaton80 18/02/2015 20:40]
18/02/2015 20:41
 
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La bandiera della ''Repubblica di Donetsk'' sventola a Debaltseve liberata

Le milizie dell'autoproclamata Repubblica di Donetsk hanno issato la bandiera della Novorossia a Debaltseve, con la croce blu di sant'Andrea su sfondo rosso. Lo fa vedere il primo canale russo. Ora fa parte dell'est libero dall'Ucraina, e diventa parte integrante della Repubblica di Donetsk. I ribelli sostengono che l'esercito ucraino aveva circa 10 mila soldati a Debaltseve e che ne sono morti tra i 2000 e i 3000: lo riferisce una fonte del comando militare dell'autoproclamata Repubblica di Donetsk. Finora il bilancio delle vittime fornito da Kiev è completamente incompatibile con questo bilancio di vittime. Ma Kiev, da quando ha inviato l'esercito a reprimere la ribellione nell'Est, non ha mai fornito dati sulle perdite militari.

18 febbraio 2015
www.ilnord.it/b5236_LA_BANDIERA_DELLA_REPUBBLICA_DI_DONETSK_SVENTOLA_A_DEBALTSEVO_...
[Modificato da wheaton80 18/02/2015 20:43]
22/02/2015 22:11
 
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Ucraina, quadro migliora

Al via oggi il ritiro delle armi pesanti dal fronte nell' Ucraina orientale, previsto dai nuovi accordi di Minsk. Fonti militari di Kiev e dei separatisti hanno riferito che è stato raggiunto un accordo per rimuovere i sistemi di artiglieria pesante dalla linea di demarcazione prevista dalle intese del settembre scorso. ''Sono state firmate le carte per avviare il ritiro delle armi pesanti lungo tutto il fronte'', ha spiegato il generale ucraino, Olexander Rozmaznin. La notizia è stata confermata dai ribelli. In base ai nuovi accordi di Minsk per una tregua mediati da Francia e Germania ed entrati in vigore da una settimana, il ritiro delle armi pesanti doveva iniziare martedì scorso per essere completato entro il 3 marzo, ma finora il cessate il fuoco è stato sistematicamente violato. Nelle ultime ore c'è già stato uno scambio di prigionieri, 139 ucraini per 52 miliziani ribelli.

22 febbraio 2015
www.ilnord.it/i-813_UCRAINA_QUADRO_MIGLIORA
28/05/2015 01:39
 
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Chi di guerra ferisce...

Se l'Ucraina continua a far parlare di sé, nonostante le principali informazioni che la riguardano siano ad oggi taciute a vantaggio della paura suscitata dai media attraverso le notizie sull'ISIS, difficilmente l'opinione pubblica occidentale è in grado di comprendere quanto la situazione di frammentazione e conflitto perenne nella nazione europea sia indice di un ben più grave conflitto a livello internazionale. Qualche giorno fa pubblicavamo ad esempio l'articolo Ufficiale "l'ISIS combatte anche in Ucraina" (http://nexusedizioni.it/it/CT/ufficiale-lisis-combatte-anche-in-ucraina-4693), riguardo la collaborazione attiva tra jihadisti dello Stato Islamico e miliziani di estrema destra ucraini. Qui si faceva riferimento ad Igor Kolomoisky, magnate petrolifero ucraino di ascendenza ebraica, nominato governatore della regione di Dnipropetrovsk, ma soprattutto finanziatore principale del battaglione neonazista Azov, che imperversa da oltre un anno soprattutto nell'Ucraina orientale compiendo crimini contro l'umanità a danni della minoranza russa, che nelle regioni orientali è la maggioranza della popolazione da sempre. Kolomoisky avrebbe addirittura donato un blindato ai miliziani islamisti che combattono in Ucraina al fianco delle milizie neo-naziste. Ebbene, è di questi giorni una notizia importante che lo riguarda e che potrebbe mettere a serio, ulteriore, rischio la stabilità dell'Ucraina, anche nella parte occidentale che si riconosce nel governo di Kiev. Infatti, il sito Russia Insider riporta la notizia, tratta dall'agenzia russa TASS, che il Presidente ucraino Petro Poroshenko lunedì avrebbe proibito ai singoli governatori regionali del Paese di mantenere degli eserciti privati a propria difesa, per motivi di sicurezza (http://russia-insider.com/en/2015/03/24/4856). Il riferimento è principalmente al governatore di Dnipropetrovsk, Igor Kolomoisky, poiché il capo dei servizi di sicurezza ucraini Valentin Nalivaichenko ha dichiarato che ufficiali altolocati nell'amministrazione di quella regione hanno mantenuto formazioni armate che oggi costituiscono vere e proprie bande che scorrazzano senza controllo per il paese.

L'urgenza della questione si è presentata quando uomini armati che probabilmente appartengono al servizio di sicurezza di Kolomoisky hanno messo "sotto la loro sorveglianza" la sede dell'azienda statale di estrazione di gas e petrolio, Ukrnafta. Questo avveniva già nella giornata di domenica 22 marzo, secondo Sergei Leshenko, parlamentare del partito di Poroshenko, che riferiva come miliziani che appartengono a battaglioni sconosciuti sarebbero presenti all'interno dell'edificio e si sarebbero asserragliati bloccando l'accesso dell'edificio con barre di metallo. Con loro si sarebbe asserragliato all'interno lo stesso Kolomoisky, contrario alla nuova legge approvata dalla Rada (la Camera bassa ucraina) che conferisce al governo l'ultima parola sulle decisioni riguardanti l'azienda, che è per il 50% + 1 delle sue azioni in mano statale, impedendo così di fare il bello e il cattivo tempo alla banca Privat, co-fondata da Kolomoisky, che è azionista di maggioranza relativa con il 42% delle quote e fino a ieri poteva porre il veto su ogni decisione presa dal consiglio di amministrazione. Inoltre, il 19 Marzo il consiglio di supervisione di Ukrtransnafta, azienda di proprietà di Igor Kolomoisky che si occupa del trasporto di gas e petrolio estratti, ha destituito Alexander Lazorko dall'incarico di amministratore delegato della società e nominato al suo posto Yuri Miroshnik, facente funzione di presidente del consiglio di amministrazione. Secondo le informazioni pervenute a Russia Insider, in seguito a questa mossa la sede della società sarebbe stata messa sotto sorveglianza da "uomini armati guidati da Kolomoisky".

Tuttavia, il Ministro degli Interni Arsen Avakov ha detto che a mettere i locali di Uktransnafta sotto controllo sarebbero stati i servizi di sicurezza di Kiev, che si occupano di applicare la legge. Secondo i media ucraini, nel mese di aprile-maggio 2014 l'azienda di proprietà di Kolomoisky avrebbe estratto 675.000 tonnellate di petrolio dalle condotte petrolifere della regione governata dallo stesso Kolomoisky senza l'autorizzazione del Ministero ucraino dell'Energia e del Carbone. Il Primo Ministro Arseniy Yatsenyuk avrebbe quindi chiesto alle autorità giudiziarie ucraine di applicare la legge, di avviare un procedimento penale e di perseguire i responsabili di questa appropriazione illegale del petrolio destinato alla nazione. Kolomoisky non si è però limitato ad asserragliarsi all'interno della sede di Ukrnafta. Infatti, secondo l'agenzia di stampa Vesti, in queste ore battaglioni di volontari armati si starebbero dirigendo verso Kiev. "Non vi sono informazioni riguardo le motivazioni di questo movimento" rivela Vesti, che però ipotizza un collegamento "con la situazione intorno a Kolomoisky [governatore della regione di Dnipropetrovsk]". Insomma, capito perché Poroshenko chiede il disarmo delle milizie private dei governatori? Forse non è stata una buona idea armare gruppi di ispirazione apertamente nazista (definiti nazionalisti dalle nostre parti) e addirittura milizie private, che oggi potrebbero ritorcersi contro lo stesso governo di Kiev che le ha utilizzate per mettere a ferro e fuoco il Donbass. Perché oggi il Donbass sembra aver vinto la sua guerra militare contro Kiev, nonostante la decisione di queste ore del Congresso USA di fornire armi al governo di Poroshenko. Una decisione per la quale l'instabilità ulteriore creatasi funge da incentivo e da giustificazione, ma nel frattempo… cosa resterà dell'Ucraina? E della nostra cara, vecchia, Europa?

Jacopo Castellini
27 maggio 2015
www.nexusedizioni.it/it/CT/chi-di-guerra-ferisce-4700
03/07/2015 15:34
 
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Gazprom stacca la spina all’Ucraina: niente più gas finché non pagate. Trema anche l’Europa

La rottura si è consumata ieri pomeriggio, al termine di un lungo e complesso negoziato che si è risolto in un nulla di fatto. Perché nonostante le pressioni e le mediazioni dell’Unione Europea, le trattative tra Russia e Ucraina sul prezzo per le forniture di gas da qui alla fine dell’anno sono fallite. Le due parti, infatti, non sono riuscite a trovare un’intesa per proseguire sulla via del compromesso. Kiev pretendeva che Gazprom praticasse uno sconto più corposo rispetto a quello proposto dal colosso energetico russo (40$ per ogni mille metri cubi di gas, che avrebbero portato il prezzo finale a 247$) e un accordo annuale piuttosto che trimestrale, come invece proposto dagli emissari di Mosca. Così, da stamattina alle dieci, Gazprom ha interrotto le forniture di gas verso l’Ucraina. «Kiev non pagherà le forniture di gas del mese di luglio e per questo motivo noi non consegneremo loro gas senza un pre-pagamento», ha detto il capo di Gazprom, Alexei Miller, assicurando che la sua società resterà sulle proprie posizioni anche per i colloqui futuri, previsti nei prossimi mesi. «C'è delusione e frustrazione per il trilaterale sul gas di ieri a Vienna, ma ora l'intenzione è continuare i negoziati a livello tecnico durante l'estate per arrivare a un'intesa a settembre», ha detto il vicepresidente della Commissione UE, Maros Sefcovic, che ha svolto il ruolo di mediatore nelle discussioni. Perché ora l’Europa sta cominciando a tremare di fronte alle dure prese di posizione della Russia. Sefcovic ha assicurato che non ci sono rischi di approvvigionamenti né per l’Ucraina né per i paesi dell’UE, parlando di «una situazione molto diversa rispetto a quella dell’anno scorso», e anche Kiev ha fatto sapere che continuerà comunque a garantire il transito del gas russo diretto verso l’Europa attraverso i gasdotti ucraini, ma la realtà dei fatti racconta un’altra storia. Negli ultimi sei mesi l’Ucraina ha ridotto le importazioni di gas dalla Russia del 73,4%, approvvigionandosi essenzialmente grazie al reverse flow concesso da alcuni Paesi confinanti come Ungheria e Slovacchia. Il Paese guidato da Orban, che negli ultimi mesi si è avvicinato moltissimo a Mosca, allontanandosi dai burocrati di Bruxelles, ha interrotto oggi con grande tempismo le forniture di gas verso Kiev, mentre la Slovacchia ha aumentato il flusso. E’ qui il dilemma che sta divorando molti analisti. Quanto potrà reggere un piccolo Paese come la Slovacchia? Sarà in grado di garantire un flusso continuo e il fabbisogno ucraino per l’inverno? La risposta non è affatto scontata.

Molti, ricordando che il consumo di gas in Ucraina è diminuito a causa dell’aumento spropositato delle tariffe imposto dal Fondo Monetario Internazionale, sono convinti di sì, mentre altri, facendo presente che il paese è ancora impegnato nella guerra in Donbass e che dunque non potrà permettersi di lasciare i propri soldati al freddo e al gelo, pensano l’esatto contrario. A dispetto di quanto dice Sefcovic, comunque, molti esperti russi e ucraini sono invece convinti che la situazione tra Gazprom e Naftogaz sia la stessa dell’anno scorso. «L’Ucraina non sarà in grado di fare a meno del gas russo in vista del prossimo inverno e l’acquisto di gas dalla Federazione Russa riprenderà», ha detto Alexei Grivach, vicedirettore del Fondo Nazionale di Previdenza Energetica. «Stiamo vivendo la stessa situazione dell’anno scorso e penso che entro settembre si troverà un accordo», gli ha fatto eco Valentin Zemlyansky, ex addetto stampa di Naftogaz Ucraina. Ma a quale prezzo? Sono due essenzialmente i rischi ai quali sta andando incontro l’Unione Europea. Il primo, forse meno probabile, riguarda il comportamento di Kiev sul gas che attraversa i suoi gasdotti per andare in Europa. L’Ucraina, come già fatto in passato, potrebbe approfittarne per sottrarre gas destinato ai paesi UE e pomparlo nei propri impianti di stoccaggio. Il secondo, molto più realistico, potrebbe essere un ulteriore aiuto economico a Kiev per affrontare i pagamenti delle forniture concesse da Gazprom. E in questo momento, con la Grecia in default, e un’Unione Europa intransigente agli occhi del mondo intero, potrebbe non essere proprio un grande spot. Per questo i maligni dicono che il rinvio sia stato pilotato dai burocrati europei per prendere tempo.

Eugenio Cipolla
01/07/2015
www.lantidiplomatico.it/dettnews.php?idx=82&pg=12194
[Modificato da wheaton80 03/07/2015 15:37]
03/09/2015 22:25
 
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Le regioni ribelli di Donetsk e Lugansk da oggi usano solo il rublo come moneta

MOSCA – Le due autoproclamate repubbliche di Donetsk e Lugansk hanno introdotto il rublo russo come unica moneta per tutte le operazioni finanziarie. Lo rende noto l’agenzia ucraina Unian, citando rappresentanti del Donbass. Aver adottato il rublo è il più importante segno del distacco sostanziale delle regioni dell’est Ucraina dal resto dello Stato. Al tempo stesso mostra una integrazione altrettanto sostanziale con la Russia.

03/09/2015
www.stopeuro.org/le-regioni-ribelli-di-donetsk-e-lugansk-da-oggi-usano-solo-il-rublo-come...
16/09/2015 02:59
 
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Le tensioni si allentano in Ucraina, ma non negli USA

La partita finale in Ucraina sembra affermarsi. Il resoconto tedesco sulla riunione dei Ministri degli Esteri del ‘Formato Normandia’ a Berlino sigla una nota positiva. ‘Progressi significativi’; ‘meno conflittuale’; ‘progressi in alcune cose importanti’; ‘molto vicino’; ‘ora va ulteriormente consolidato e assicurato’, sono le significative espressioni usate dal ministro degli Esteri tedesco Frank-Walter Steinmeier alla conferenza stampa (http://www.rferl.org/content/article/27244732.html). Come mai tanto ottimismo? Alcune spiegazioni, prima. Torniamo a Vladivostok, nell’Estremo Oriente russo, al 4 settembre, in occasione dell’Eastern Economic Forum. Tre importanti accordi energetici sono stati siglati quel giorno tra la Gazprom e partner europei:

- Un accordo tra azionisti sul gasdotto Nord 2, formando un consorzio tra Gazprom (Russia), E.ON e BASF/Wintershall (Germania), OMV (Austria), Engie (Francia) e Royal Dutch Shell (Regno Unito/Olanda)

- Firma di un accordo su progetti a lungo termine tra Gazprom e OMV in cui il gigante energetico austriaco acquisisce una partecipazione nei campi petroliferi in Siberia in cambio di una quota delle sue attività in Europa al partner russo

- Gazprom firma un enorme accordo di scambio con Wintershall, filiale della BASF in Germania, per cui i tedeschi acquisiscono una partecipazione nei giacimenti petroliferi siberiani in cambio della quota russa nelle operazioni nel Mare del Nord e il pieno controllo di un hub gasifero in Germania con il maggior impianto sotterraneo di stoccaggio del gas in Europa occidentale

Ora, cosa questi accordi energetici hanno a che fare con l’Ucraina? Di fatto, tutto. La rivista Newsweek sottotitola la storia in modo appropriato:"Dimenticare l’Ucraina. Sono affari tra Europa e Russia" (http://www.newsweek.com/forget-ukraine-its-business-usual-between-europe-and-russia-369730). In poche parole, gli accordi energetici hanno il seguente significato: i principali Paesi europei riavviano, approfondendo e ampliando, i rapporti energetici con la Russia, in particolare la Germania, ignorando le sanzioni occidentali contro la Russia imposte l’anno scorso per la questione ucraina. Per lo meno, sembrano anticipare l’epoca post-sanzioni nel prossimo futuro. Nonostante il clamore in Europa sulla riduzione dei rapporti energetici con la Russia, sembra invece accadere l’opposto. Europa e Russia rafforzano l’interdipendenza. Anche se la Russia ha una politica energetica ‘Volta a Est’ con particolare attenzione alla Cina, la cooperazione energetica con l’Europa è ancora la gallina dalle uova d’oro. Il mercato europeo è per le major petrolifere molto più redditizio e gli europei hanno una tecnologia avanzata. Le maggiori potenze europee utilizzeranno la loro influenza a Bruxelles per piegare le regole della concorrenza dell’UE a favore di Gazprom, perché la reciprocità è necessaria quando la Russia si apre ai progetti energetici. Il gasdotto Nord 2 in realtà riguarda solo l’Ucraina, bypassandola, storicamente percorso dei gasdotti russi verso l’Europa. L’Ucraina non può più ricattare Russia ed Europa, e inoltre non vuole le forniture russe, sottolineando il suo comportamento anticonformista. Tra l’altro, Nord 2, da 55 miliardi di metri cubi, trasporterà il gas russo dai vasti giacimenti gasiferi di Jamal alla Gran Bretagna. Non sorprende che la Kiev ‘pro-USA’ sia furiosa, come la Polonia, ma i principali Paesi della ‘Vecchia Europa’ hanno le proprie priorità. La Polonia è l’alleata numero uno degli Stati Uniti in Europa, centrale nella crisi ucraina.

Passiamo a Donetsk, nel Donbass (la regione orientale filo-russa dell’Ucraina). Il 9 settembre la figura di spicco della città ribelle dell’Ucraina orientale, Andrej Purgin, viene improvvisamente destituito dalla leadership legislativa separatista. Purgin viene ovviamente ‘epurato’ e attribuisce la sua caduta ad un ‘intrigo’, ma non dice di più. Purgin era della ‘linea dura’ che chiedeva l’annessione dei territori ribelli alla Russia, cosa cui Mosca è contraria. D’altra parte, finché Purgin aveva un ruolo di leadership, il regolare svolgimento delle elezioni locali previste il prossimo mese, come previsto nel quadro dell’accordo di Minsk, sarebbero state problematiche. Naturalmente il nuovo leader Denis Pushilin, che ha sostituito Purgin, è noto essere vicino Mosca e ci si può aspettare svolga un ruolo positivo se il dialogo dovesse iniziare tra Donetsk e Kiev, cosa che vuole Mosca (http://wtop.com/europe/2015/09/ex-rebel-chief-in-eastern-ukraine-ouster-due-to-intrigue/).

Così il quadro è un po’ più chiaro. La leadership estremista di Purgin è stata sostituita, coincidendo con la fine dei combattimenti, preparando il terreno a una nuova fase, augurandosi i negoziati tra Kiev e le regioni separatiste. L’influenza di Mosca sulla leadership di Donetsk è stata rifinita di conseguenza. In sintesi, serie discussioni politiche intra-ucraine potrebbero iniziare al più presto. In concomitanza con il passaggio a una leadership dei ribelli ‘moderata’, il presidente russo Vladimir Putin ha avuto una conversazione telefonica il 9 settembre con gli omologhi nel quadro del ‘Formato Normandia’, Germania, Francia e Ucraina, riesaminando la situazione in Ucraina e discutendo l’ulteriore attuazione dell’accordo di Minsk. Il Cremlino dice:“Una particolare attenzione è data all’attuazione delle disposizioni politiche degli accordi di Minsk, in primo luogo effettuando la riforma costituzionale dell’Ucraina, tra cui una legge a statuto speciale per le regioni del Donbass, nonché l’organizzazione di elezioni locali e l’adozione di un’amnistia. A questo proposito Vladimir Putin ancora una volta ha sottolineato la necessità del dialogo diretto a tutti gli effetti tra le autorità di Kiev e i rappresentanti del sud-est ucraino“. I quattro leader si sono dati appuntamento a Parigi per il 2 ottobre. L’incontro di Berlino tra i Ministri degli Esteri ha ovviamente preparato il terreno del vertice di Parigi. Chiaramente, le tendenze puntano su una direzione positiva. Putin ha ripetuto le aspettative russe a una conferenza con i media a Yalta, Crimea, facendo capire che, nonostante il parere popolare nel Donbass favorevole all’annessione della Russia, Mosca vuole un’Ucraina unita comprendente la regione separatista, secondo il quadro dell’accordo di Minsk. Egli ha ripetuto la richiesta russa che Kiev e la leadership separatista del Donbass abbiano colloqui diretti e che Kiev debba attuare la nuova normativa concedendo lo “statuto speciale” alla regione separatista. E’ anche stato conciliante sulle forniture di gas all’Ucraina per l’inverno prossimo. Tuttavia, il cavillo è da un’altra parte. Gli USA non fanno parte del Formato Normandia e non sono vincolati dalle loro discussioni. Kiev è praticamente sotto loro controllo.

Resta da vedere se i neoconservatori e i russofobi che guidano la politica degli Stati Uniti in Ucraina getteranno la spugna rinunciando. L’aggressiva assistente del segretario di Stato Victoria Nuland, accompagnata dal famoso guerriero freddo Strobe Talbott (che era capo dell’ amministrazione di Bill Clinton), sono atterrati a Kiev nel fine settimana per un viaggio di 3 giorni. La loro missione sarebbe raffinare la struttura di potere a Kiev nel periodo cruciale precedente l’inizio delle discussioni politiche. Inoltre è stato detto che un ex-dipendente del dipartimento di Stato potrebbe essere nominato Primo Ministro dell’Ucraina. In ogni caso, il duo Nuland-Talbott dovrà garantirsi che i candidati statunitensi detengano tutti i posti chiave di Kiev così che, quando il processo del Formato Normandia si dovesse avviare e quando un nuovo clima di cooperazione fosse emerso tra Russia e le maggiori potenze europee, la leadership di Kiev resti ancora saldamente sotto il controllo di Washington e la ‘strategia del contenimento’ degli Stati Uniti contro la Russia non sia in pericolo. A dire il vero, Washington non avrebbe gradito le notizie da Vladivostok. I segni della ripresa della cooperazione russo-tedesca, in particolare, preoccupano i neocon dell’amministrazione Obama. Significativamente, Germania e Russia sembrano avere la stessa posizione sull’ accelerazione della ricerca di una soluzione politica in Siria. Il problema dei rifugiati siriani è una questione importante per la Germania. Influenti politici tedeschi hanno chiesto che la Russia partecipi alla risoluzione del conflitto siriano.

MK Bhadrakumar
Fonte: blogs.rediff.com/mkbhadrakumar/2015/09/13/ukraine-tensions-easing-but-us-wont-let-go...
13 settembre 2015
Traduzione: Alessandro Lattanzio
aurorasito.wordpress.com/2015/09/14/le-tensioni-si-allentano-in-ucraina-ma-non-ne...
09/11/2015 23:25
 
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Il fiasco finale dell’Esercito Ucraino

Ai primi di novembre, mentre celebrava il 150° anniversario della nascita del metropolita Andrej Sheptitskij, il Primo Ministro ucraino Arsenij Jatsenjuk proclamava che “l’Esercito Ucraino ha combattuto e vinto per 20 mesi". Era un annuncio sorprendente per il capo di un governo che ha perso praticamente tutto ciò che poteva perdere per mancanza di professionalità e stupidità. Dando uno sguardo a cifre secche, le forze armate dell’Ucraina attualmente sono costituite da 188.000 truppe. Lo scorso anno il numero di generali è aumentato del 60%, da 121 nel 2014 a 201 nel settembre 2015. In altre parole, l’Esercito Ucraino ha ora un generale ogni 935 soldati. Quali successi tangibili abbiamo visto da tale macchina intellettuale che si gonfia ogni mese? Nel conflitto nel Donbass, l’Ucraina ha perso 24.000 soldati in operazioni di combattimento, quasi 54.000 sono stati feriti e oltre 9.000 dispersi. I morti per incidenti non legati ai combattimenti sono stati 1.309, tra cui 873 suicidi. Oltre 3.000 mezzi sono stati completamente distrutti e altri 2.000 catturati dalle forze armate della Novorossia come bottino di guerra. 929 carri armati sono stati distrutti, 887 blindati, 238 lanciarazzi multipli BM-21 Grad, 836 autoveicoli, 21 aviogetti militari, 32 elicotteri e 46 UAV. 2.500 soldati furono presi prigionieri durante i combattimenti, la maggior parte dei quali restituita ai parenti o scambiati.

Ma le ostilità non sempre erano tali da giustificare panico e resa. Per esempio, nell’agosto 2014, vicino Ilovajsk, il comandante dell’unità di comando operativa meridionale, il Tenente-Generale Ruslan Khomchak, ha ordinato alle truppe di superare le posizioni fortificate dei ribelli, mentre fuggiva dalla zona. Il generale ha abbandonato anche il suo autista personale ferito. Quasi un migliaio di soldati ucraini sono morti quel giorno. Non sorprende che il Maggiore-Generale Viktor Nazarov, che era il Capo di Stato Maggiore dell’Operazione Antiterrorismo (ATO), affermasse che le diserzioni di massa siano cominaciate subito dopo. L’ufficio del procuratore militare dell’Ucraina ha avviato un’indagine ufficiale su 16.000 casi di diserzione dalla “zona della ATO”, così come su 6.000 casi di mancata osservanza degli ordini (la maggioranza contro ufficiali che si sono rifiutati di eseguire ordini suicidi e che hanno tentato di ritirare le truppe dalle “sacche” o aree in cui erano circondati da forze nemiche, per minimizzare le perdite). Alla fine, circa 7.000 procedimenti penali sono stati aperti contro uomini arruolabili, ma renitenti agli ordini di mobilitazione.

La celebre 24.ma Brigata meccanizzata, creata nella città di Javorov in Ucraina occidentale (ora base degli istruttori della NATO), era sul punto di sbandare dopo essere stata ripetutamente intrappolata da accerchiamenti tattici nell’Oriente, subendo pesanti perdite. Corruzione, furto e mancanza di rifornimenti sono stati la ciliegina sulla torta dell’autodistruzione dell’esercito ucraino. Quattro milioni di grivne (160.000 dollari) furono sottratte da un solo capo dei servizi finanziari delle forze armate ucraine, il Maggiore Andrej Kvirel, che li prese dalla paga dei soldati. Tale importo bastava a mantenere un reggimento nella “Zona Anti-Terrorismo” per quattro mesi. Infine, l’Ucraina non ha praticamente alcuna forza aerea o navale, e miliardi di grivne sono state pompate per la costruzione di fortificazioni al confine russo. Se questo è ciò che il Primo Ministro Jatsenjuk chiama “vittoria”, allora cosa sarebbe un fiasco militare?

Fonte: orientalreview.org/2015/11/07/ultimate-fiasco-of-the-ukraini...
7 novembre 2015

Traduzione di Alessandro Lattanzio
aurorasito.wordpress.com/2015/11/07/il-fiasco-finale-dellesercito-...
[Modificato da wheaton80 09/11/2015 23:26]
03/01/2016 14:13
 
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L'Ucraina ha fatto default questa mattina

MOSCA - L'Ucraina ha fatto default. Lo ha dichiarato oggi il Ministero delle Finanze russo a Mosca in una conferenza stampa convocata per dare questa allarmante notizia. Il pacchetto da 3 miliardi di dollari in Eurobond acquistato da Mosca nel tardo 2013 con i denari del fondo sovrano è giunto a maturazione il 31 dicembre ma l'Ucraina ''non ha effettuato il pagamento''. Il Ministero ha quindi dato l'ok ad agire per vie legali e il contenzioso si terrà in una corte britannica.

1 gennaio 2016
www.ilnord.it/b-7839_LUCRAINA_HA_FATTO_DEFAULT_QUESTA_MATTINA
29/01/2016 03:17
 
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Donbass: continua la guerra silenziosa, ma nelle repubbliche separatiste si ricostruisce

Il mondo si è dimenticato del Donbass, ma i cittadini di Donetsk e dintorni non si dimenticano di se stessi. Nonostante il futuro incerto ed una tregua belligerante, che non lesina ogni giorno colpi di mortaio da 120mm sulle infrastrutture della Repubblica di Donetsk, è iniziata la ricostruzione.


Zakharchenko al momento della consegna delle case ricostruite

17 dicembre: il capo della DNR Alexander Zakarchenko ha regalato le chiavi delle prime delle 111 case completate nel quadro del programma di ricostruzione della Repubblica dopo la guerra nelle città di Debaltzevo, Ilovaisk, Uglegorsk, Shaktiorsk e Zugres. Le prime città che hanno ricevuto le nuove abitazioni sono Debalzevo e Uglegorsk. Trenta sono le case consegnate come primo lotto a cui il capo della DNR ha presenziato personalmente. Il capo della Repubblica ha dato una valutazione positiva sullo standard abitativo; le case sono state, infatti, costruite in meno di 2 mesi. Grande la gioia dei cittadini che hanno ricevuto una nuova dimora, dopo essere stati esposti alle distruzioni delle loro case e di tutto quello che vi era dentro, oltre al pericolo personale, se non, nel peggiore dei casi, a lutti o menomazioni fisiche. Infatti queste persone spesso non hanno mobili con cui arredare le case ricevute. Avendo perso tutto, le abitazioni sono state costruite a titolo gratuito. La cittadina di Uglegorsk era distrutta al 90%, Debalzevo all’80% e per questo hanno avuto la precedenza rispetto alle altre 3 città. “La gente sta tornando, la popolazione era di 4.000 persone dopo l’invasione ucraina, adesso sono 7.500”, sostiene con soddisfazione il sindaco di Uglegorsk. La ricostruzione continuerà a partire dalla prossima primavera con un gruppo di 450 case private. Il 14 gennaio c’è stata, invece l’inaugurazione delle prime due case delle 34 che saranno consegnate a Ilovaisk. La promessa è di rispettare i tempi di consegna per la fine di questo mese. Ilovaisk, prima della guerra, aveva 116 palazzi multipiano (9-18 piani), che sono state danneggiate da razzi di artiglieria, oltre a 1.000 case private. Con la guerra civile l’intera infrastruttura della città è stata distrutta. Il leader dei separatisti Zakharchenko ha toccato problemi concreti nel suo discorso d’inaugurazione:“La ricostruzione”, spiega il militare dell’autoproclamato stato della Novorossia, “va a rilento per motivi di ristrettezze economiche oggettive. L’ideale sarebbe stato intervenire a livello di un migliaio di case per tappa di ricostruzione, ma questa è la realtà. Di positivo c’è che possiamo correggere gli errori di ricostruzione ed evitarli per le prossime. La costruzione di case è una specie di nostra risposta al nemico. Anche questo fa parte della battaglia contro il regime di Kiev, ma con altri mezzi. I banderisti rapinano e distruggono le case nei territori da loro occupati, noi le ricostruiamo e le rinnoviamo.



Questo perché per loro il Donbass è un bottino di guerra mentre per noi è la nostra terra che difendiamo e vogliamo ricostruire. La rinnovazione e la ricostruzione sono una battaglia centrale della nostra guerra”.



Nell’impegno civile di questo nuovo volto del Donbass c’è anche dell’altro. Il 12 gennaio sono state regalate 4 macchine a persone con handicap, 4 ex combattenti che hanno avuto ferite invalidanti. Inoltre nella DNR c’è un’attenzione particolatre verso il pagamento delle pensioni e dei contributi sociali: entro aprile di quest’anno è previsto un aumento dei salari degli impiegati della Repubblica e delle pensioni. I soldi vengono dalle tasse sulla produzione mineraria e su quella industriale, che si aggiungono alle accise sugli alcolici. La Repubblica di Donetsk va avanti e ricostruisce, rimargina le ferite di questa guerra voluta e pianificata dall’amministrazione Obama.

Max Bonelli
27 gennaio 2016
www.opinione-pubblica.com/limpegno-civile-dei-terroristidel-...
07/04/2016 00:53
 
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Al referendum olandese sull’accordo UE-Ucraina vincono i NO. Durissimo colpo alla UE, gli euroscettici hanno vinto

Sul filo del rasoio, con il respiro appeso ai numeri degli exit poll. Comunque un disastro sia per il governo olandese che per l'UE, di cui ha peraltro la presidenza di turno. Il risultato del referendum in Olanda sull'accordo con l'Ucraina è simbolo delle secche in cui si dibatte l'Europa intera: una stragrande maggioranza, circa il 64%, si è espressa contro. A votare, secondo i primi exit poll di Ipsos, sarebbe stato il 32%, appena al di sopra del quorum necessario del 30%. In quella che da molti viene interpretata come la prova generale del voto sulla 'Brexit', in quanto proposto dai partiti euroscettici capitanati dal leader olandese dei "NO UE" Geert Wilders, l'unico appiglio per la UE è che, al di là dell'esito, la legislazione olandese lasci al governo dell'Aja carta bianca sulle modalità di prenderne atto. L'accordo di associazione UE-Ucraina è in realtà già entrato in vigore lo scorso primo gennaio, ed è stato ratificato da tutti i 28 Paesi tranne, appunto, l'Aja: governo, parlamento e senato vi hanno da tempo dato l'ok, ma con l'entrata in vigore di una nuova legge in Olanda che consente la convocazione di referendum previa raccolta di almeno 300mila firme, una serie di movimenti euroscettici, guidati dal GeenPeil, ha chiamato a raccolta i cittadini facendo leva sui sentimenti anti-UE per opporsi all'intesa vitale per il nuovo corso di Kiev e il conflitto con Mosca. Lo spauracchio, cavalcato anche da Wilders del PVV, era la minaccia di un ingresso dell'Ucraina nell'UE e 'l'invasione' di immigrati ucraini in Olanda. Se la campagna elettorale ha visto mobilitarsi da una parte persino i leader ucraini, timorosi di vedersi bloccare un accordo internazionale per loro vitale finendo invischiati in una battaglia politica nazionale, dall'altra ha coinvolto poco gli elettori, 'distanti' dall'argomento trattato che non riguarda direttamente l'Olanda.

A votare, infatti, analizzando i primi dati degli exit poll, sono stati soprattutto gli euroscettici, mentre gli altri olandesi hanno lasciato loro, di fatto, il campo libero. E' quindi caduto nel vuoto l'appello lanciato alla vigilia del voto dal Vicepremier Lodewijk Asscher a utilizzare "altri mezzi per esprimere i sentimenti anti-UE". I più attivi anche in campagna elettorale sono infatti stati gli euroscettici, con la partecipazione persino di Nigel Farage, leader dell'UKIP e primo sostenitore dell'uscita della Gran Bretagna dall'UE al referendum di giugno. "Questo potrebbe essere l'inizio della fine dell'Unione Europea come la conosciamo oggi e sarebbe ottimo", ha dichiarato Wilders dopo aver votato 'NO' al referendum. Il peso politico di una vittoria dei contrari all'accordo UE-Ucraina è stato temuto sin dall'inizio anche dal Presidente della Commissione UE Jean-Claude Juncker, che non ha mai smesso di sostenere che "potrebbe aprire la strada a una crisi europea". Secondo gli esperti, infatti, questo esito del referendum olandese metterà del tutto in crisi il sistema decisionale UE. Oltre a creare un precedente fondamentale anche su una materia come gli accordi internazionali e costituire soprattutto il miglior viatico possibile per la 'Brexit'. I giorni della UE a questo punto si accorciano, molto, grazie al popolo olandese. Evviva.

6 aprile 2016
www.ilnord.it/c4788_AL_REFERENDUM_OLANDESE_SULLACCORDO_UEUCRAINA_VINCONO_I_NO_DURISSIMO_COLPO_ALLA_UE_GLI_EUROSCETTICI_HAN...
[Modificato da wheaton80 07/04/2016 00:54]
13/04/2016 19:16
 
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PIL dimezzato e moneta deprezzata: così il Premier filo-UE ha distrutto l'Ucraina



Alla fine, dopo quattro mesi di tira e molla, come ampiamente anticipato dall'Antidiplomatico più volte, la prima lo scorso dicembre (http://www.lantidiplomatico.it/dettnews.php?idx=82&pg=13772), Arseniy Yatsenyuk ha ceduto, rassegnando le sue dimissioni dalla carica di Primo Ministro dell'Ucraina. L'annuncio, il leader del Fronte Popolare, ha preferito darlo ieri in diretta TV, durante un'intervista televisiva, così da avere le mani più libere e poter accusare chi «ha voluto scatenare questa crisi politica artificialmente». Verità parziale, perché se è vero che dietro lo stallo politico degli ultimi mesi ci sono le mani di diversi poteri forti (in realtà gli stessi che avevano piazzato lì Yatsenyuk), è ancor più vero che il Premier europeista ucraino, molto ben inserito anche negli ambienti che contano di Washington, ha trascinato il Paese in un baratro senza fine. Perché la rivolta di Maidan, che doveva essere una svolta nella crescita dell'ex Repubblica Sovietica, si è trasformata in un incubo dal quale difficilmente l'Ucraina potrà uscire prima di dieci-quindici anni. Negli ultimi due anni il PIL è diminuito di quasi la metà, la grivna, la moneta nazionale, si è deprezzata di quasi tre volte e il livello del debito pubblico è schizzato all'insù in maniera incontrollata. Nel dettaglio, il bilancio del governo europeista di Yatsenyuk è il seguente:

PIL
Il Prodotto Interno Lordo del Paese nel 2013 era di 183 miliardi di dollari, con un incremento del 4% rispetto al 2012. Nel 2014, secondo i dati forniti dal Servizio Nazionale di Statistica, questo valore è calato drasticamente, raggiungendo i 132 miliardi di dollari, con un crollo del 28%. Il dato del 2015 non è ancora disponibile, ma gli esperti stimano che il PIL si sia ridotto ulteriormente, fino ad arrivare a 80 miliardi di dollari. Praticamente la metà rispetto al periodo pre-Maidan.

Il deprezzamento della grivna
Il giorno della nomina di Yatsenyuk a Premier, il 27 febbraio 2014, il cambio dollaro/grivna era di 9,5. Due mesi dopo era già a 11, mentre oggi il cambio corrente è a 26 grivne per ogni dollaro americano.

Crescita del debito pubblico
Indebitarsi per pagare i propri debiti è la teoria applicata dall’FMI in Ucraina. Washington ha concesso a Kiev alla fine di aprile 2014 un prestito di 17 miliardi di dollari. Ma più soldi arrivano, più il debito ucraino cresce. Secondo le stime, attualmente il rapporto debito/PIL è dell'80% (per noi italiani sembra poco, ma per l'Ucraina è un'enormità rispetto ai livelli del governo Azarov-Yanukovich).

Inflazione
L’aumento dei prezzi negli ultimi due anni è stato davvero un record. Nel 2014 l'inflazione ha raggiunto il 25%, mentre nel 2015 addirittura il 43%. Questi risultati sono dovuti al forte deprezzamento della valuta e allo squilibrio nella bilancia dei pagamenti tra il livello di importazioni ed esportazioni, con il primo a farla da padrone.

Le tariffe dell’FMI
Uno dei principali requisiti dell’FMI per continuare a concedere prestiti all'Ucraina, e che il governo di Kiev ha soddisfatto pienamente in questi mesi, è stato l'aumento delle tariffe per l'acquisto di servizi abitativi. Gas, luce e acqua sono aumentati in maniera sproporzionata (a volte anche di tre cifre) e nel 2017 continueranno a crescere. Questo ha tagliato ancor di più il già esile potere di acquisto delle famiglie ucraine. Attualmente il costo medio dei servizi abitativi varia da un minimo di 12 $ a un massimo di 40 $. Numeri apparentemente ridicoli, se non si tiene conto che una pensione media si aggira attorno ai 50-60 $, mentre la sotto-occupazione è un fenomeno in costante crescita in un Paese dove c'è sempre meno lavoro.

Disoccupazione e salari
Secondo il Servizio Nazionale di Statistica, la situazione sul mercato del lavoro è rimasta stabile. I numeri dicono che i disoccupati in Ucraina sono meno di mezzo milione, ovvero circa il 3% dei cittadini normodotati. Tuttavia, se consideriamo la metodologia utilizzata dall'Organizzazione Internazionale del Lavoro, allora il tasso di disoccupazione sale al 10%, contando 1,6 milioni di disoccupati. A sorpresa c'è stata addirittura una crescita dei salari (in termini di valore assoluto), passati da una media di 3.500 grivne nel 2014 a una di 4.200 (circa 160 dollari). Ma al netto dell'inflazione e di altri indicatori, la crescita in realtà si è fermata nel 2013, segnando un meno 10% nel 2014 e un meno 20% nel 2015.

Il gas russo e il crollo dell'export
Attualmente l'Ucraina non sta comprando gas dalla Russia, ma solo dai Paesi dell'Unione Europea attraverso il reverse flow. Una vittoria nella lotta all'indipendenza energetica, secondo il governo di Kiev. Il quale, però, dimentica che i Paesi europei acquistano il proprio gas dalla Russia. Ad ogni modo, nell'ultimo anno ci sono stati cambiamenti significativi per quanto riguarda le relazioni commerciali con i Paesi esteri. Nel 2014 le esportazioni ucraine sono diminuite del 14%, mentre nel 2015 c'è stato un crollo verticale con un meno 30%. A pesare è stata la guerra delle sanzioni con la Russia, fino a qualche tempo fa principale partner commerciale del Paese. Il commercio con i Paesi della CSI si è dimezzato con una flessione nei volumi di forniture di circa il 50%, mentre con i Paesi UE ci si è “limitati” a un meno 25%.

Eugenio Cipolla
11/04/2016
www.lantidiplomatico.it/dettnews.php?idx=82&pg=15181
19/05/2016 00:44
 
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Il Veneto riconosce la Crimea: è la prima Regione UE a farlo

Ha provocato un immediato scalpore in Russia. I consiglieri di maggioranza della Regione Veneto hanno firmato una risoluzione per chiedere al governo italiano un impegno per il riconoscimento della Crimea come parte della Federazione Russa e la fine delle sanzioni. Sul piano formale l'atto (primo firmatario Stefano Valdegamberi, consigliere della lista Zaia e reduce da un forum a Yalta) ha di fatto il carattere di un auspicio. Ma è importante sul piano politico. Perché, in questo modo, il Veneto fa da apripista in Europa per il riconoscimento dell'annessione della Crimea alla Russia. Nel 2014, in seguito alla crisi ucraina e all'intervento più o meno esplicito della Russia, che ha sostenuto le frange separatiste della regione, la Crimea si è staccata dal resto dell'Ucraina, separazione confermata dall'esito di un referendum che non è stato riconosciuto legittimo dall'Unione Europea, dagli Stati Uniti e da un terzo degli Stati membri dell'ONU. La Russia, invece, considera valido il risultato. "La risoluzione - spiega Valdegamberi - vuole che a voce alta sia riconosciuta la possibilità al popolo della Crimea di scegliere il proprio destino, e la Crimea vuole stare con la Russia. Inoltre chiede che venga posta fine alle sanzioni e che vengano ripristinati i rapporti con la Russia. Certo, non ha un valore di politica estera, esprime un auspicio, ma ha un valore molto forte perchè il Veneto subisce la conseguenza di una politica europea sbagliata". L'iniziativa dell' Assemblea Regionale veneta è seguita con molta attenzione anche dalla stampa russa. Il primo a scriverne è stato il quotidiano Izvestia, ma presto la storia è finita su Sputnik, testata vicinissima al Cremlino, e sulle televisioni. "Se la votazione avrà esito positivo - rileva Izvestia - il Veneto sarà la prima regione in Europa a riconoscere la Crimea come parte della Russia".

Proprio ieri il Presidente ucraino Petro Poroshenko ha chiesto di prolungare le sanzioni contro la Russia in un incontro a Kiev con gli ambasciatori dei paesi del G7. A muovere l'iniziativa dei 24 consiglieri veneti, al di là della questione politica, c'è il tema economico, legato alle penalizzazioni sul fronte dell'export con la Russia per le attività produttive venete, in particolare il settore primario. "L'Italia, l'Europa, si fa del male - dice il consigliere veneto - per negare il diritto a una popolazione di decidere del suo destino. Cosa ci importa con chi sta la Crimea? Se vuole stare con la Russia ci stia". La risoluzione "impegna il Presidente del Consiglio Regionale del Veneto e il Presidente della Giunta Regionale ad attivarsi presso il governo e il parlamento nazionale e le istituzioni europee per la revisione dei rapporti tra l'Unione Europea e la Federazione Russa, evidenziando i danni irreversibili alla nostra economia provocati dalle loro scelte scellerate ed irresponsabili anche alla luce della sicurezza internazionale". "A promuovere - è detto ancora - la costituzione di un comitato allo scopo di raccogliere le sottoscrizioni al fine di revocare le sanzioni alla Russia". La risoluzione invita, poi, il governo Renzi "a condannare la politica internazionale dell'Unione Europea nei confronti della Crimea, fortemente discriminante e ingiusta sotto il profilo dei principi del Diritto Internazionale, chiedendo di riconoscere la volontà espressa dal Parlamento di Crimea e dal popolo mediante un referendum". Si invita poi il governo a chiedere il ritiro delle sanzioni ed esprimere "forte preoccupazione" per alcune dichiarazioni sul tema del capo della diplomazia dell'UE Federica Mogherini.

Sergio Rame
18/05/2016
www.ilgiornale.it/news/politica/veneto-riconosce-crimea-regione-ue-farlo-1260...
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