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Lo storico discorso del presidente Rouhani

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    wheaton80
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    00 29/09/2013 21:20
    New York, 24/09/2013

    DISCORSO DI H. E. Dr. Hassan Rouhani Presidente della Repubblica Islamica dell’Iran alla sessantottesima assemblea Generale della Nazioni Unite:

    “In nome di Dio, il Compassionevole, il Misericordioso. Sia lode a Dio, il Lordofthe worlaÿ. La Benedizione e la Pace siano sul nostro Profeta Maometto e la sua gente e compagni. Signor Presidente, Signor Segretario Generale, Eccellenze, Signore e Signori. In via preliminare, vorrei offrire le mie più sincere felicitazioni per la sua elezione meritata alla presidenza dell’Assemblea generale e cogliere il momento per esprimere apprezzamento per gli sforzi del nostro illustre segretario generale. Il nostro mondo oggi è pieno di paura e di speranza, paura della guerra e di ostili rapporti regionali e globali; paura del confronto mortale di identità religiose, etniche e nazionali; paura dell’istituzionalizzazione della violenza e dell’estremismo, paura della povertà e della discriminazione distruttiva; paura del decadimento e della distruzione delle risorse vitali; paura del disprezzo per la dignità umana e dei diritti e paura di abbandono della moralità. Accanto a questi timori, tuttavia, ci sono nuove speranze, la speranza di una accettazione universale da parte del popolo e dell’elite di tutto il mondo, la speranza del “sì alla pace e no alla guerra ” e la speranza che si preferirà il dialogo al conflitto e la moderazione all’estremismo.

    Le recenti elezioni in Iran rappresentano un esempio chiaro, vivente di una scelta saggia di speranza, razionalità e moderazione da parte del grande popolo dell’Iran. La realizzazione della democrazia coerente con la religione e il trasferimento pacifico del potere esecutivo manifestano che l’Iran è tuttora un’ancora di stabilità in un oceano di instabilità regionale. Il forte credo del nostro popolo e del governo in una pace duratura, nella stabilità, nella tranquillità, in una risoluzione pacifica delle controversie e nella fiducia nelle urne come base di potere, l’accettazione pubblica e legittimità, hanno infatti svolto un ruolo chiave nella creazione di un così sicuro ambiente.

    Signor Presidente, Signore e Signori, l’attuale periodo critico di transizione nelle relazioni internazionali è pieno di pericoli, anche se con opportunità uniche. Qualsiasi errore di giudizio della propria posizione e, naturalmente di quella degli altri, porterà a danni storici, un errore da parte di un attore avrà un impatto negativo su tutti gli altri. La vulnerabilità è ormai un fenomeno globale e indivisibile.

    A questo punto così importante nella storia delle relazioni, l’età dei giochi che non portano a niente è finita, anche se alcuni attori tendono ancora di fare affidamento su modi e mezzi arcaici e profondamente inefficaci per preservare la loro vecchia superiorità e dominio. Il militarismo e il ricorso a mezzi violenti e militari per sottomettere gli altri sono riusciti esempi della perpetuazione di vecchi sistemi in circostanze nuove.

    Politiche economiche e militari coercitive e pratiche finalizzate alla manutenzione e conservazione di vecchie superiorità e dominazioni sono state perseguite in uno schema mentale che nega la pace, la sicurezza, la dignità umana ed esalta gli ideali umani. L’ignorare le differenze tra le società e il voler globalizzare i valori occidentali come universali rappresentano un’altra manifestazione di questo schema mentale. Ancora un altro riflesso dello stesso modello cognitivo è la persistenza di mentalità da guerra fredda e la divisione bipolare del mondo in “noi superiori ” e “gli altri inferiori”. La paura e la fobia circa l’emergere di nuovi attori sulla scena mondiale ne è un altro.

    In un tale contesto, la violenza governativa e non governativa, religiosa, etnica e persino razziale è aumentata e non vi è alcuna garanzia che l’era della quiete tra le grandi potenze rimarrà immune da tali discorsi violenti, pratiche e azioni. L’impatto catastrofico di una retorica violenta ed estremisti non dovrebbe – in realtà, non deve – essere sottovalutato. In questo contesto, la violenza strategica, che si manifesta nel privare i giocatori regionali dall’azione nel loro dominio naturale, in politiche di contenimento, nel cambio di regime dal di fuori e negli sforzi verso la ridefinizione dei confini e delle frontiere politiche, è estremamente pericolosa e provocatoria.

    Il discorso politico internazionale prevalente raffigura un centro civilizzato circondato da periferie che non lo sono. In questo quadro, la relazione tra il centro del potere mondiale e le periferie è egemonica. Il discorso di assegnare al Nord il centro della scena e relegare il Sud a periferia ha portato alla creazione di un monologo a livello di relazioni internazionali. La creazione di distinzioni di identità illusorie e le attuali forme di violenza prevalenti di xenofobia sono il risultato inevitabile di un tale discorso. La ingiustificata propagazione di discorsi fede-fobici, islamo- fobici, Shia – fobici e Iran-fobici effettivamente rappresentano gravi minacce contro la pace mondiale e la sicurezza umana.

    Questi discorsi propagandistici hanno assunto proporzioni pericolose attraverso la rappresentazione e l’apprendimento di minacce immaginarie o presunte. Una tale minaccia immaginaria è la cosiddetta ”minaccia iraniana”, che è stata utilizzata come pretesto per giustificare un lungo catalogo di reati e pratiche catastrofiche nel corso degli ultimi tre decenni. L’armare il regime di Saddam Hussein con armi chimiche e il sostenere i talebani e Al-Qaida sono solo due esempi di tali catastrofi. Lasciatemi dire questo in tutta sincerità di fronte a questa assemblea mondiale che, sulla base di prove inconfutabili, coloro che insistono sulla cosiddetta minaccia dell’Iran sono o una minaccia contro la pace e la sicurezza internazionale o promuovono loro stessi una tale minaccia. L’Iran non costituisce assolutamente una minaccia per il mondo o per la regione. Infatti, negli ideali così come nella pratica attuale, il mio paese è stato foriero di pace giusta e sicurezza globale.

    Signor Presidente, Signore e Signori, in nessuna parte del mondo la violenza è stata così mortale e distruttiva come nel Nord Africa e nell’Asia occidentale. L’intervento militare in Afghanistan, la guerra di Saddam Hussein imposta contro l’Iran, l’occupazione del Kuwait, gli interventi militari contro l’Iraq, la brutale repressione del popolo palestinese, l’assassinio di persone comuni e personaggi politici in Iran e gli attentati terroristici in paesi come l’Iraq, l’Afghanistan e il Libano sono esempi di violenza in questa regione negli ultimi tre decenni.

    Quella che è stata – e continua ad essere – praticata contro le persone innocenti della Palestina non è altro che violenza strutturale. La Palestina è sotto occupazione, i diritti fondamentali dei palestinesi sono tragicamente violati e sono privati del diritto al ritorno e all’accesso alle loro case, alla loro culla e patria. L’Apartheid come concetto difficilmente può descrivere i crimini e l’aggressività istituzionalizzata contro il popolo palestinese innocente.

    La tragedia umana in Siria rappresenta un doloroso esempio di diffusione catastrofica di violenza ed estremismo nella nostra regione. Fin dall’inizio della crisi e quando alcuni personaggi regionali e internazionali hanno contribuito a militarizzare la situazione attraverso l’infusione di armi e intelligence nel paese e il sostegno attivo di gruppi estremisti, abbiamo sottolineato che non vi era alcuna soluzione militare alla crisi siriana.

    Il perseguimento di strategie espansionistiche e l’obiettivo di cambiare l’equilibrio regionale attraverso governi delegati non può essere camuffato dietro la retorica umanitaria. L’obiettivo comune della comunità internazionale dovrebbe essere una rapida fine alla uccisione degli innocenti. Pur condannando qualsiasi uso di armi chimiche, accogliamo con favore l’accettazione da parte della Siria, della Convenzione sulle armi chimiche e crediamo che l’accesso da parte di gruppi terroristici estremisti a tali armi è il più grande pericolo per la regione che deve essere considerato in qualunque piano di disarmo. Allo stesso tempo, vorrei sottolineare che la minaccia illegittima e inefficace all’uso della forza o l’uso effettivo della forza stessa porteranno solo ad un ulteriore inasprimento della violenza e della crisi nella regione.

    Il terrorismo e l’uccisione di persone innocenti rappresentano la disumanità finale di estremismo e di violenza. Il terrorismo è una piaga violenta che non conosce paesi o confini nazionali. Ma, la violenza e le azioni estreme, come l’uso di droni contro persone innocenti in nome della lotta contro il terrorismo dovrebbero essere condannati. Ecco, vorrei anche dire una parola sull’assassinio di scienziati nucleari iraniani. Per quali crimini sono essi stati assassinati? Le Nazioni Unite e il Consiglio di sicurezza dovrebbero rispondere alla domanda: i colpevoli stati condannati? Sanzioni ingiuste, come manifestazioni di violenza strutturale, sono intrinsecamente disumane e contro la pace. E contrariamente a quanto sostenuto da coloro che le perseguono e impongono, queste sanzioni non sono dirette contro gli Stati e l’élite politica, ma piuttosto, è la gente comune la vittima di queste sanzioni.

    Non dimentichiamoci dei milioni di iracheni che, a seguito di sanzioni contemplate nel gergo giuridico internazionale, hanno sofferto e perso la vita e molti altri che continueranno a soffrire per tutta la vita. Queste sanzioni sono violenza pura e semplice, siano esse chiamate intelligenti o altro, unilaterali o multilaterali. Queste sanzioni violano i diritti umani inalienabili, tra cui, il diritto alla pace, la lotta per lo sviluppo, il diritto di accesso alla salute e all’istruzione e, soprattutto, il diritto alla vita. Le sanzioni, al di là di ogni e qualsiasi retorica, causano belligeranza, guerra e sofferenza umana. Va tenuto presente, tuttavia, che l’impatto negativo, non è limitato alle vittime designate delle sanzioni, ma colpisce anche l’economia e la sussistenza di altri paesi e società, compresi i paesi che impongono le sanzioni.

    Signor Presidente, Eccellenze, la violenza e l’estremismo al giorno d’oggi sono andati al di là del regno fisico e hanno purtroppo afflitto e appannato le dimensioni mentali e spirituali della vita nelle società umane. La violenza e l’estremismo non lasciano spazio per la comprensione e la moderazione, come basi necessarie della vita collettiva degli esseri umani e la società moderna. L’intolleranza è la situazione del nostro tempo. Abbiamo bisogno di promuovere e rafforzare la tolleranza alla luce degli insegnamenti religiosi e approcci culturali e politiche adeguate. La società umana deve essere elevata da uno stato di mera tolleranza a quello di collaborazione collettiva. Non dobbiamo solo tollerare altri. Dobbiamo superare la semplice tolleranza ed ambire a lavorare insieme.

    La gente di tutto il mondo è stanca della guerra, la violenza e l’estremismo. Essi sperano in un cambiamento dello status quo. E questa è un’opportunità unica – per tutti noi. La Repubblica Islamica dell’Iran ritiene che tutti i problemi possono essere gestiti – con successo – attraverso una intelligente e sapiente miscela di speranza e di moderazione. I guerrafondai sono intenti ed estinguere ogni speranza. Ma la speranza di cambiamento in meglio è un concetto religioso innato, diffuso e universale.

    La speranza si fonda sulla fede nella volontà universale delle persone di tutto il mondo di combattere la violenza e l’estremismo, di amare il cambiamento, di opporsi strutture imposte, di compiere delle scelte e di agire in conformità alla responsabilità umana. La speranza è senza dubbio uno dei più grandi doni elargiti gli esseri umani dal loro Creatore. E la moderazione consiste nel pensare e nel muoversi in maniera saggia, giudiziosa, consapevole del tempo e dello spazio e nell’allineare gli ideali perseguiti con la scelta delle strategie e delle politiche efficaci, essendo consapevole delle realtà oggettive.

    Il popolo iraniano, in una scelta giudiziosamente sobria nelle recenti elezioni, ha votato per un discorso di speranza, lungimiranza e moderazione prudente – sia in patria che all’estero. In politica estera la combinazione di questi elementi significa che la Repubblica islamica dell’Iran, come potenza regionale, agirà in modo responsabile in materia di sicurezza regionale ed internazionale, ed è disposta e preparata a collaborare in questi campi, a livello bilaterale e multilaterale, con altri soggetti responsabili. Noi difendiamo la pace basata sulla democrazia e le urne ovunque, anche in Siria, Bahrein e gli altri paesi della regione e crediamo che non ci siano soluzioni violente alle crisi mondiali. Le realtà amara e brutta della società umana può essere superata solo attraverso il ricorso alla fiducia e alla sapienza umana, all’interazione e alla moderazione. Garantire la pace e la democrazia e garantire i diritti legittimi di tutti i paesi del mondo, incluso il Medio Oriente, non può – e non sarà – realizzato attraverso il militarismo.

    L’Iran cerca di risolvere i problemi, non di crearli. Non vi è alcun problema che non possa essere risolto affidandosi alla speranza e alla prudente moderazione, al rispetto reciproco e al rifiuto della violenza e dell’estremismo. Il dossier nucleare iraniano è un esempio calzante. Come chiaramente affermato dal leader della Rivoluzione Islamica, l’accettazione del diritto inalienabile dell’Iran costituisce il migliore e il più semplice modo di risolvere questo problema.

    Non si tratta di retorica politica. Piuttosto, essa si basa su un profondo riconoscimento dello stato della tecnologia in Iran, il contesto politico globale, la fine dell’era dei giochi che non portano a nulla e l’imperativo di cercare obiettivi e interessi comuni verso il raggiungimento di un’intesa comune e di una sicurezza comune. Un altri termini: l’Iran e gli altri attori devono perseguire due obiettivi comuni come due parti tra loro inseparabili di una soluzione politica per il dossier nucleare dell’Iran. Il Programma nucleare iraniano e, per quello che conta, di tutti gli altri paesi, deve perseguire esclusivamente scopi pacifici. Dichiaro qui, apertamente e senza ambiguità che, nonostante le posizioni degli altri, questo è stato, e sarà sempre, l’obiettivo della Repubblica islamica dell’Iran. Le armi nucleari e le altre armi di distruzione di massa non hanno posto nella dottrina di difesa iraniana e contraddicono le nostre convinzioni religiose ed etiche fondamentali. I nostri interessi nazionali rendono imperativa la rimozione di ogni e tutte le preoccupazioni ragionevoli sul programma nucleare pacifico dell’Iran.

    Il secondo obiettivo, cioè, l’accettazione e il rispetto per l’attuazione del diritto di arricchimento in Iran e il godimento di altri diritti nucleari legati, fornisce l’unica strada per raggiungere il primo obiettivo. La conoscenza Nucleare in Iran è stata addomesticata ora e la tecnologia nucleare, comprensiva di arricchimento, ha già raggiunto scala industriale. Si tratta, quindi, di un’illusione ed estremamente irrealistico il presumere che la natura pacifica del programma nucleare dell’Iran potrebbe essere garantita attraverso l’ostacolazione del programma tramite pressioni illegittime.

    In questo contesto , la Repubblica islamica dell’Iran, insistendo sulla realizzazione dei suoi diritti e sull’imperativo di rispetto e di cooperazione internazionale in questo esercizio, è pronta a impegnarsi immediatamente in trattative con scadenze precise e orientate a risultati per costruire fiducia reciproca e rimozione di incertezze reciproche con la massima trasparenza

    L’Iran cerca un impegno costruttivo con gli altri paesi basato sul rispetto reciproco e sul comune interesse e nello stesso contesto non cerca di aumentare le tensioni con gli Stati Uniti. Ho ascoltato con attenzione la dichiarazione del Presidente Obama oggi all’Assemblea generale. Commisurato alla volontà politica della leadership negli Stati Uniti e sperando che si asterranno dal seguire l’interesse miope dei gruppi di pressione guerrafondai, si può arrivare ad un quadro di riferimento per gestire le nostre differenze. A tal fine, un uguale rispetto reciproco e nei principi riconosciuti del diritto internazionale dovrebbero governare le interazioni. Naturalmente, ci aspettiamo di sentire una voce coerente da Washington.

    Signor Presidente, Signore e Signori, In questi ultimi anni, una voce dominante è stata più volte sentita:”L’opzione militare è sul tavolo“. Sullo sfondo di questa contesa illegale e inefficace, lasciatemi dire forte e chiaro che “la pace è a portata di mano“. Allora, in nome della Repubblica islamica dell’Iran propongo, come passo iniziale, l’esame da parte delle Nazioni Unite del progetto: “Il mondo contro la violenza e l’estremismo” (World Against Violence & Extremism – WAVE: ONDA in italiano ) uniamoci tutti a questa ONDA, io invito gli stati, le organizzazioni internazionali e le istituzioni civili ad intraprendere un nuovo sforzo per guidare il mondo in questa direzione.

    Dovremmo cominciare a pensare ad una “Coalizione per una Pace Duratura” in tutto il mondo al posto delle inefficaci “coalizioni di guerra” in varie parti del mondo. Oggi, la Repubblica islamica dell’Iran invita voi e l’intera comunità mondiale a fare un passo avanti, un invito ad unirsi all’ONDA: Il Mondo contro la violenza e l’estremismo. Dovremmo accettare ed essere in grado di aprire un nuovo orizzonte in cui la pace prevalga sulla guerra, la tolleranza sulla violenza, i progressi sui sacrifici, la giustizia sulla discriminazione, la prosperità sulla povertà e la libertà sul dispotismo.
    (…)
    Nonostante tutte le difficoltà e le sfide, sono profondamente ottimista per il futuro. Non ho alcun dubbio che il futuro sarà luminoso con il mondo intero che sceglierà di rifiutare la violenza e l’estremismo. Una prudente moderazione assicurerà un futuro brillante per il mondo. La mia speranza, a parte l’esperienza personale e nazionale, emana dalla convinzione condivisa da tutte le religioni divine che un buono e luminoso futuro attende il mondo. Come affermato nel Sacro Corano: “E abbiamo proclamato nei Salmi, dopo che avevamo annunciato nella Torah, che i miei servi virtuosi erediteranno la terra ( 21:105 )”. Grazie Signor Presidente”.

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    wheaton80
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    00 24/11/2013 22:48
    Accordo storico su nucleare Iran. Stop di 6 mesi alle sanzioni

    (AGI) – Washington, 24 novembre 2013 - E' stato raggiunto alle tre di notte a Ginevra l'accordo sul nucleare iraniano tra le potenze mondiali del gruppo 5+1 (Usa, Russia, Cina, Gran Bretagna, Francia e Germania) e il governo di Teheran. Il ministro degli Esteri e capo negoziatore per il nucleare iraniano Mohammad-Javad Zarif e' stato tra i primi a dare l'annuncio via Twitter, cosi' come il capo della diplomazia Ue Catherine Ashton, tramite il suo portavoce Michael Mann. Si tratta di un primo passo storico: un'intesa limitata a 6 mesi di tempo che prevede un alleggerimento delle sanzioni internazionali in cambio della sospensione della parte piu' controversa del programma iraniano, quella volta a costruire armi nucleari. Nei 6 mesi definiti dall'accordo proseguiranno i colloqui e soprattutto i controlli da parte degli ispettori internazionali con l'obiettivo di arrivare ad una soluzione definitiva che ponga fine ad un decennio di scontri. In base al comunicato diffuso dalla Casa Bianca, l'accordo di quattro pagine prevede che l'arricchimento dell'uranio da parte dell'Iran non superi il 5%. Tutto l'uranio arricchito dall'Iran al 20% dovra' venire diluito per allontanarsi dalla soglia prossima allo status di arma nucleare. L'alleggerimento delle sanzioni commerciali e' stato quantificato in meno di 7 miliardi di dollari mentre secondo quanto scrive l'agenzia iraniana Isna, il governo di Teheran potra' anche accedere all'equivalente di 4,2 miliardi di dollari che si trovano in fondi esteri congelati dalle sanzioni e che sono proventi della vendita di greggio.

    www.agi.it/estero/notizie/201311241028estrt10004iran_raggiunto_storico_accordo_su_...
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    wheaton80
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    00 20/01/2014 23:40
    Iran, sospeso l’arricchimento dell’uranio

    Con la sospensione dell’arricchimento dell’uranio iraniano al 20% e la revoca di alcune sanzioni euro-americane, come previsto è entrato in vigore lo storico accordo semestrale che pone limiti al programma nucleare di Teheran sospettato di nascondere una dimensione militare. L’inizio dell’attuazione del «Piano d’azione congiunto» concordato il 24 novembre a Ginevra è stato annunciato dal ministro degli Esteri iraniano Mohammad Javad Zarif e confermato dal Direttore generale dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), Yukiya Amano. Fonti ufficiali del dicastero e dell’Agenzia dell’Onu hanno precisato che sono state sospese le attività di arricchimento dell’uranio al 20%, la concentrazione pericolosamente vicina a quella utile per armare ordigni nucleari: sono state chiuse sei «cascate» e rallentate le centrifughe nell’impianto di Natanz ed in quello sotterraneo di Fordo’, limitando al 5% il livello di arricchimento come concordato a Ginevra. Inoltre è iniziata la diluizione al 5% e la trasformazione in polvere di ossido dei 196 chili di uranio arricchito al 20% accumulati finora dall’Iran. È stata anche fermata la costruzione del reattore ad acqua pesante di Arak, quello sospettato di rappresentare la via al plutonio verso la bomba. Immediatamente, Ue e Usa hanno annunciato il concordato allentamento di alcune delle sanzioni che Teheran considera un «iceberg» sulla propria rotta o «le corde» che legano mani e piedi dell’economia iraniana: si tratta di un’iniezione da sette miliardi di dollari in sei mesi, di cui 2,4 miliardi in fondi «congelati» ma che da febbraio cominceranno ad affluire a Teheran, secondo un’agenzia iraniana attraverso tre banche tra cui il colosso francese Société Générale e quello britannico Standard Chartered. Da Bruxelles i ministri degli Esteri europei hanno sospeso per sei mesi divieti imposti ad assicurazioni e trasporti di greggio e all’importazione o trasporto di prodotti petrolchimici iraniani. Fra l’altro è stato anche sospeso il divieto di commercio in oro e metalli preziosi con l’Iran. Da Washington, il segretario di Stato Usa John Kerry ha disposto fra l’altro una sospensione di parte delle sanzioni nel commercio di petrolio, nelle transazioni finanziarie per acquisti di carattere «umanitario» e nel campo dei pezzi di ricambio degli aerei. Altre fonti statunitensi hanno ribadito che si tratta di misure limitate, condizionate ad altri passi iraniani e revocabili. Sotto il monito del premier israeliano Benjamin Netanyahu che insiste nel sostenere che l’accordo di Ginevra non impedisce all’Iran di dotarsi della bomba, già domani le potenze del gruppo 5+1 proprio a Ginevra iniziano i contatti per giungere ad un accordo definitivo che proclami indiscutibilmente pacifico l’atomo iraniano disinnescando la minaccia di un attacco da parte dello stato ebraico: questi negoziati con l’Iran, ha previsto oggi la coordinatrice del gruppo, Catherine Ashton, cominceranno «a febbraio».

    20/01/2014
    www.lastampa.it/2014/01/20/esteri/iransospesolarricchimentodelluranioUnUHpPoyyqqkB8Ry73lvBL/pag...
    [Modificato da wheaton80 20/01/2014 23:42]
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    wheaton80
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    00 02/11/2014 01:33
    Russia e Iran uniti contro il SIIL in Iraq

    Da un canale di comunicazione complesso arriva la notizia che Russia e Iran hanno creato, presso l’hotel al-Rashid di Baghdad, un centro congiunto per la lotta agli islamisti di SIIL/SI. La notizia, estremamente breve, è data da un’agenzia di Baku, in Azerbaigian (Temkin Jafarov, agenzia Trend, 23 ottobre 2014: en.trend.az/iran/society/2325289.html), rilanciando un’agenzia iraniana. Nonostante la brevità, i dati sono sufficienti per un’informazione credibile e per ritenerla riflettere una situazione significativa. Inoltre, conferma le voci precedenti, da fonti irachene, che evocavano vagamente i termini di una cooperazione operativa tra Iran e Russia. Ecco il dispaccio della Trend riguardante esattamente questo “Comando congiunto” Iran-Russia … “Iran e Russia hanno creato un comando operativo unito per combattere l’organizzazione terroristica in Iraq dello Stato Islamico (SI), ha riferito l’agenzia iraniana Tasnimnews citando una fonte irachena. Secondo quanto riferito, esperti militari iraniani e russi aiutano i comandi iracheni nella lotta contro lo SI. “Oltre 60 esperti militari russi e iraniani hanno creato un quartier generale operativo nell’hotel al-Rashid, nella capitale irachena Baghdad”, dice il rapporto“. Si tratta di una notizia assai significativa, nonostante la brevità, in termini di potenza della comunicazione, per via della situazione che c’illustra. Ciò contrasta con il frastuono della comunicazione, avutosi dall’attacco del SIIL in Iraq nel giugno scorso, sulla possibile cooperazione tra Iran e Stati Uniti che alla fine s’è ridotta ad episodio senza seri contatti strutturali. Così la notizia permette di avanzare alcune osservazioni come ipotesi ampiamente sostantivate…

    • Iran e Russia decidono di agire con la massima discrezione, soprattutto quando si tratta dell’eventuale cooperazione, dopo diversi anni in cui i due Paesi, vicini per posizioni e concezioni politiche, si erano allontanati per l’atteggiamento della Russia (mancata consegna dei missili da difesa aerea S-300). La Russia entrava, de facto, nella “comunità internazionale” che richiedeva il cambio nella politica nucleare dell’Iran. La crisi in Ucraina vi ha posto fine: i russi affrontano le sanzioni del blocco BAO e si avvicinano ancora più all’Iran, sia operativamente che intellettualmente (“ci comprendiamo meglio”). In ogni caso, la Russia ha ufficialmente chiarito che ora segue una politica di non-cooperazione con il blocco BAO (17 ottobre 2014).

    • Tuttavia, la cooperazione Russia-Iran assume un’andatura puntuale e un tono molto discreto, ben rientrando nelle modalità dei due Paesi. Si tratta, per primo, di determinare l’interesse comune, che Russia e Iran trovano nella lotta contro lo SI; ma una volta stabilito questo interesse comune, la cooperazione diventa rapidamente efficace, efficiente, altamente efficiente… Ciò potrebbe diventare una “partnership strategica” estremamente realistica preservando le rispettive indipendenze di primaria importanza; ad esempio se i due Paesi determinano in un caso operativo o in un altro, che il blocco BAO sia il nemico comune “dichiarato”, e se sia indispensabile reagire in modo netto.

    • Questi vari risultati confermano la tesi opposta a quella, diffusa e favorita da Stati Uniti e Arabia Saudita, che l’Iran evolva così rapidamente verso il blocco BAO da potersi inserire in varie infrastrutture come decisivo concorrente della Russia nelle forniture di gas all’Europa. Tale idea era stata decisamente respinta dal ministro degli Esteri iraniano spiegando che, in ogni caso, la questione della creazione di infrastrutture è tale che nulla può essere fatto per diversi anni. Tale semi-smentita tecnica riguardava anche, per l’Iran, la semi-smentita implicita del ruolo prestato, al fianco del blocco BAO, partecipando alla crociata antirussa per isolare e sanzionare la Russia.

    • Queste relazioni discrete Iran-Russia, che potrebbero altrettanto tranquillamente materializzarsi con forniture di armi russe, mentre sono già in via d’attuazione con l’accordo di scambio energetico al di fuori dell’area del dollaro, in netto contrasto con le relazioni del blocco BAO con l’Iran. Il maggiore piano degli Stati Uniti, la riconciliazione con l’Iran e la sua “reintegrazione” nella “comunità internazionale” (idem, per la coalizione anti-russa del blocco BAO agli ordini degli Stati Uniti), è ora, come è usuale nel caso degli Stati Uniti, un gran rumore comunicativo seguito da, praticamente, nessun effetto. E’ assai probabile che la stessa cosa valga anche per i grandi e presumibilmente finali colloqui sul nucleare con l’Iran di novembre, che dovrebbero portare a questo grande accordo. Noi crediamo che, come in tutti gli altri casi importanti, la paralisi e l’impotenza del potere di Washington in questo caso, siano il nocciolo della questione. In tale caso, è la pressione anti-iraniana di Israele e AIPAC, con la loro influenza sul Congresso, ad agire; ma ciò è circostanziale e si esercita su una situazione in cui il potere degli Stati Uniti è strutturalmente, senza un’azione esterna necessaria, in stato d’impotenza e paralisi totale, come segnalato.

    • Certo, ci si aspetta che la Russia, senza trionfalismi, come nelle questioni di politica estera in cui la politica russa, per evitare qualsiasi danno che assomigli più o meno a delle interferenze, riduca in modo significativo la collaborazione costruttiva nei negoziati sulla questione nucleare iraniana. I russi propendono sempre più in favore dell’Iran, rafforzando le esigenze sovraniste del Paese contro il blocco BAO e la sua politica invadente. Una volta di più, si converrà che il blocco BAO, fonte di tali molteplici cambi di atteggiamento, segua imperturbabilmente una politica volta a creare il maggior numero possibile di reazioni contrarie. Le sanzioni, soprattutto quando sono volte contro una potenza come la Russia, in questo senso sono estremamente efficaci, auto-distruttive in modo infernale.

    Dedefensa, 28 ottobre 2014
    aurorasito.wordpress.com/2014/10/29/russia-e-iran-uniti-contro-il-siil-...

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    00 23/02/2015 19:22
    La svolta di Putin e dell’Iran

    Le dinamiche della politica estera russa dopo che gli Stati Uniti hanno dichiarato de facto la guerra delle sanzioni finanziarie ed economiche alla Russia, sono impressionanti, per usare un eufemismo. Se sarà sufficiente a spezzare l’assedio economico di Washington e aprire la via ad una vera economia globale alternativa alla bancarotta del sistema del dollaro USA, non è ancora chiaro. Ciò che è chiaro è che Vladimir Putin e la fazione dei baroni industriali che ha deciso di sostenerlo, non sono spaventati. L’ultimo esempio è la visita del ministro della Difesa russo a Teheran, concludendo importanti accordi di cooperazione militare con l’Iran. Le implicazioni per entrambi i Paesi, così come il futuro dell’Eurasia, sono potenzialmente enormi. Il 20 gennaio a Teheran, Russia e Iran hanno firmato un accordo di cooperazione militare. Il ministro della Difesa russo Sergej Shojgu e il ministro della Difesa e Logistica iraniano Hossein Dehghan hanno firmato il nuovo accordo. Commentandone il significato, Shojgu ha dichiarato, “è stata posta la base teorica della cooperazione militare“, aggiungendo che i due Paesi hanno deciso “una cooperazione bilaterale su attuazione e promozione dell’incremento delle capacità militari delle forze armate dei nostri Paesi“. I due hanno anche concordato “l’importanza della necessità di sviluppare la cooperazione tra Russia e Iran nella lotta all’ingerenza negli affari regionali di forze esterne, è stata inquadrata“, ha dichiarato il Ministro della Difesa iraniano Dehghan. Per assicurarsi che nessuno lo fraintendesse, aggiungeva che la ragione dell’aggravarsi della situazione nella regione era la politica degli Stati Uniti “d’intromissione negli affari interni di altri Paesi”. L’avvicinamento dei due Paesi eurasiatici, che si affacciano sullo strategico Mar Caspio, ha enormi implicazioni nella geopolitica globale. L’amministrazione Obama ha cercato di corteggiare l’Iran con il bastone (sanzioni economiche) e la carota (promessa di toglierle) negli ultimi diciotto mesi affinché Teheran facesse concessioni importanti sul suo programma nucleare. Fino a poco tempo prima, nonostante le sanzioni degli Stati Uniti per l’Ucraina, la Russia era disposta a mostrare “buona fede” verso Washington partecipando al negoziato 5+1 sul nucleare con l’Iran, convincendo Teheran a fare concessioni importanti sul suo programma nucleare, in cui la Russia ha completato la centrale nucleare di Bushehr, la prima in Medio Oriente. Questa fase è chiaramente finita e la mano dell’Iran nei negoziati con Stati Uniti, Francia, Germania, Regno Unito è ora più forte, sanzioni o meno.

    Iran, Siria e guerra delle pipeline

    Per Washington, la pressione nucleare rientra nel tentativo di costringere l’Iran ad abbandonare l’alleato Bashar al-Assad in Siria, aprendo la via al Qatar, stretto alleato dell’Arabia Saudita e sito del maggiore giacimento di gas naturale del mondo, nel Golfo Persico. Il Qatar, primo finanziatore dei terroristi del SIIL addestrati da statunitensi ed israeliani in Siria e Iraq, vuole esportare il suo gas nell’UE attraverso Siria e Turchia. L’Iran, che detiene l’altra parte dell’enorme giacimento di gas del Golfo Persico, il North Pars, al largo delle sue coste, ha firmato un accordo per un oleodotto strategico con Assad e l’Iraq nel giugno 2011, per costruire il nuovo gasdotto Iran-Iraq-Siria di 1500 chilometri dal grande giacimento di gas ad Asaluyeh, porto iraniano nei pressi di South Pars e Damasco in Siria. Da lì il gasdotto arriverebbe via Libano sul Mediterraneo orientale e al grande mercato europeo del gas. L’hanno chiamato “gasdotto islamico”. Il volume di gas dell’Iran sarebbe modesto rispetto all’originale gasdotto South Stream di Gazprom della Russia. Si stima che circa 20 miliardi di metri cubi all’anno rimarrebbero, dopo il consumo locale (pre-guerra in Siria) per il gasdotto Iran-Iraq-Siria per l’Europa, rispetto ai 63 miliardi di South Stream. Il Qatar ne uscirebbe perdente. Al Qatar, Paese sunnita che finanzia SIIL, Fratelli musulmani e altri jihadisti, non piace l’idea. Il Qatar avvicinò Assad nel 2009 proponendo la pipeline Qatar-Siria per l’Unione europea attraverso la Turchia, ma fu respinto di netto. Assad disse che le sue relazioni con Russia e Gazprom erano più importanti. Fu solo al momento della firma sul gasdotto islamico Iran-Iraq-Siria nel giugno 2011, che Washington, Arabia Saudita e Qatar decisero di lanciare la grande guerra per rovesciare Assad e sostituirlo con un regime sunnita amico di Qatar e Washington. Difficilmente una coincidenza.

    Stretti legami militari tra Iran e Russia
    Oggi la Russia di Putin e l’Iran sono solidi alleati della Siria di Assad nella guerra per liberare la Siria dai terroristi del SIIL addestrati dagli Stati Uniti. Tuttavia, la collaborazione tra Mosca e Teheran è stata cauta finora. Nel 2010, quando era presidente, responsabile della politica estera e di difesa russa, Dmitrij Medvedev fece molte mosse concilianti per mettersi sul “lato buono” di Washington. Era l’epoca dello stupido “Reset” nelle relazioni USA-Russia di Hillary Clinton dopo che Putin aveva lasciato e Obama era appena divenuto un “pacifista democratico”. Una delle mosse più costose di Medvedev fu la firma del decreto del Presidente della Repubblica nel settembre 2010 per sostenere il bando dell’ONU sponsorizzato dagli USA sulle vendite di armi all’Iran, nell’ambito delle sanzioni USA contro il presunto programma di armi nucleari dell’Iran. Il costo del bando russo per le industrie militari fu pari ai 13 miliardi di dollari di fatturato militare-tecnico con l’Iran negli ultimi anni, secondo una stima da parte del Centro per l’Analisi del mondiale sul commercio delle armi (CAWAT). Il decreto di Medvedev vietava vendite militari della Russia all’Iran, compreso il trasferimento di armi all’Iran al di fuori dei confini russi o con aerei o navi sotto bandiera dello Stato russo. Medvedev inoltre retroattivamente annullò l’acquisto prepagato dall’Iran dei sofisticati sistemi missilistici superficie-aria russi SAM S-300. L’Iran quindi citò in giudizio la Rosoboronexport russa presso la Corte di conciliazione e di arbitrato dell’OSCE a Ginevra. Fino ad oggi il problema degli S-300 era stato un importante pomo della discordia tra Teheran e Mosca. Ora, secondo un rapporto di DebkaFile.com, sito collegabile all’intelligence israeliana, la Russia ha accettato non solo di fornire i sistemi missilistici S-300 che l’Iran ha acquistato nel 2007. La Russia gli consegnerà anche gli avanzati sistemi missilistici S-400. Citando il ministero della Difesa iraniano, il Colonnello-Generale Leonid Ivashov, ex-funzionario del Ministero della Difesa russo, ha aggiunto: “I due Paesi hanno deciso di risolvere il problema dell’S-300: un passo è stato compiuto verso la cooperazione su economia e tecnologie bellica, almeno per sistemi difensivi come S-300 e S-400“.

    Gli specialisti militari dicono che l’S-400 è di gran lunga superiore ai missili degli USA Patriot PAC-3. Si crede siano il primo sistema al mondo che può utilizzare selettivamente diversi tipi di missili dei sistemi SAM precedentemente sviluppati che dei nuovi e unici SAM; un sistema mobile dal difficile il rilevamento e che può colpire i bombardieri strategici come B-1 e B-52H; aerei da guerra elettronica come EF-111A e EA-6; aerei da ricognizione come il TR-1; gli aerei radar come E-3A e E-2C; caccia come F-15 ed F-16; aerei Stealth come il B-2; missili da crociera strategici come il Tomahawk e missili balistici con gittata fino a 3500 km. Inoltre, il più colossale spreco del Pentagono, ad oggi, il Lockheed Martin F-35 Joint Strike Fighter, non è progettato per penetrare le difese dei sistemi S-300P/S-400. Oops… L’F-35 degli Stati Uniti può trasportare armi nucleari e doveva essere il “caccia del futuro” quando fu avviato nel 2001, quando Rumsfeld era al Pentagono. Con un decennio di ritardo, sforando del 100% il budget, costerà 1500 miliardi di dollari nella sua vita utile, di cui circa 400 miliardi già spesi. Solo due anni fa gli obbligatori tagli della difesa con il “sequestro” di Obama, hanno affettato i piani sull’F-35 e altri progetti-mangiatoia del Pentagono. Ora, utilizzando il SIIL in Siria e Iraq e il “conflitto” in Ucraina con la Russia, l’ultimo bilancio della difesa di Obama prevede oltre 35 miliardi di dollari da salvare dalle dovute riduzioni con il sequestro. Le crisi Ucraina e del SIIL sembrano aver salvato il complesso militare industriale degli Stati Uniti nel momento giusto… Se il rapporto di DEBKAfile sul sistema missilistico S-400 all’Iran è vero, e certamente sembra esserlo, allora la geopolitica dell’intera battaglia dell’amministrazione Obama contro Russia Iran, Siria e presto Cina, è davvero stupidissima. La battaglia è guidata dai falchi ottusi del presidente Obama, come la consigliera del NSC Susan Rice. Sembrano incapaci di cogliere le connessioni tra gli eventi, e quindi, per definizione, non sono persone intelligenti, ma istruite dal complesso militare-industriale statunitense, ben evidenziato dalla Lockheed Martin primo contraente del disastroso F-35, e guidate dalla ricchissima oligarchia drogata dal potere che pensa di possedere il mondo. In realtà, come testimoniano i recenti avvenimenti, perde quel mondo che pensa di controllare con la sua stupidità. Alcuni la chiamano legge delle conseguenze non intenzionali.

    F. William Engdahl
    Fonte: journal-neo.org/2015/02/22/putin-and-iran-do-a-game-changer/
    22/02/2015
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    00 16/07/2015 14:21
    Russia: dopo l’accordo con l’Iran ”gli USA rinuncino a scudo di difesa missilistica in Europa”

    Obama e altri sciroccati hanno sempre affermato che lo scudo spaziale che gli USA (NATO) vogliono piazzare in Europa è orientato a contrastare l’Iran. Quindi, dopo l’accordo di oggi, non è più necessario, anzi sarebbe addirittura inutile.

    PUTIN ride in faccia al Giornalista circa lo Scudo Spaziale della NATO



    MOSCA – Raggiunto l’accordo sul nucleare iraniano, ora la Russia si aspetta che gli Stati Uniti rinuncino a creare uno scudo di difesa missilistica in Europa. A dirlo è il Ministro degli Esteri di Mosca Sergei Lavrov, il quale spiega che lo scudo antimissile era stato in teoria concepito contro “Stati canaglia” come Iran e Corea del Nord. Putin, intanto, dopo la firma dell’accordo parla di “un grosso sospiro di sollievo” per il mondo intero.

    14 luglio 2015
    www.imolaoggi.it/2015/07/14/russia-dopo-laccordo-con-liran-gli-usa-rinuncino-a-scudo-missilistica-in...
    [Modificato da wheaton80 16/07/2015 14:21]
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    00 21/07/2015 19:16
    Gli USA costretti a negoziare con l’Iran dalla realtà globale

    Parlando da Charlottesville, il miliardario e candidato alla presidenza degli Stati Uniti Donald Trump ha deplorato il presidente Barack Obama sui “trattati della disperazione”, mentre a Vienna si firmava l’accordo nucleare finale con l’Iran. Trump aveva in parte ragione, ma anche torto. L’amministrazione Obama non è disperata come lamenta Trump, ma gli Stati Uniti d’America sono in declino quale prima potenza mondiale, costringendo il governo statunitense a sedersi al tavolo dei negoziati con il governo iraniano. Le condizioni geopolitiche, economiche e tattiche obbligavano gli Stati Uniti a sedersi con l’Iran. Washington è stata costretta dalle circostanze geostrategiche a cercare un accordo con l’Iran, come con i cubani. Declino e crescente isolamento in America Latina degli Stati Uniti hanno costretto l’amministrazione Obama ad avviare colloqui con L’Avana ed invertire decenni di politiche ostili a Cuba.

    La patologia delle sanzioni all’Iran
    Le sanzioni contro l’Iran non era volte a portare Teheran sul tavolo dei negoziati, come l’amministrazione Obama sostiene in modo ingannevole. Si tratta di revisionismo e mito politico ideati dal governo degli Stati Uniti per nascondere la patologia delle sanzioni internazionali da essi ideate. Il sistema delle sanzioni internazionali era volto a costringere Teheran ad arrendersi e sottomettersi a Washington. Le sanzioni non furono mai volte a portare l’Iran al tavolo dei negoziati. Nell’ambito dei colloqui tra Iran e UE-3, gli iraniani negoziavano con inglesi, francesi e tedeschi molto prima che le sanzioni venissero imposte. I negoziati nucleari tra Teheran e UE-3 fallirono nel 2005 per l’ostruzionismo di George W. Bush Jr., più interessato a una guerra all’Iran o al cambio di regime a Teheran, per partorire “nel dolore un ‘nuovo Medio Oriente’”.[1] Quando Washington e partner dell’Unione europea capirono che le sanzioni non avrebbero piegato l’Iran nel 2013, compresero che non avevano scelta. Le sanzioni economiche non potevano continuare ed erano al limite. Invece, ambiente e circostanze globali cambiavano sempre più a vantaggio dell’Iran. Con o senza la rimozione delle sanzioni, Russia e Cina si preparavano a migliorare il commercio. Mosca e Pechino già consideravano illegittime le unilaterali sanzioni di Stati Uniti e Unione europea. In parallelo, aumentava il bisogno dell’Unione europea di coinvolgere nuovamente l’Iran economicamente per controbilanciare le sanzioni e la guerra economica contro i russi, emerse dopo euromajdan in Ucraina. Le sanzioni iniziavano a decadere e altri Paesi avrebbero raggiunto Russia e Cina nel normalizzare gli scambi con l’Iran economicamente risorgente.

    I costi della guerra
    Gli Stati Uniti non avevano opzioni serie. Nonostante i falchi dalla retorica de “tutte le opzioni sono sul tavolo” della periferia di Washington, una guerra con l’Iran sarebbe costata troppo e sarebbe stata troppo rischiosa. Se gli Stati Uniti avessero potuto attaccare l’Iran, l’avrebbero fatto come con l’Afghanistan nel 2001 e l’Iraq nel 2003. Ciò fu affermato pubblicamente dai comandanti militari iraniani che dissero di sapere che Teheran era l’obiettivo principale dell’amministrazione Bush II. [2] Da qui lo slogan di Bush II: “Chiunque può andare a Baghdad, ma i veri uomini vanno a Teheran!” Qualsiasi attacco all’Iran comporterebbe una guerra regionale assai impopolare in Medio Oriente, dai devastanti risultati politici, sociali, economici, militari, strategici e diplomatici per Washington. In un modo o nell’altro, la guerra con Teheran avrebbe paralizzato gli Stati Uniti in Medio Oriente degradandoli da potenza mondiale. Le manovre degli USA per simulare l’invasione dell’Iran valutavano gravi perdite per Washington. [3] Un rapporto del giugno 2015 pubblicato dal Centro per la valutazione strategica e di bilancio lo conferma, dicendo che gli Stati Uniti non hanno l’arsenale militare convenzionale adeguato per attaccare l’Iran, perché il Pentagono non può lanciare un attacco a lungo raggio. [4] Secondo il rapporto, il Pentagono si concentra sugli attacchi a corto raggio, mentre gli iraniani, come i cinesi e i russi, hanno sistemi di difesa a lungo raggio che impediscono agli Stati Uniti di avvicinarsi abbastanza per attaccare. [5] Né c’erano o ci sono garanzie che una possibile guerra all’Iran non si dilaghi oltre Medio Oriente e Asia Centrale o che tale conflitto non si trasformi in una grande guerra internazionale. In tal contesto Washington non aveva garanzie che russi e cinesi non intervenissero per aiutare gli iraniani contro gli Stati Uniti. Inoltre, mentre Stati Uniti ed Unione europea sempre più sprofondano nel confronto con la Russia, e gli Stati Uniti sempre più con i cinesi, Washington ed alleati europei devono riavvicinarsi all’Iran per ridurre, almeno temporaneamente, le ostilità su un fronte.

    Teheran, Washington e il secolo eurasiatico
    Se Pechino e Mosca hanno totalmente annullato la loro parziale adesione alle sanzioni, gli USA sono incerti se compagnie e governi di UE e Asia-Pacifico rimarrebbero con le sanzioni degli Stati Uniti. La reazione degli alleati, dopo l’accordo di Losanna, la dice lunga. Dopo l’accordo, imprenditori e funzionari commerciali di Asia, Europa e resto del mondo hanno iniziato a recarsi nell’Iran in attesa della riapertura del mercato iraniano. I dirigenti del colosso energetico anglo-olandese Royal Dutch Shell e del colosso energetico italiano ENI sono andati a Teheran. [6] Mentre le compagnie europee e asiatiche si affrettano in Iran preparando la normalizzazione commerciale, l’ambasciatore francese negli Stati Uniti, Gerard Araud, ha detto ai falchi avversari dell’accordo nucleare con l’Iran del think-tank del Consiglio Atlantico, di calmarsi sulle aziende europee che corrono a riavviare il commercio con l’Iran.[7] “In realtà, abbiamo perso molti soldi, ma non gli statunitensi”, ha ricordato al Consiglio Atlantico.[8] Con la sfida russa e cinese al dollaro e al sistema di Bretton Woods, creando una architettura globale finanziaria rivale con la New Development Bank (NDB) dei BRICS e l’Asian Infrastructure Investment Bank (AIIB) della Cina, è chiaro che anche le sanzioni finanziarie e bancarie imposte degli USA si sarebbero erose. Mentre il quadro globale cambia e l’integrazione eurasiatica accelera, gli Stati Uniti vogliono l’accordo finale di Vienna più dell’Iran.

    Note
    [1] Mahdi Darius Nazemroaya, “Plans for Redrawing the Middle East: The Project for a ‘New Middle East’”, Global Research, 18 novembre 2006
    [2] “Commander: US Intention of Invasion Deterred by Iran’s Home-Grown Military Power” Fars News Agency, 21 giugno 2015
    [3] Mahdi Darius Nazemroaya, “The Geo-Politics of the Strait of Hormuz: Could the U.S. Navy be defeated by Iran in the Persian Gulf?” Global Research, 8 gennaio 2012
    [4] Bryan Clark and Mark Gunzinger, “Sustaining Americas Precision Strike Advantage“, Center for Strategic and Budgetary Assessment, 2015
    [5] Ibid.
    [6] Christopher Adams e Anjli Raval, “European oil majors hold Tehran talks”, Financial Times, 24 giugno 2015
    [7] David R. Sand, “U.S. allies not waiting for Iran’s sanctions to come down“, Washington Times, 27 maggio 2015
    [8] Ibid.

    Mahdi Darius Nazemroaya, 19/07/2015
    Traduzione: Alessandro Lattanzio
    Fonte: www.strategic-culture.org/news/2015/07/19/us-was-forced-negotiate-with-iran-because-changing-global-circumstan...

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    00 28/01/2016 23:50
    Il vero motivo delle polemiche sulla visita di Rouhani

    Basta ricordarsi un attimo chi sono, in tutto il pianeta Terra, coloro che non vogliono uno sviluppo delle relazioni tra Iran ed Europa; quando scoprirete chi sono, sarà facile capire chi si nasconde dietro tutte le polemiche che riguardano e riguarderanno la visita del Presidente iraniano Rouhani in Italia e Francia.

    Andiamo a scavare nel passato
    Non bisogna cercare tanto per capire chi sono i nemici di un Iran forte ma soprattutto un Iran amico dell'Europa. Il 14 Luglio 2015, quando viene firmato l'accordo nucleare, le uniche tre (anzi due) nazioni al mondo ad esprimere il loro scontento sono Arabia Saudita, Canada e Israele; ho scritto appositamente "due" tra parentesi perchè dichiaro con fierezza che non riconosco l'esistenza di nessuna nazione chiamata Israele ma solo l'esistenza di una auto-proclamata entità con questo nome che occupa terra altrui. Ad ogni modo, Israele ha continuato nei mesi che sono seguiti ad ostacolare in tutti i modi la ripresa delle relazioni con l'Iran e gli affari con questo Paese. Mentre le sei potenze hanno dichiarato da tempo che il programma nucleare iraniano è unicamente civile, a Tel Aviv stanno ancora a dire che Teheran farà la bomba; insomma, ogni diceria viene usata per mostrare l'Iran come pericolo. Ci spostiamo a Riyadh. Lì i fatti di cronaca sono recentissimi e non c'è bisogno di rispolverare tanto la memoria. Il regime saudita ha fatto di tutto per coinvolgere l'Iran in un nuovo giro di tensioni ed impedirne l'ascesa velocissima sullo scenario mondiale.

    Arabia Saudita e Israele hanno potere mediatico in Italia?
    E' naturale che la risposta è sì. Certo che ce l'hanno e, se siamo realisti, senza accusare nessuno, hanno anche "uomini di fiducia" in Italia tra i potenti. Ed è chiaro che, in occasione della visita di Rouhani, hanno usato queste forze per rovinarla. Senza riuscirci, perchè gli accordi economici, la parte più importante, sono stati fatti; senza riuscirci perché la visita è stata di grande successo pure in altri sensi e Rouhani ha rappresentato benissimo la volontà degli iraniani di dialogare con l'Occidente e soprattutto con la cristianità, con quel "preghi per me" detto al Papa.

    La serie di sforzi ostili
    A cercare di rovinare la visita di Rouhani ci pensa, guardate che coincidenza, il rabbino capo di Roma, Riccardo di Segni, che bolla l'Iran come negazionista e protesta contro la visita. L'ANSA e alcuni giornali danno anche spazio alla notizia, che però non crea l'effetto sperato. Rouhani, che in Iran manda il messaggio di auguri pure in occasione delle ricorrenze ebraiche (lo ha fatto per il Rosh Hashanah, il nuovo anno), tutto è tranne che negazionista o anti-ebreo.

    Il cerimoniale diplomatico
    Ma come dimostrano le notizie di queste ore, qualcuno, e chiaramente non si saprà chi, ha un'idea brillante; fare un qualcosa da addossare all'Iran per fare vedere a tutti che si tratterebbe di un Paese "chiuso, retrogrado e ignorante". Quindi quel qualcuno decide di coprire le statue nude e di lanciare poi accuratamente la notizia. Inizialmente la notizia viene astutamente riferita in maniera che sia il povero Iran ad essere messo in cattiva luce. E' intelligente Rouhani, che alla conferenza stampa a Roma fa intendere che non è stato l'Iran a chiedere la copertura di quelle statue. Grande l'intervento di Vittorio Sgarbi, che ricorda che nello stesso Iran ci sono tante opere dell'antichità simili che non vengono certo coperte. Non si capisce di chi sia la colpa ma, intanto, un pò di danno si è fatto, anche perché non tutti hanno poi saputo che non erano stati gli iraniani a volere la copertura di quelle statue.

    Il vino
    Con la stessa politica qualcuno ha cercato pure di sollevare la polemica sulla questione del vino. Questa volta è veramente l'Iran a chiedere che, se le sue autorità vengono invitate a cena, le bevande alcoliche non ci siano. La ragione è semplice perché esiste un famoso detto del profeta dell'Islam che proibisce al musulmano persino di presenziare ad un banchetto in cui è presente il vino. Qualcuno ha cercato di farne polemica ricordando che l'Italia, per rispetto dell'ospite e per poterlo invitare ad una cena, lo ha tolto, mentre i francesi non lo hanno voluto fare, invitando Rouhani ad una colazione di lavoro.

    E in Francia?
    I poteri di cui abbiamo parlato non esistono solo in Italia. Anzi, sono molto più forti in Francia. Giovedì, si apprende, c'è stata una protesta delle Femen ed è probabile che ci saranno altre critiche sulla visita di Rouhani, anche se sta acquistando 114 Airbus, un contratto di portata storica, e ha firmato l'accordo per la costruzione di una fabbrica di automobili con la Peugeot e lo farà forse anche con la Renault.

    I cari vecchi terroristi dell'MKO

    Sia in Italia che in Francia c'è stato anche qualche tentativo degli MKO, i terroristi che dal 1979 in poi hanno ucciso migliaia di persone in Iran e che sono caduti in disgrazia soprattutto dopo che la loro base militare in Iraq, Camp Ashraf, è stata evacuata. Hanno cercato di sollevare le stesse questioni, il fatto che la pena di morte esiste in Iran ed hanno anche raccontato tante bugie. Sui social media postano foto di lapidazioni nei paesi arabi dicendo che sono dell'Iran. Ad ogni modo, sono insignificanti, ma ad esserci ci sono.

    Domande finali
    Statue, vino, accuse false sulla lapidazione (non esiste nel codice penale iraniano), il fatto di dare la mano o meno alle donne... La domanda è se sia questo ciò che conta dell'Iran. O formulata in altro modo, dobbiamo chiederci se la vogliamo dar vinta a coloro che non vogliono relazioni buone e forti tra Iran e Italia e si aggrappano a queste cose, per lo più false. Se Rouhani e i suoi non avessero apprezzato "la cultura" e "la civiltà" e fossero stati solo alla ricerca dei contratti, avrebbero iniziato le visite in Europa con la Germania, che al momento è anche il principale partner economico dell'Iran nell'UE. E poi, dobbiamo soffermarci sul fatto che Rouhani non dà la mano alle donne o vogliamo ricordare che è il leader dell'unico Paese islamico non invaso dall'ISIS che sta combattendo contro questo gruppo terroristico? Vogliamo dire che è il Presidente dell'unica nazione islamica dove cristiani ed ebrei (e pure zoroastriani, sabei, sikh, ecc...) hanno la loro libertà di culto e si trovano bene? Vogliamo dire che è il Presidente dell'unica nazione islamica che invia satelliti nello spazio, e dove le donne sono il 65% degli studenti universitari? Vogliamo dire che l'Iran ha stipulato accordi per 17 miliardi con l'Italia e che può essere "ossigeno" per le imprese italiane? A coloro che sono ostili all'Iran per intolleranza o lo sono perché sono assoldati da Israele ed Arabia Saudita, chiediamo di trovare vie più intelligenti per inseguire i loro obbiettivi. Tutto sommato, la gente, non è ignorante come pensate voi!

    Davood Abbasi
    28 Gennaio 2016
    italian.irib.ir/analisi/commenti/item/210335-il-vero-motivo-delle-polemiche-sulla-visita-d...
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    00 29/01/2016 01:07
    SAIPEM e l’iraniana NIGC si accordano per 1800 km di gasdotti

    I rappresentanti della National Iranian Gas Company (NIGC) arrivati a Roma al seguito del Presidente Hassan Rouhani avrebbero potuto esordire di fronte ai colleghi di SAIPEM (la controllata ENI specializzata in perforazioni e costruzioni di gas e oledotti) con la battuta:“Bene, dove eravamo rimasti?”. Già perché l’Iran era un importantissimo interlocutore della sussidiaria del nostro ente idrocarburi, ma, purtroppo, la miope decisione italiana di seguire gli USA nelle sanzioni contro la Repubblica Islamica ha bloccato per anni ed anni rapporti e relazioni. Fortunatamente questa fase è ufficialmente terminata con la visita ufficiale del Presidente iraniano a Roma, a lato della quale dirigenti della NIGC hanno siglato coi colleghi italiani non solo impegnative per lo sviluppo dei supermassivi bacini metaniferi di Pars, Shiraz e Tabriz ma anche un contratto da ben 5 miliardi di $ per il posizionamento di 1800 km di tubature di gasdotto in varie zone della Repubblica Islamica. Il progetto, che occuperà ingegneri e tecnici SAIPEM per un tempo variabile dai 5 agli 8 anni, aiuterà l’Iran a diventare un più efficiente esportatore di metano verso Paesi vicini e circonvicini, tra cui si sono già menzionati Pakistan, Oman e persino Iraq, rafforzandone enormemente non solo l’economia ma anche il prestigio. Nello scenario mediorientale e centrasiatico attuale i gasdotti sono importanti come le ferrovie al tempo della Rivoluzione Industriale. “È molto importante per l’Iran trovare partner affidabili per quanto riguarda il gas, nello specifico potenziali acquirenti; per ottenere ciò è davvero necessario che la Repubblica Islamica costruisca e posizioni gasdotti, e nelle circostanze attuali, ha bisogno di investitori stranieri per un tale progetto”, ha commentato l’esperto di problemi energetici Omid Shokri Kaleshari dell’Università turca di Yalova.

    Paolo Marcenaro
    28 gennaio 2016
    www.opinione-pubblica.com/saipem-e-liraniana-nigc-si-accordano-per-1800-km-di-g...
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    00 10/02/2016 00:50
    USA umiliati, Iran vuole essere pagato in euro e non in dollari

    NEW YORK (WSI) – Ora che le sanzioni economiche contro Teheran sono state cancellate, l’Iran è libero di fare affari con i Paesi occidentali. La Repubblica Islamica ha anche libertà di imporre le sue condizioni. Tenuto conto che l’Europa è diventata il suo primo partner commerciale, non dovrebbe sorprendere più di tanto l’affronto lanciato all’economia americana. Nell’ultima umiliazione diplomatica recata agli Stati Uniti, che dimostra come la ‘tregua’ successiva agli accordi di Vienna sul nucleare sia solo di facciata, l’Iran ha annunciato di non voler essere pagato in dollari, bensì in euro, per il suo petrolio. La decisione potrebbe raffreddare i rapporti tra i due Paesi, rivali sul terreno della guerra civile siriana e in altri frangenti geopolitici. “L’Iran vuole recuperare decine di miliardi di dollari che l’India e altri Paesi gli devono per acquistare barili di petrolio, ma le nuove vendite di greggio avverranno in euro”. L’obiettivo, dopo l’eliminazione delle sanzioni, è quello di ridurre la sua dipendenza dai dollari americani, secondo quanto riferito da Reuters. “Nelle nostre fatture citiamo una clausola secondo la quale gli acquirenti del nostro petrolio dovranno pagare in euro, tenendo conto del tasso di cambio tra euro e dollaro, al momento della consegna dei barili”, fa sapere all’agenzia di stampa una fonte interna alla società statale iraniana. L’Iran prevede di incrementare la produzione di petrolio di mezzo milione di barili al giorno sulle esportazioni verso Asia ed Europa, per puntare a un milione entro la fine dell’anno. Senza le sanzioni, secondo le previsioni del governo italiano “nel giro di un anno l’export italiano potrà crescere di almeno 3 miliardi di euro rispetto al miliardo e mezzo attuale”.

    Daniele Chicca
    Fonte: www.reuters.com/article/us-oil-iran-exclusive-idUSKCN0VE21S

    8 febbraio 2016
    www.wallstreetitalia.com/usa-umiliati-iran-vuole-essere-pagato-in-euro-non-in-...
    [Modificato da wheaton80 10/02/2016 00:52]
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    00 19/02/2016 01:50
    Il Brasile rinuncia al dollaro per favorire il commercio con l'Iran

    Il Presidente Dilma Rousseff accetterà pagamenti dall'Iran in euro o in altre valute per gli acquisti di aerei, automobili e altri beni, ha ufficialmente annunciato il Ministro del Commercio brasiliano Armando Monteiro. Armando Monteiro è il primo funzionario brasiliano a confermare che la più grande economia dell'America Latina accetterà pagamenti della Repubblica Islamica in una valuta diversa dal dollaro. Dopo anni di sanzioni economiche che hanno impedito di utilizzare il sistema finanziario degli Stati Uniti, l'Iran sta cercando di allontanarsi da esso. Il Ministro ha aggiunto che Dilma Rousseff avrebbe visitato l’Iran quest'anno per incrementare le esportazioni. "Tutti corrono verso l’Iran... Il potenziale commerciale è molto importante", ha dichiarato il Ministro del Commercio del Brasile, aggiungendo che il suo Paese avrebbe trovato "il modo di regolare i pagamenti, il tipo di pagamento e la valuta". Dopo aver trovato, nel mese di luglio, un accordo sulla questione del nucleare iraniano, che ha portato alla revoca delle sanzioni economiche, Teheran sta ora cercando di vendere il suo petrolio in euro, al fine di liberarsi dalla dipendenza nei confronti del dollaro USA.

    17/02/2016
    www.lantidiplomatico.it/dettnews.php?idx=82&pg=14428
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    00 23/05/2017 01:36
    Iran, il perché della vittoria di Rouhani

    Il testa a testa non c’è stato: la vittoria di Hassan Rouhani alla presidenziali di venerdì in Iran è stata netta e ben superiore alle aspettative, dando ai conservatori rappresentati da Raisi una sonora sconfitta, che segue di appena dodici mesi quella già rimediata nelle scorse elezioni legislative, dove le liste moderate e riformiste hanno conquistato la maggioranza in Parlamento. Il successo del Presidente uscente, che conferma quindi la tradizione della rielezione per un secondo mandato per i capi di Stato in carica, è stato netto: le cifre ufficiali parlano di un 57% per Rouhani, a fronte di un 39% per Raisi. Eppure, alla vigilia, grazie anche alla convergenza di tutti i candidati conservatori proprio su Raisi, si ipotizzava una tornata elettorale molto equilibrata, con un possibile ricorso al ballottaggio; in particolare, sembrava impossibile per Rouhani confermare da subito il 51% ottenuto nel 2013, costringendo il Presidente ad un delicato secondo turno. Così non è stato e adesso in molti, sia tra i moderati vincitori che tra gli sconfitti conservatori, si interrogano su un esito così imprevedibile.

    La decisiva mobilitazione della borghesia iraniana
    L’Iran è arrivato al voto in condizioni differenti rispetto ai mesi che hanno preceduto la vittoria elettorale riformista del 2016: lo scorso anno infatti il Paese si aspettava molto dall’accordo sul nucleare che ha tolto le sanzioni, sia da un punto di vista economico che di sicurezza; non solo miliardi stranieri di investimenti sbloccati e possibilità per il Paese di poter vendere il proprio petrolio e mostrare le potenzialità della propria economia, ma anche ritorno sulla scena internazionale non più come ‘Paese canaglia’ ma come potenza regionale riconosciuta. In questi dodici mesi le condizioni sono però cambiate: molte sanzioni, nonostante l’accordo, non sono state tolte e tanti investimenti rischiano ancora di rimanere nel cassetto e, per quanto concerne la riabilitazione del Paese in ambito internazionale, l’elezione di Trump alla Presidenza USA ha cambiato le carte in tavola, con Teheran tornata ad essere minacciata più volte e con il governo di Washington nuovamente allineato alle posizioni israeliane. Inoltre, se da un lato il PIL indica una crescita superiore al 4% per il 2016, dall’altro però le classi meno abbienti temono riforme che possano ridurre il welfare state incrementato soprattutto durante gli anni di Ahmadinejad; per il Presidente Rouhani le difficoltà di entrare a contatto con i ceti più in difficoltà sono emerse lo scorso 7 maggio, quando è stato contestato dai minatori del Golestan a cui era andato a fare visita. Lo scenario iraniano quindi, è radicalmente cambiato rispetto allo scorso anno, con i conservatori pronti ad avanzare lì dove le politiche interne ed estere del Presidente uscente rischiavano di essere di fatto superate dagli eventi; è stato questo un motivo in più per ritenere difficile un’elezione al primo turno di Rouhani. Cosa è cambiato quindi negli ultimi giorni per far ritrovare al rieletto capo dell’esecutivo lo smalto giusto per incrementare i voti rispetto allo stesso 2013?

    Gran parte dei media occidentali fanno in queste ore riferimento all’onda verde del 2009 ed alla mobilitazione dei giovani, che hanno preferito un moderato rispetto allo spauracchio di un candidato conservatore come Raisi; che c’è stata un’importante mobilitazione appare reale, lo confermano i dati di un’affluenza arrivata a lambire il 75% degli aventi diritto, pur tuttavia tirare in ballo l’insoddisfazione di molti giovani e le manifestazioni di otto anni fa seguite alla rielezione di Ahmadinejad appare molto azzardato e frutto di una mera semplificazione. All’interno del Paese, la lotta tra i due principali candidati non è stata vissuta come una disputa tra il bene ed il male, tra il ‘votabile’ ed il ‘non votabile’: a far la differenza non è stata la divisione del voto tra giovani e meno giovani, né quello tra città e campagna, bensì la mobilitazione di un ceto, quale quello della borghesia e dell’Iran più ricco, che ha tutto l’interesse affinché le politiche più moderate intraprese da Teheran vadano in porto e possano far riavvicinare il Paese con l’occidente. Facendo leva sul senso di insoddisfazione di molti giovani, che rappresentano circa il 60% dell’elettorato, e coalizzando attorno al Presidente uscente diverse associazioni ed organizzazioni che non vedono di buon occhio le politiche conservatrici, la borghesia iraniana è riuscita a creare una mobilitazione importante che ha portato alle urne milioni di cittadini inizialmente scettici su entrambi i principali candidati e questo ha dato a Rouhani lo slancio decisivo per sforare il 50% ed essere rieletto per un secondo mandato. Se nel 2005 e nel 2009 ad un’economia vacillante ed alle minacce esterne sempre presenti gli iraniani hanno risposto scegliendo la via più dura dell’ex Presidente Ahmadinejad, oggi, nonostante le difficoltà interne e le rinnovate sfide imposte dai cambiamenti esterni, il Paese ha legittimamente preferito una via più ‘morbida’ ,anche grazie ad un’influenza apparsa molto importante da parte della borghesia e della classe imprenditoriale, tanto di Teheran quanto delle altre principali città.

    Le conseguenze in politica estera della vittoria di Rouhani

    Difficilmente comunque cambierà qualcosa nella politica estera dell’Iran; in primo luogo, Hassan Rouhani ha sì più volte dichiarato di perseguire la via del dialogo con l’occidente, ma non rientra nel suo programma un cambiamento radicale di Teheran sullo scacchiere mediorientale ed internazionale nel suo complesso: l’Iran continuerà a sostenere Assad in Siria e gli Houti nello Yemen, così come continuerà la sua contrapposizione con l’Arabia Saudita nei vari ambiti più delicati della regione. Non sembrerebbe in discussione nemmeno il rapporto con la Russia, con la quale Teheran collabora soprattutto in Siria, nonostante alcune differenze in termini di interessi; in generale quindi, il posizionamento assunto dall’Iran negli ultimi anni rimarrà identico, seppur volto, in alcuni aspetti, a ricercare il dialogo con l’occidente, così come avvenuto in occasione dell’accordo sul nucleare, cartina di tornasole per Rouhani ma anche prima insidia da risolvere per il suo nuovo mandato. E’ bene inoltre specificare un altro aspetto importante relativo sia alle elezioni che all’architettura istituzionale iraniana: il Presidente non gode, all’interno della Costituzione Islamica, di alcun potere assoluto o autoritario. Rouhani, dalla sua poltrona, potrà sì guidare l’esecutivo, ma al tempo stesso dovrà rendere conto tanto ad un 40% che ha votato Raisi, a livello politico, quanto ad altre importanti cariche a livello istituzionale: dalla Guida Suprema al Consiglio dei Guardiani, dai leader militari a quelli dei Pasdaran, la politica estera iraniana non può né subire cambiamenti repentini e né essere decisa esclusivamente dal Presidente, bensì deve passare dal vaglio dei rami istituzionali sopra descritti.

    Tiene l’architettura della Rivoluzione del 1979
    Un altro dato importante, accennato in precedenza, riguarda quello dell’affluenza: più di due terzi degli iraniani sono andati alle urne, un fatto che inizia ad essere raro anche nelle democrazie europee ed è molto più che raro nel contesto mediorientale. Questo dimostra come, a prescindere dai candidati per i quali si vota, la Repubblica Islamica ‘tiene il passo’ tra i suoi cittadini che, in fin dei conti, manifestano di non essere disaffezionati né allo strumento del voto né all’impalcatura istituzionale fuoriuscita dalla Rivoluzione Khomeinista del 1979. Il dato non è da sottovalutare anche in chiave estera: il finanziamento, a partire dalla fine degli anni 2000, di diversi canali in lingua Farsi con sede negli USA, ha come obiettivo quello di rendere impopolari molti dettami della Repubblica Islamica, specie tra i giovani, sfruttando anche l’insofferenza dei tanti ancora in cerca di lavoro. Una propaganda che è riuscita solo in parte: è vero che tra chi è nato dopo il 1979 in tanti chiedono incisive riforme ma, al tempo stesso, tali richieste non sembrano riguardare l’architettura istituzionale sorta dopo la presa del potere di Khomeini; risultano invece al momento minoritari se non marginali, almeno in patria, coloro che sostengono l’abbattimento in toto della Repubblica Islamica.

    Mauro Indelicato
    22 maggio 2017
    www.occhidellaguerra.it/iran-perche-della-vittoria-rouhani/
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    00 08/06/2017 22:43
    Se colpiamo il bersaglio sbagliato

    Abbassato il livello di allarme dopo l'attentato di Manchester, gli apparati di sicurezza britannici hanno fatto un altro calcolo sbagliato: dagli errori si dovrebbe imparare, soprattutto quando si avvicinano le elezioni non solo in Gran Bretagna ma anche in Germania e forse pure in Italia. In pieno Ramadan, i jihadisti intendono trasferire lo stato di guerra mediorientale in Europa mentre si va al voto. Ma qual è il vero pericolo per gli americani, gli inglesi e loro alleati arabi del Golfo? L'Iran. E questo dice tutto sul livello di irresponsabilità delle leadership occidentali. E' il messaggio sbagliato venuto dalla visita del Presidente americano Donald Trump in Medio Oriente e che poi è passato anche al G-7: rifornire di armi l'Arabia Saudita con 110 miliardi di commesse ed essere acquiescenti con i piani delle monarchie arabe del Golfo e di Israele, non per abbattere il Califfato ma soprattutto per bloccare l'influenza dell'Iran sciita nella regione. La “Mezzaluna sciita” diventa così un pericolo maggiore dell'ISIS e del jihadismo sunnita che proprio l'Iran insieme alla Russia e al loro alleato Assad e all'Iraq hanno combattuto in questi anni colpendo l'insieme dell'opposizione siriana. Il fatto che gli alauiti di Damasco restino al potere può certamente non piacere ma quali sono le alternative che sono state proposte in questi anni ai regimi autocratici del Medio Oriente? L'abbattimento prima di Saddam in Iraq nel 2003 e poi di Gheddafi in Libia nel 2011 hanno sprofondato nel caos intere Nazioni e una delle eredità lasciate dal fallimentare governo dei Fratelli Musulmani in Egitto, poi abbattuto dal colpo di Stato del generale Al Sisi nel 2013, è stato che il Sinai diventasse un santuario dei jihadisti.

    Ma che cosa hanno pensato le potenze occidentali, tra cui la stessa Gran Bretagna? Hanno fatto credere ai sunniti che avrebbero avuto una rivincita in Siria e in Iraq con la caduta dei regimi alleati della Repubblica Islamica Iraniana e lo smembramento di questi ex stati arabi. Il suo primo viaggio importante all'estero la signora May lo ha fatto a Riad. E ora quali sono i piani di americani, inglesi e giordani? Tagliare il “corridoio” iraniano che attraverso l'Iraq e la Siria rifornisce Damasco e gli Hezbollah libanesi. Prima ancora di combattere un Califfato assediato a Mosul e nella capitale Raqqa, si pensa a contrastare Teheran e magari a usare i jihadisti in funzione anti-sciita. Se questi sono i presupposti della guerra al terrorismo, motivati dai grandi interessi economici e finanziari intrattenuti con le monarchie del Golfo, è evidente che si tenta di spostare il bersaglio della guerra al terrorismo a un altro piano. C'è poco da stupirsi quindi che continuino a rafforzarsi le cellule jihadiste, le quali probabilmente verranno ulteriormente alimentate dal ritorno dei foreign fighters dal Medio Oriente. Eppure quando si parla di “Stati terroristi” viene sempre nominato l'Iran e mai sono citate quelle monarchie petrolifere che per decenni hanno incoraggiato il jihadismo e l'Islam più radicale con le loro ideologie retrograde che custodiscono non la parola del Corano, come vorrebbero fa credere con i loro comportamenti ipocriti, ma gli interessi ristretti di élite contrarie a tutti i valori occidentali.

    Alberto Negri
    04 giugno 2017
    www.ilsole24ore.com/art/mondo/20170604/dovesbagliamolottaterrorismo100439.shtml?uuid=AESFtZYB&refr...
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    00 06/01/2018 19:19
    L’Europa non segue gli Stati Uniti sull’Iran

    La reazione alle piccole proteste in Iran è un altro cuneo tra Stati Uniti ed Europa, esponendo la belluina lobby sionista e la sua influenza su media e politica statunitensi. Il problema dimostra la crescente divergenza tra gli interessi autentici di Stati Uniti e Israele. Alcune dimostrazioni antigovernative e attacchi ad istituzioni pubbliche continuano in Iran. Ma, come mostra il grafico, tali proteste e rivolte continuano a diminuire.



    Le manifestazioni ieri si sono svolte in soli 15 luoghi, mentre dal 28 dicembre 75 città e cittadine hanno visto forme di protesta o incidenti. Oltre alle varie marce filogovernative svoltesi ieri, ognuna delle quali di gran lunga più grande di quelle antigovernative. Le violenze contro la proprietà pubblica di alcuni rivoltosi hanno alienato i legittimi manifestanti, che avevano ampie ragioni nel respingere la politica neo-liberista dell’attuale governo iraniano. L’istigazione alle violenze dall’estero, probabilmente a causa delle macchinazioni della CIA, gli ha usurpato la voce. Già mi chiedevo:“Perché gli Stati Uniti lo fanno? Il piano potrebbe non essere rovesciare immediatamente il governo iraniano, ma istigare una forte reazione del governo iraniano contro i terroristi nel suo Paese… Questa reazione può quindi essere utilizzata per attuare sanzioni peggiori contro l’Iran, in particolare dall’Europa. Sarebbe un altro tassello del grande piano per soffocare il Paese e un ulteriore passo nell’escalation” e “L’amministrazione ha appena chiesto una sessione di emergenza delle Nazioni Unite sulla situazione.

    È una mossa risibile…”. Davvero ridicolo. Altri membri del Consiglio di Sicurezza e il Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite hanno respinto i piani degli Stati Uniti. Non è compito delle Nazioni Unite inserirsi negli affari interni di un qualsiasi Paese. Ma anche per chi crede che l’ONU ne abbia diritto, le proteste in Iran, valutate in non più di 15.000 persone alla volta, e forse 45.000 in totale, sono insignificanti per giustificare qualsiasi reazione delle Nazioni Unite. L’Unione Europea, principale obiettivo dei piani statunitensi per reimporre le sanzioni all’Iran, ha ufficialmente rifiutato tali tentativi. Il Ministro degli Esteri svedese dichiarava che sono “inaccettabili” e che la situazione non lo giustifica.

    Il Presidente francese Macron avvertiva che la rottura delle relazioni con l’Iran porterebbe alla guerra. Era piuttosto esplicito sugli autori di tali mosse:“La Francia ha relazioni solide con le autorità iraniane e vuole mantenere questo legame perché agire in altro modo significa ricostruire surrettiziamente un ‘asse del male’… Vediamo chiaramente il discorso ufficiale di Stati Uniti, Israele e Arabia Saudita, nostri alleati in molti aspetti: è un discorso che ci porterebbe alla guerra con l’Iran”, aggiungeva, osservando senza ulteriori dettagli che si tratta di una “strategia deliberata di certuni”. Il Ministro degli Esteri russo avvertiva gli Stati Uniti contro ogni interferenza negli affari interni dell’Iran.

    Nel frattempo la TV ammiraglia saudita, al-Arabiya, sfidava The Onion affermando che l’Iran aveva convocato Hezbollah, unità irachene e mercenari afghani per sedare le proteste. Il vicepresidente Pence sul Washington Post si lamentava della presunta mancanza di reazione dell’Amministrazione Obama alle proteste in Iran, ma non annunciava alcuna reazione dell’Amministrazione Trump. I redattori del Washington Post aggiungono numerosi editoriali di lobbisti pro-sionisti che attaccano l’Iran e accusano l’Europa di non seguire la linea di Trump. L’anti-iraniana Fondazione per la Difesa delle Democrazie, finanziata da uno speculatore estremista sionista, riceve ampio spazio nei giornali statunitensi:

    Adam H. Johnson @adamjohnsonNYC – 4:04 AM – 3 Jan 2018
    Nelle ultime 72 ore il gruppo pro-cambio di regime radicale FDD ha avuto presenze su NYTimes, Washington Post, NYPost, Politico e WSJ sull’Iran, ripetendo in ciascuno gli stessi punti di discussione triti e interventisti.

    Adam H. Johnson @adamjohnsonNYC – 6:14 PM – 3 Jan 2018
    Avendo esaurito i rispettivi spazi designati nei rispettabili WSJ, WaPo, Politico e NYTimes per questa settimana, il FDD è calato oggi sul Washington Times. Triste!”

    Il blog apparentemente “centrista” Lawfare pubblicava un appello per inviare mine improvvisate con “Penetratori Forgiati Esplosivi” ai manifestanti iraniani (durante l’invasione dell’Iraq, la resistenza locale li usò contro gli occupanti statunitensi. Le forze armate statunitensi mentirono affermando che provenissero dall’Iran). Il redattore di Lawfare, il famigerato Benjamin Wittes, sembra essere d’accordo: scrive che non pubblica mai nulla di suo sul suo sito. L’unica lamentela riguarda il fatto che la richiesta di armare i rivoltosi in Iran manca di valido ragionamento giuridico. Ci si chiede come reagiranno gli scrittori di Lawfare se la Cina consegnasse armi anticarro alla prossima incarnazione di Occupy Wall Street). C’è una grande campagna negli Stati Uniti che segue le manifestazioni piuttosto ridotte in Iran. La campagna è volta a creare un’atmosfera da guerra. I media danno ampio spazio, ma gli Stati Uniti sono soli. L’Arabia Saudita è una tigre di carta che non conta niente ed Israele non può fare nulla contro l’Iran.

    L’Asse della Resistenza è pronto alla guerra, dice il leader di Hezbollah Nasrallah, spiegando che sarà condotta in Israele. Stephen Kinzer sottolinea che l’ostilità statunitense per l’Iran e il suo governo non ha alcun senso strategico:“La storia decreta che qualsiasi governo iraniano dev’essere fortemente nazionalista e un vigile difensore degli sciiti ovunque, quindi l’idea che il “cambio di regime” produca un Iran filo-USA è fantasia. La sicurezza degli Stati Uniti non sarà seriamente compromessa dal corso della politica interna dell’Iran… Nel 1980 il Presidente Carter proclamò che qualsiasi sfida al dominio statunitense del Golfo Persico sarebbe stata considerata “assalto agli interessi vitali degli Stati Uniti d’America”.

    Era guidato dagli imperativi globali della sua era. Gran parte del petrolio statunitense arrivava dal Golfo Persico e l’occidente non poteva rischiare di cederlo al potere sovietico. Oggi non esiste l’Unione Sovietica e non ci affidiamo più al petrolio del Medio Oriente. Tuttavia, sebbene le basi della nostra politica siano svanite, essa rimane invariata, una reliquia del passato”. Kinzer ha ragione sull’assenza di argomenti strategici. Ma trascura l’influenza della lobby sionista e il suo interesse nel trascinare gli Stati Uniti nella distruzione di qualsiasi potenziale avversario al suo colonialismo. L’autentico interesse del popolo degli Stati Uniti non è ciò che guida la politica statunitense, non lo è da tempo (se mai lo è stato).

    Fonte: www.moonofalabama.org/2018/01/iran-europe-rejects-us-drive-to-...
    4 gennaio 2018

    Traduzione: Alessandro Lattanzio
    aurorasito.wordpress.com/2018/01/05/leuropa-non-segue-gli-stati-uniti-s...
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    00 06/01/2018 19:40
    Gli Stati Uniti all’ONU sono da soli anche sulla questione iraniana

    Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (UNSC) è stato convocato venerdì dagli USA per una riunione sugli ultimi eventi all’interno dell’Iran, ma la sessione, che non era programmata, ha visto molti membri del Consiglio, compresi gli alleati di Washington, criticare la Casa Bianca durante il dibattito per via del coinvolgimento dello stesso Consiglio negli affari interni dell’Iran, ritenuto inappropriato, e per il fatto che gli Stati Uniti cercano di collegarvi le proteste per l’accordo sul nucleare multinazionale del 2015. Durante la sessione di venerdì, l’ambasciatore degli Stati Uniti all’ONU Nikki Haley ha dato un resoconto esagerato di una serie di scontri della settimana scorsa sparsi in alcune aree in Iran e ha detto che Washington rimmarrà fermamente accanto ai “manifestanti” iraniani, tentando di portare altri membri dell’ONU a bordo con Washington contro la Repubblica Islamica. Un precedente tentativo americano di convocare l’UNSC era fallito all’inizio di questa settimana. Lo show politico di Haley è presto finito nei guai quando i suoi commenti ostili contro l’Iran sono stati accolti da una fredda risposta da Russia, Cina e Francia, da tre membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’ONU e da molti altri membri del Consiglio. L’ambasciatore russo presso l’ONU Vasily Nebenzya ha accusato gli Stati Uniti di “abusare” della piattaforma dell’UNSC.

    “Perché gli Stati Uniti, un membro permanente del Consiglio di Sicurezza e uno degli autori della Carta delle Nazioni Unite, minano l’autorità del Consiglio di Sicurezza come l’organismo principale responsabile del mantenimento della pace e della sicurezza internazionali? Penso che sia ovvio per tutti che il tema scelto oggi non rientra nei parametri stabiliti dalla Carta delle Nazioni Unite per questo Consiglio di Sicurezza”, ha detto. L’inviato russo ha anche sottolineato che l’incontro del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite era in realtà inteso a minare l’accordo nucleare del 2015 tra l’Iran e le sei potenze mondiali, ufficialmente chiamato Piano d’Azione Globale Congiunto (JCPOA). “State disperdendo l’energia del Consiglio di Sicurezza, invece di concentrarlo sulla gestione delle principali situazioni di crisi in Afghanistan, Siria, Libia, Iraq, Yemen, Corea del Nord e nel continente africano. Invece di ciò, state proponendo di interferire negli affari interni di uno Stato”, ha affermato il funzionario russo. “Non vogliamo essere coinvolti nella destabilizzazione dell’Iran o di qualsiasi altro Paese”, ha detto. Allo stesso modo, l’ambasciatore della Cina Wu Haitao ha detto che il Consiglio di Sicurezza ha il compito di mantenere la pace internazionale e non dovrebbe essere “la sede per discutere della situazione dei diritti umani di qualsiasi Paese”.

    “La situazione iraniana non rappresentava una minaccia per la pace e la sicurezza internazionali e discutere la sua situazione interna non faceva parte delle responsabilità del Consiglio, come delineato nella Carta”, ha sottolineato. Anche la Francia ha preso le distanze dagli Stati Uniti, con l’Ambasciatore delle Nazioni Unite François Delattre che afferma che le recenti proteste in Iran non minacciano la sicurezza internazionale. “Per quanto possano essere preoccupanti gli eventi degli ultimi giorni in Iran, non costituiscono di per sé una minaccia alla pace e alla sicurezza internazionali. Dobbiamo reagire in modo adeguato a ciò che sta accadendo”, ha detto. “Ma dobbiamo stare attenti a qualsiasi tentativo di sfruttare questa crisi per fini personali, che avrebbe il risultato diametralmente opposto a quello che si desidera”. Kairat Umarov, rappresentante del Khazakstan, che funge anche da Presidente del Consiglio, ha affermato che il suo Paese considera gli eventi che si svolgono in Iran “una questione interna che non rientra nel mandato del Consiglio di Sicurezza”. Nel frattempo, la rappresentante della Svezia, Irina Schoulgin Nyoni, ha sottolineato che Stoccolma ha “riserve sul formato e sui tempi di questa sessione”.

    Ha inoltre sostenuto il JCPOA, affermando che “l’implementazione continua dell’accordo è stata di fondamentale importanza”. “Non è una buona iniziativa tenere questo incontro, nella consapevolezza che, come in altre occasioni, abbiamo chiaramente intenzione, per alcune missioni, di portare l’attenzione di questo Consiglio di Sicurezza su questioni il cui trattamento non corrisponde a questa assemblea”, ha dichiarato Pedro Luis Inchauste Jordán, Ministro Consigliere dell’Ambasciatore boliviano presso le Nazioni Unite. Nel suo discorso il diplomatico boliviano ha respinto in modo “categorico” l’“intenzione manifesta” di affrontare in quell’entità questioni che non costituiscono minacce alla pace e alla sicurezza internazionale. “Dovrebbe essere chiaro agli occhi della comunità internazionale che la situazione nella Repubblica islamica dell’Iran non è una questione che è considerata parte dell’ordine del giorno di questo Consiglio e siamo preoccupati che si stia cercando di forzare la sua inclusione come tema del Medio Oriente”, ha sottolineato. Ha poi menzionato la condanna “più categorica” del Presidente del suo Paese, Evo Morales, all’intera minaccia di interferenze negli affari interni che potrebbero essere commessi contro il popolo e il governo della Repubblica Islamica dell’Iran.

    Rivolgendosi alla sessione, l’Ambasciatore iraniano alle Nazioni Unite, Gholamali Khoshroo, ha espresso rammarico per il fatto che il Consiglio sia stato costretto a riconvocare e discutere una questione “puramente interna”. “È spiacevole che, nonostante la resistenza da parte di alcuni dei suoi membri, questo Consiglio si sia lasciato strumentalizzare dall’attuale amministrazione statunitense nel tenere una riunione su un problema che esula dall’ambito del suo mandato, ponendo in fallimento il Consiglio nell’adempiere alla sua reale responsabilità nel mantenimento della pace e della sicurezza internazionali”, ha affermato. L’ambasciatore iraniano ha assicurato che la Repubblica Islamica ha prove inconfutabili che le rivolte e gli atti di violenza nel Paese sono stati diretti dall’estero. “Abbiamo una forte evidenza secondo cui la violenza in Iran da parte di una manciata di manifestanti, che in alcuni casi hanno preso le vite di agenti di polizia e di sicurezza, è stata diretta dall’estero”, ha detto.

    Il Ministro degli Esteri iraniano Javad Zarif ha anche pubblicato un tweet in risposta all’incontro, definendolo un altro “errore” per la politica estera degli Stati Uniti. “L’UNSC respinse il tentativo nudo degli USA di dirottare il suo mandato. La maggioranza ha sottolineato la necessità di attuare pienamente il JCPOA e di astenersi dall’interferire negli affari interni di altri. Un altro errore di politica estera per l’Amministrazione Trump”, ha scritto Zarif. La settimana scorsa, alcune città iraniane sono state colpite da rivolte sparpagliate, che hanno seguito una serie di manifestazioni pacifiche su questioni economiche. Tuttavia, le forze di polizia iraniane, appoggiate dalla gente del posto, sono intervenute in tempo e hanno posto termine alle violenze, che hanno visto vandali ed elementi armati lanciare attacchi contro proprietà pubbliche, moschee e stazioni di polizia. Più di una dozzina di persone sono morte in mezzo alle violenze.

    6 Gennaio 2018
    mondoinformazionegeopolitica.wordpress.com/2018/01/06/gli-stati-uniti-allonu-sono-da-soli-anche-sulla-questione-i...
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    00 27/11/2018 01:44
    Della vigliaccheria francese approfitta la Cina, che con CNPC sostituisce TOTAL nello sviluppo del ricchissimo giacimento iraniano di gas "South Pars"

    Teheran afferma che il colosso energetico statale cinese CNPC ha sostituito Total nel progetto multimiliardario del gas South Pars, dopo che la società francese ha lasciato l'Iran a causa del ritorno delle sanzioni statunitensi. Il Ministro iraniano del Petrolio Bijan Zangeneh ha detto domenica all'agenzia di stampa ICANA che CNPC inizierà le operazioni nel progetto, senza fornire ulteriori dettagli. "La società cinese CNPC ha ufficialmente sostituito Total nella fase 11 di South Pars, ma non ha ancora iniziato a lavorare praticamente", ha detto. "I colloqui dovrebbero essere tenuti con CNPC per determinare quando inizierà la sua attività operativa ed esecutiva". Nel 2017 Total ha firmato un contratto per lo sviluppo della fase 11 del giacimento di gas naturale South Pars con un investimento iniziale di 1 miliardo di dollari. È stato il primo grande investimento di energia occidentale in Iran dopo che le sanzioni sono state revocate in base all'accordo nucleare del 2015 firmato tra Teheran e sei Paesi del mondo, compresi gli Stati Uniti. Tuttavia Total, che aveva una quota del 50,1 percento in South Pars, ha abbandonato il progetto ad agosto, dopo che non è riuscito a ottenere una deroga dagli Stati Uniti, che si è ritirata dall'accordo nucleare a maggio e ha reimposto l'anti-unilaterale. L'Iran ha sanzionato la revoca secondo il documento internazionale.

    Suleiman Kahani
    26 novembre 2018
    palaestinafelix.blogspot.com/2018/11/dellavigliaccheriafranceseapprofitta.htmlfbclid=IwAR3duCxUV0DlgJz7avIeC66rGIXSKVgdRWtwnLe1yGTP_iEpC7C...
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    00 29/11/2019 01:38
    Iran – Arrestate 8 persone collegate alla CIA

    Le autorità iraniane hanno arrestato la scorsa settimane almeno 8 persone collegate alla CIA. A dirlo è stata ieri l’agenzia ufficiale iraniana IRNA. “Questi elementi”, scrive IRNA riportando le parole del Ministro dell’Intelligence iraniano, “hanno ricevuto un addestramento finanziato dalla CIA in vari Paesi mentre erano sotto copertura come giornalisti-cittadini. Sei di loro sono stati arrestati mentre partecipavano ai disordini ed eseguivano gli ordini [della CIA]. Gli altri due mentre tentavano di mandare informazioni all’estero”. La notizia degli arresti giungeva qualche ora dopo che la Guida Suprema Ali Khamenei descriveva le due settimane di protesta anti-governative come una “cospirazione molto pericolosa”. “Il popolo ha sventato un vasto e profondo complotto su cui sono stati spesi molti soldi per la distruzione, la crudeltà e l’omicidio di persone”, ha spiegato la massima figura religiosa del Paese partecipando ad un raduno dei Basij, la forza volontaria della Guardia Rivoluzionaria Iraniana, che sarebbe stata in prima linea nel reprimere le proteste degli scorsi giorni. Una repressione dai contorni ancora poco chiari: il governo non ha infatti ancora presentato numeri ufficiali sui morti e i feriti delle manifestazioni antigovernative scoppiate a metà novembre. L’ONG internazionale per i diritti umani Amnesty International ha accusato Teheran di aver ucciso almeno 143 persone, dato che è stato duramente criticato dalle autorità iraniane in quanto privo di prove. Duro è anche il commento di Human Rights Watch (HRW), che ha accusato ieri il Governo Rouhani di aver “deliberatamente insabbiato” l’entità della repressione. HRW ha pertanto invitato le autorità a fornire “immediatamente il numero di morti e degli arresti e permettere una inchiesta indipendente sui presunti abusi compiuti”.

    Michael Page, vicedirettore per il Medio Oriente di Human Rights Watch, ha poi spiegato che “tenere le famiglie all’oscuro su quanto accaduto ai loro cari, mantenendo vivo un clima di paura e rappresaglia, è una deliberata strategia da parte del governo per soffocare il dissenso”. Per molti giorni, a partire dal 16 novembre, Teheran ha bloccato internet, limitando le comunicazioni con il mondo esterno nel tentativo così di limitare la diffusione delle proteste. La situazione sembra essere migliorata ora, sebbene la presenza della rete sui telefoni cellulari resti ancora difficile. Proprio alla rete, e per la precisione a Twitter, ieri si era affidato la Guida Suprema per esprimere “la sua sincera gratitudine e apprezzamento” agli iraniani. “Il popolo”, ha cinguettato, “ha dimostrato di nuovo di essere potente e grande e ha sconfitto con la sua presenza il grande complotto del nemico”. Il tweet puntava il dito precisamente contro “l’arroganza globale e il sionismo”, in un chiaro riferimento ai due principali rivali iraniani, gli Stati Uniti d’America e Israele. Dopo quasi due settimane di silenzio, intanto, ieri è arrivata una prima conferma da parte di Teheran sulla consistenza delle dimostrazioni anti-governative, le più grandi da almeno 10 anni a questa parte (nel 2009 fu il Movimento Verde a portare in piazza migliaia di giovani contro l’allora Presidente Ahmadinejad). Il Ministro degli Interni Abdolreza Rahmani Fazli ha detto infatti che almeno 200.000 persone hanno preso parte alle proteste.

    Secondo quanto dichiarato da Fazli, i dimostranti hanno danneggiato 50 stazioni di polizia, 34 ambulanze, 731 banche e 70 stazioni di benzina. Citato dall’agenzia Iran, il ministro ha detto che “abbiamo individui uccisi da coltelli, colpi di pistola e incendi”. E mentre la situazione resta tesa nella Repubblica Islamica a causa della difficile condizione economica resa insostenibile dal recente aumento dei prezzi del carburante, su cui pesano però fortemente le sanzioni e i blocchi statunitensi decisi dall’Amministrazione USA di Donald Trump dopo il ritiro dall’accordo sul nucleare iraniano, continuano le manifestazioni contro il governo iracheno in Iraq. Proteste che spesso hanno avuto palesi tratti anti-iraniani. L’ultimo caso evidente ieri, quando un gruppo di dimostranti ha assaltato il consolato iraniano nella città di Najaf (non si sono registrate vittime). L’attacco ha mandato su tutte le furie Teheran che, tramite il portavoce del Ministero degli Esteri Abbas Moussavi, ha chiesto a Baghdad “una risposta ferma contro gli aggressori”. Le autorità irachene, responsabili finora dell’uccisione di oltre 320 dimostranti, hanno subito decretato il coprifuoco nell’area. Molti manifestanti iracheni accusano le forze straniere, soprattutto l’Iran, del baratro economico e sociale in cui versa il loro Paese.

    28 novembre 2019
    nena-news.it/iran-arrestate-8-persone-collegate-alla-cia/?fbclid=IwAR3AY-G7YPZC_OcDPSX1iORu5g8uxEk3zoJ4gJQhisFuzYAZNTx...
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    wheaton80
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    00 09/01/2020 22:57
    Le conseguenze della risposta missilistica dell’Iran



    La risposta iraniana all’omicidio di Qasim Sulaymani avveniva nell’attacco missilistico diretto contro delle basi statunitensi in Iraq di Ayn al-Asad, nella provincia di Anbar, nell’Iraq occidentale, e di Irbil, nel Kurdistan iracheno. Nell’attacco la Forza Aerospaziale dell’IRGC impiegava 22 missili balistici Fateh-313 e Qyam, rispettivamente dalla gittata di 500 km e di 800 km; 17 sono stati lanciati su Ayn al-Asad e 5 su Irbil, secondo il comando iracheno. I missili Fateh-313 hanno una velocità così alta che i sistemi di difesa nordamericani non poterono intercettarli, mentre i missili Qyam erano dotati di sistemi di disturbo radar e testate a frammentazione. I missili sono stati lanciati dall’area di Tabriz (contro Irbil) e da Kermanshah (contro Ayn al-Asad). I funzionari iraniani riferiscono che almeno 80 militari statunitensi sono stati eliminati e 200-300 feriti dall’attacco, che distruggeva 9 hangar per aeromobili, come droni ed elicotteri. Infatti, la base aerea di Ayn al-Asad era la base più moderna dell’Iraq baathista; fu costruita dagli jugoslavi ed è dotata di 33 hangar corazzati, bunker e strutture protette; benché pesantemente attaccata durante la Guerra del Golfo, ne uscì intatta. Solo una parte di essa è oggi utilizzata dagli Stati Uniti. Nel giugno 2017, l’IRGC utilizzò i Qyam per colpire obiettivi del SIIL in Siria, ma i missili lanciati avevano testate regolari, poiché gli obiettivi erano raggruppati su una piccola area. Le testate a frammentazione dei missili Qyam lanciati su Ayn al-Asad hanno causato decine di esplosioni nella base aerea statunitense. Con questa operazione in risposta all’assassinio di Sulaymani:

    1) L’Iran ha ottenuto l’adozione dal parlamento iracheno della decisione ufficiale di far ritirare le truppe statunitensi
    2) L’Iran esce completamente dall’accordo nucleare liberandosi da vincoli e restrizioni sul suo programma nucleare
    3) L’attacco inflitto alle basi nordamericane in Iraq, con l’Operazione “Martire Sulaymani”, ha dimostrato che l’Iran può bombardare le forze statunitensi senza che gli USA possano reagire, consolidando ufficialmente la posizione dell’Iran a potenza regionale militarmente inattaccabile
    4) Sono state denunciate le azioni degli Stati Uniti e giustificate le azioni dell’Iran presso gli organismi internazionali, come il Segretario Generale delle Nazioni Unite e il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite
    5) Gli alleati dell’Iran in Libano, Iraq e Yemen hanno adottato misure di ritorsione

    Ciò muta la situazione generale in Medio Oriente, con gli USA impossibilitati a rispondere militarmente all’operazione iraniana, perché ciò significherebbe una grande guerra che Washington non può permettersi. Inoltre, non è impossibile che gli statunitensi abbiano reagito all’attacco, sia abbattendo il Boeing ucraino (e non è un caso che Teheran abbia deciso di non consegnare le scatole nere dell’aereo alla Boeing, la principale industria bellica degli USA insieme alla Lockheed-Martin), sia cercando di colpire la centrale elettronucleare di Bushehr, dove secondo l’Istituto Geologico degli USA (un ramo delle agenzie d’Intelligence elettronica NSA e NRO) vi sarebbe stata una scossa proprio nelle ore della risposta iraniana. Entrambe le azioni, essendo fallite miseramente, e con mezzo esercito statunitense in stato di probabile sommossa, avrebbero spinto Trump e i neocon a moderarsi, visti anche lo stato di debolezza degli USA, il terrore negli occhi degli alleati sionisti e sauditi e la paura di subire una sonora sconfitta militare proprio in un anno elettorale.

    Alessandro Lattanzio
    aurorasito.altervista.org/?p=9766
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    00 04/08/2020 00:19
    Iran - Arrestato il leader del gruppo terroristico Tondar, con base negli Stati Uniti

    I media iraniani hanno riferito dell'arresto del capo di un "gruppo terroristico con base negli Stati Uniti". Secondo l'agenzia Fars , è Jamshid Sharmahd, che sarebbe dietro un attacco terroristico perpetrato nella città iraniana di Shiraz nel 2008, e che ha anche gestito e progettato operazioni di terrorismo e sabotaggio dagli Stati Uniti. Sharmahd, il leader del gruppo terroristico Tondar, è stato arrestato in una complessa operazione condotta dalle forze di sicurezza iraniane ed è ora nelle mani del Ministero dell'Intelligence del Paese, hanno annunciato le autorità persiane. Tondar, noto anche come Assemblea del Regno dell'Iran, o Soldati dell'Assemblea del Regno dell'Iran, è un gruppo terroristico armato che cerca di rovesciare l'attuale governo e ripristinare la monarchia in Iran, spiega l'agenzia. "La sorveglianza di ignoti soldati dell'Imam Zaman (le forze dell'Intelligence iraniana) di un gruppo terroristico con base negli Stati Uniti ha portato all'arresto del leader di questo gruppo terroristico", hanno riferito i media statali iraniani. Tondar ha rivendicato la responsabilità di un'esplosione nel 2008 nella moschea di Hosseynieh Seyed al Shohada a Shiraz, uccidendo 14 persone e ferendone altre 215. Il gruppo aveva anche pianificato diversi altri atti terroristici in Iran negli ultimi anni, che sono stati contrastati con successo dalle forze di sicurezza iraniane.

    01/08/2020
    www.lantidiplomatico.it/dettnews-iran_arrestato_il_leader_del_gruppo_terroristico_tondar_con_base_negli_stati_uniti/82_36559/?fbclid=IwAR1v-fSNfcQvUnzSFK004tZOO8n0R0RFiImZtGmJ_x8O--WL5XC...
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    wheaton80
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    00 18/11/2022 01:53
    CIA voleva scatenare guerra civile in Iran ma ha fallito

    La CIA (Central Intelligence Agency) degli Stati Uniti ha fornito finanziamenti e formazione per scatenare una “rivolta” armata in Iran sotto la copertura delle organizzazioni civili, ma i suoi piani sono falliti, afferma un rapporto pubblicato venerdì dal Ministero degli Esteri iraniano. Il rapporto, declassificando alcuni importanti documenti dell’Intelligence, afferma che Washington, assistita dalla Gran Bretagna e dal regime israeliano, sta portando avanti i suoi piani per alimentare una ribellione armata per il cambio di regime in Iran. L’Arabia Saudita e altri Paesi hanno finanziato i complotti. Gli USA si sono rivolti alle organizzazioni civili per creare reti e comunicazioni all’interno dell’Iran per perseguire le loro cospirazioni sovversive. Hanno iniziato con una “guerra morbida universale” e hanno cercato di mobilitare i dissidenti contro il governo e di coordinare i loro sforzi per l’obiettivo finale. La CIA ha tenuto corsi di formazione per gli elementi reclutati in Turchia, Emirati Arabi Uniti, Paesi Bassi, Armenia, Georgia, Malesia, Indonesia, Thailandia, Repubblica Ceca, Sud Africa, Italia e Isole Seychelles. Questi elementi avevano il compito di promuovere la violenza, gli scontri di strada e reclutare membri nelle cosiddette ONG. Le organizzazioni reclutate dalla CIA includevano Unity for Iran, Justice for Iran, Irex, House of Freedom, Small Media, Siamak Burumand Foundation, Center for Human Rights Defender Association e diverse altre. Gli Stati Uniti hanno pagato tutte le loro spese, compresi i voli e gli hotel. Gli obiettivi principali di questi mercenari erano offendere i Sacri Imam, incendiare moschee e il Corano, uccidere agenti di sicurezza e forze dell’ordine, attaccare posti e quartier generali militari e delle forze dell’ordine e attaccare il clero.

    CIA e Mossad avviano campagna di reclutamento mercenari
    Le agenzie di Intelligence americane e israeliane hanno lavorato per identificare e reclutare “teppisti e sbandati” in viaggio all’estero. Hanno compiuto enormi sforzi per finanziarli, armarli e addestrarli agli scontri con le forze governative, alle operazioni di sabotaggio contro siti vitali e alla diffusione della violenza in tutto l’Iran contro la polizia e le forze di Basij. Inoltre, gli Stati Uniti hanno sostenuto i gruppi terroristici come PAK, Pejak e MKO per operazioni interne all’Iran. Il cyberspazio è un’altra area in cui la CIA e il Mossad hanno lavorato duramente per mobilitare personale e promuovere una campagna di odio all’interno della società iraniana. Twitter è stata la piattaforma preferita per una “guerra cognitiva” contro gli iraniani. I suoi algoritmi e l’IA sono stati manipolati per produrre contenuti che invitano alla lotta armata contro il governo e i suoi sostenitori. Il rapporto dell’Intelligence ha affermato che anche i canali televisivi satellitari hanno aiutato questa cospirazione. La BBC Persian, finanziata dal governo britannico, e la rete di notizie Iran International, finanziata dall’Arabia Saudita, hanno completamente cambiato i loro orari di trasmissione dopo l’inizio delle proteste in Iran, pubblicando notizie false e fomentando la violenza. Tutti questi sforzi e questa montagna di dollari investiti non hanno prodotto altro che morte e terrore, senza raggiungere nessuno degli obiettivi prefissati.

    17/11/2022
    ilfarosulmondo.it/cia-voleva-scatenare-guerra-civile-in-iran-ma-ha-...
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