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No alla repressione in SIRIA DEI DISSIDENTI AL REGIME DITTATORIALE.

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    Flora666
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    00 03/08/2011 17:10
    No alla repressione delle opposizioni.
    [SM=x268946] Sento ormai da troppi giorni delle repressioni in SIRIA DEI MILITARI CONTRO COLORO CHE VOGLIONO LA DEMOCRAZIA IN QUEL PAESE:SENTO AI TG CHE CI SONO VITTME E FERITI INERMI IN QUELLE STRADE E HA ME DISPIACE MOLTISSIMO PER QUELLE PERSONE.ILPOPOLO SIRIANO HA BISOGNO DI DEMOCRAZIA E DEMOCRAZIA DEVE ESSERE ANCHE CON L'INTERVENTO DELLA COMUNITA' INTERNAZIONALE PULTROPPO.VIVA LA DEMOCRAZIA IN SIRIA!.NO AL REGIME DITTATORIALE SIRIANO!.
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    J.P. Morgan
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    00 28/10/2011 02:32
    Gheddafi è stato linciato, fine di un dittatore che aandava contro i potenti occidentali che ha nazionalizzato le imprese petrolifere.


    Gli oppositori finanziati (chissà come mai...) dagli occidentali prendono il potere, inizio di Al- Qaeda in Libia. [SM=x268933]
    |-=Governare gli italiani non è facile, è inutile.=-|

    Benito Mussolini
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    wheaton80
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    00 13/12/2012 00:01
    Siria, Obama pronto a riconoscere l'opposizione. Ma attacca gli estremisti di al Nusra

    Il presidente Usa annuncia la svolta anti-Assad. Anche gli "amici della Siria" riconoscono la coalizione dell'opposizione nella bozza di dichiarazione del gruppo riunito a Marrakesh. Gli estremisti vicini ad Al Qaeda inseriti dagli Stati Uniti nella lista delle organizzazioni terroristiche. La Russia critica: "Una decisione che viola gli accordi di Ginevra". Attentati a Damasco, una vittima

    NEW YORK - Svolta di Barack Obama sulla Siria: il presidente americano ha detto in un'intervista televisiva di essere pronto a riconoscere quale rappresentante del popolo della Siria la Coalizione nazionale delle opposizioni. E questo poche ore dopo che il gruppo di ribelli filo-Al Qaeda del Fronte al Nusra, che combatte contro il regime del presidente siriano Basrah al Assad, è stato invece ufficialmente iscritto dal Dipartimento di Stato nella lista nera delle organizzazioni terroristiche.

    Intanto, sul terreno, la situazione è sempre più difficile: una persona è rimasta uccisa e diverse ferite nell'esplosione di ordigni dietro il Palazzo di Giustizia a Damasco, in pieno centro. Nel pomeriggio un'altra esplosione è avvenuta nei pressi del ministero degli Interni.

    Obama riconosce l'opposizione. "Abbiamo deciso che la Coalizione dell'opposizione siriana è ora sufficientemente inclusiva e rappresentativa del popolo siriano che si batte contro il regime di Assad", ha detto Obama, aggiungendo che, "ovviamente, questo riconoscimento comporta delle responsabilità" e pertanto la coalizione dovrà essere certa di fare in modo di rappresentare realmente tutte le parti della popolazione e impegnarsi a una vera transizione politica che rispetti diritti delle minoranze e delle donne".

    A Marrakesh riunione amici del popolo siriano. Anche il gruppo degli 'amici del popolo siriano', ovvero le oltre 120 delegazioni di paesi ed organizzazioni internazionali, riuniti a Marrakesh, riconoscono la nuova coalizione dell'opposizione come "il legittimo rappresentante del popolo siriano". Posizione condivisa dalla Farnesina, attraverso l'inviato speciale del ministro degli Esteri Giulio Terzi per il Mediterraneo e Medio Oriente a Marrakesh Maurizio Massari. Al presidente Bashar al-Assad viene chiesto di farsi da parte: è questo il contenuto della bozza di dichiarazione finale della riunione, la quarta dopo quelle tenutesi nei mesi scorsi a Tunisi, Istanbul e Parigi. Gli amici del popolo siriano avvertono anche Assad che ogni utilizzo di armi chimiche o biologiche andrà incontro ad una "risposta seria".

    Da Marrakesh il portavoce della coalizione dell'opposizione siriana, Walid al-Bunni, chiede che oltre al riconoscimento arrivi anche un "sostegno concreto" da parte della comunità internazionale. Lo stesso presidente della coalizione, Mouaz Khatib, ha esortato la minoranza alawita nel Paese a lanciare una campagna di disobbedienza civile contro il presidente Assad. E ha avvertito che se Assad userà le armi chimiche contro i ribelli la responsabilità sarà delle potenze mondiali, in particolare della Russia.

    Damasco, intanto, ha spiccato un mandato internazionale d'arresto a carico dell'ex primo ministro libanese Saad Hariri, attuale leader dell'opposizione nel Paese dei Cedri, accusato dalle autorità libanesi aver fornito armi ai ribelli della Siria per aiutarli a rovesciare il presidente Bashar al-Assad.

    La decisione di Washington è stata criticata da Mosca, secondo cui la scelta di riconoscere le opposizioni viola gli accordi raggiunti a Ginevra a giugno. "Evidentemente gli Usa hanno deciso di puntare tutto sulla vittoria armata della coalizione", ha detto il ministro degli Esteri russo, Serghiei Lavrov, dichiarandosi "stupito". Da Londra intanto arriva un duro avvertimento ad Assad: la Gran Bretagna non esclude alcuna opzione pur di salvare la vita delle persone in Siria, fa sapere il ministero degli Esteri britannico.

    L'attacco agli islamisti. Il presidente Usa ha al tempo stesso precisato che "non siamo d'accordo con tutti coloro che sul campo combattono contro Assad", riferimento esplicito al Fronte al Nusra. "Ci sono alcuni - ha rimarcato - che hanno adottato un'agenda estremista, antiamericana". E per questo il fronte al Nusra è da oggi sulla Lista Nera, e in quanto emanazione del 'ramo' iracheno di Al Qaeda, sottolinea Washington, deve essere isolato.

    E' necessario, secondo gli Usa, impedire che quando il regime di Assad sarà crollato esso possa partecipare alla spartizione del potere, o addirittura tentare di impadronirsene con la forza.

    Si tratta di un gruppo formato da veterani che hanno combattuto in Iraq contro le forze Usa e che in Siria si sta dimostrando particolarmente forte. Secondo quanto ha affermato un iracheno che combatte con gli insorti siriani citato dal New York Times in una corrispondenza da Baghdad, "dopo la caduta di Bashar al Assad ci saranno combattimenti tra i vari gruppi" di ribelli. "Tutti si unificheranno contro il Fronte al Nusra", che è formato da persone che "come serpenti spargono veleno".

    Ma la questione è complessa, visto che il Fronte al Nusra è anche la più efficace forza che nel mattatoio siriano si batte contro le forze leali di Assad, e per questo ammirata e sostenuta da una ampia fetta della popolazione. Ribelli che combattono attorno ad Aleppo hanno criticato la decisione di Washington di prendere di mira il Fronte. Affermano, secondo quanto riferisce in sintesi la Cnn online, che gli Usa di fatto "non hanno dato aiuti, e sono rimasti a guardare mentre migliaia di persone venivano massacrate dalle armi pesanti di Assad. E ora, per aggiungere insulto all'ingiuria, Washington mette nella lista di proscrizione uno dei più efficaci gruppi di combattenti".

    12 dicembre 2012
    www.repubblica.it/esteri/2012/12/12/news/obama_riconosce_ribelli-4...

    Nota personale: questo articolo non l'ho postato tanto per il rionoscimento dell'opposizione, quanto, come da sottolineatura, per l'ammissione ufficiale che essa sia praticamente guidata da Al-Qaeda
    [Modificato da wheaton80 13/12/2012 00:06]
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    wheaton80
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    00 29/12/2012 00:10
    Siria: Apocalisse annullata

    La situazione in Siria si è alleggerita negli ultimi giorni. Gli statunitensi ritirano l’USS Eisenhower e il gruppo anfibio dell’USS Iwo Jima dal Mediterraneo orientale. Il presidente Obama si aspetta che questo passo ‘allevi la tensione nella regione’. Che tipo di tensione si è avuto, per divenire motivo di preoccupazione improvvisa per il governo statunitense, dopo 22 mesi di interferenza diretta negli affari siriani?

    Diamo un breve sguardo ai recenti eventi. La decisione della NATO di implementare sistemi missilistici Patriot sul confine Turchia-Siria all’inizio di dicembre, è stata affrettata. La giustificazione dello schieramento per la presunta difesa del territorio turco contro granate e proiettili occasionali provenienti dalla Siria, è ridicola. Il sistema Patriot non è in grado di fornire tale protezione. È progettato per scopi antiaerei e ha una limitata capacità anti-missili tattici. Così i Patriot in Turchia dovrebbero contrastare solo i MIG siriani. Ma questo scenario è impossibile in Turchia, nel caso non invada la Siria. Allo stesso tempo, i gruppi d’attacco degli Stati Uniti sono arrivati nel Mediterraneo orientale, indicando la preparazione della NATO a un potenziale intervento terrestre.

    In risposta la Russia ha rafforzato la sua flotta nella zona. Un gruppo d’attacco russo guidato dall’incrociatore pesante Moskva sarà affiancato da diverse navi da guerra (incrociatori, navi d’assalto anfibio e cacciatorpediniere) delle flotte russe del Nord e del Baltico, che dovrebbero arrivare nel Mediterraneo orientale la prossima settimana. Ufficialmente le navi da guerra compiono esercitazioni e rifornimenti nella base russa di Tartus in Siria, sulla via per la missione anti-pirateria in Somalia. Il loro coinvolgimento nel confronto sulla Siria è solo questione della volontà politica della leadership russa. Di conseguenza la concentrazione delle marine che si affrontano al largo della costa siriana da metà dicembre, era quasi minacciosa. La decisione degli Stati Uniti di ritirare le navi da guerra ha notevolmente irritato la Turchia, rimasta senza il sostegno degli Stati Uniti in caso di escalation militare, ma ciò ha ridotto al minimo la possibilità di un simile scenario.

    Questa ritirata non è la prima degli Stati Uniti: lo stesso è accaduto quando un jet turco è stato abbattuto a giugno o quando Israele ha suscitato lo spauracchio delle armi chimiche siriane a luglio. Oltre alla vigorosa posizione russa sulla questione siriana, un altro fattore che ha causato questa tendenza positiva nella situazione siriana è la politica interna degli Stati Uniti. Il ‘virus allo stomaco’ che di recente ha disturbato la signora Clinton, potrebbe essere considerata una malattia diplomatica che le ha permesso di evitare la partecipazione alla seduta aperta alla Camera sugli attentati di Bengasi, dove rimase ucciso l’ambasciatore degli Stati Uniti in Libia, a settembre.

    Questo assassinio è una conseguenza diretta del fallimento della politica estera degli Stati Uniti in Medio Oriente, degli ultimi anni, come è stato riconosciuto da Daniel Benjamin, coordinatore per la lotta al terrorismo del Dipartimento di Stato:“…La rivoluzione libica ha liberato le mani a ogni gruppo estremista e ha dato luogo a un terrorismo diffuso. Un altro esempio di ciò è la Siria, dove i membri di al-Qaida in Iraq hanno cercato di ottenere un punto d’appoggio permanente da parte dell’opposizione. Le rivoluzioni che hanno spazzato la regione lo scorso anno, hanno aumentato il pericolo dell’estremismo e diffuso instabilità.” Un rapporto confidenziale statunitense, elaborato dalla commissione indipendente sull’assalto a Bengasi merita una particolare attenzione.

    Le conclusioni hanno ovviamente influenzato la decisione degli Stati Uniti di sospendere l’ulteriore aggravamento della situazione in Siria. Anche se difficilmente porterà gli Stati Uniti ad abbandonare il piano di destabilizzazione regionale, impone sicuramente una maggiore cautela, al fine di non screditare definitivamente la politica estera degli Stati Uniti. Delle rivelazioni indesiderate sui motivi reali dietro la primavera araba, potrebbero gettare nella confusione la società civile statunitense, fiduciosa che Washington combatta contro il terrorismo in tutto il mondo, che gli alleati degli Stati Uniti, appena consapevoli di essersi offerti come pedine del gioco geopolitico.

    Fonte in lingua originale: Oriental Review – 21 dicembre 2012
    Traduzione di Alessandro Lattanzio - SitoAurora
    www.nexusedizioni.it/geopolitica/siria-apocalisse-annullata/
    [Modificato da wheaton80 29/12/2012 00:11]
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    wheaton80
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    00 07/05/2013 02:53
    Siria: Carla Del Ponte choc, "ribelli hanno usato armi chimiche"
    05 MAG 2013

    (AGI)- La fonte e' autorevole: Carla del Ponte, il magistrato svizzero ex procuratore del Tribunal Penale Internazionale per la ex Jugoslavia dal 1999 al 2007, afferma che le Nazioni Unite hanno le prove che - finora - ad utilizzare "armi chimiche", a partire dal letale "gas sarin", in Siria sono stati gli insorti e non gli uomini fedeli al regime di Bashar al Assad. Ad oltrepassare quindi il limite invalicabile (la "red line") di cui ha parlato piu' volte Barack Obama, minacciando una reazione se ad usare le armi chimiche fosse stato Assad, sarebbero state le forze dell'opposizione.

    Lo ha dichiarato ai microfoni della RSI (Radio dela Svizzera Italiana) Del Ponte, membro della Commissione ONU che indaga sui crimini di guerra commessi in Siria. "Stando alle testimonianze che abbiamo raccolto i ribelli hanno usato armi chimiche, facendo ricorso al gas sarin", ha dichiarato Del Ponte aggiungendo pero' che, "le indagini sono ben lungi dall'essere concluse".

    "Le nostre inchieste dovranno essere ulteriormente approfondite, verificate e accertate attraverso nuove testimonianze ma, per quanto abbiamo potuto stabilire, al momento sono solo gli oppositori al regime ad aver usato il gas (nervino) sarin" ha sottolineato Carla Del Ponte, stando alla quale solo le indagini, ancora in corso, potranno stabilire se anche il governo di Damasco abbia, o meno, utilizzato questo tipo di armi.

    Del Ponte spiega che le prove sono state raccolte dagli "investigatori", Onu, "sul posto nei paesi limitrofi, che hanno interrogato le varie vittime e i medici degli ospedali". L'ex magistrato elvetico afferma di aver, "visto in un ultimo rapporto della settimana scorsa che ci sono concreti sospetti, se non ancora prove inconfutabili, che e' stato usato del gas sarin, per come le vittime sono state curate", e, "questo utilizzo e' stato fatte da parte degli opponenti...dei ribelli e non dalle autorita' governative". Del Ponte punta il dito pero' non sui siriani anti-Assad ma contro le frange qaediste sottolineando che, "il fatto non ci sorprende perche' negli opponenti si sono infiltrati combattenti stranieri".

    SIAMO L'ALIBI PER LA COMUNITA' INTERNAZIONALE
    La commissione d'inchiesta dell'Onu sulla Siria, e' solo "un alibi per la comunita' internazionale", per la sua inazione. Questa la denuncia amara della Del Ponte che ritiene che per non lasciar cadere nel vuoto i crimini commessi - da tutte le parti - in oltre due anni di conflitto, serve che la "comunita' internazionale ed il Consiglio di Sicurezza (dell'Onu) decidano che la corte permanente (la Corte Penale Internazionale dell'Aja, ndr) assuma questi casi". Del Ponte e' poi convinta che per mettere a tacere le armi serva un'intesa tra, "Stati Uniti e Russia (principale alleato di Assad nel Consiglio di Sicurezza)". "Se (Washington e Mosca) si mettono d'accordo potremmo avere la pace, purtroppo non e' ancora avvenuto ma una piccola speranza c'e'", ha concluso Del Ponte.

    www.agi.it/estero/notizie/201305052234-est-rt10091-siria_carla_del_ponte_choc_ribelli_hanno_usato_armi_...
    [Modificato da wheaton80 07/05/2013 02:53]
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    wheaton80
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    00 07/06/2013 22:32
    Putin si conferma la “bestia nera” per gli USA ed Israele

    La sensazione in queste ore è quella che il presidente Putin stia uscendo vincitore nel duro confronto a distanza con gli USA ed i suoi alleati europei nonché rispetto alle ingerenze turche e di quelle delle petromonarchie del golfo. Questa di Putin non è soltanto una vittoria della sua posizione di fermezza nei confronti delle pressioni fatte dal Dipartimento di Stato USA per imporre la soluzione americana al conflitto in Siria (che gli stessi americani hanno provocato) ma anche un importante successo della Russia di Putin nell’affermarsi sulla scena mondiale come difensore della non ingerenza, del rispetto del diritto internazionale e della sovranità dei paesi del Terzo Mondo.

    I successi che sta ottenendo la contro offensiva dell’Esercito Nazionale Siriano sul campo, appoggiato anche dagli Hezbollah nel Libano, la ritirata disordinata e l’accerchiamento delle forze ribelli nelle loro roccaforti di Qseir e di Homs , il sostegno comprovato che la stragrande maggioranza della popolazione siriana sta fornendo allo stesso regime di al Assad, hanno dimostrato la falsità delle versioni fornite fino ad oggi dai media occidentali sullo svolgimento della guerra in Siria.

    Nella stessa opinione pubblica occidentale (nonostante la censura delle notizie dal Medio Oriente) iniziano a filtrare le notizie dei massacri e delle atrocità compiute dai miliziani salafiti armati dagli USA e finanziati dall’Arabia Saudita e dal Qatar, in particolare le stragi di cristiani effettuate ad Homs, le torture e persino i casi di cannibalismo documentati sulla rete. Tutti episodi che rivelano in modo incontrovertibile che quando si parla dell’ELF (esercito libero siriano) e la Jabhat al-Nusra (le due componenti principali dei miliziani anti Assad) non si tratta di quei ribelli e “combattenti per la libertà” che i media occidentali (come Repubblica, Il Corriere della Sera e le reti RAI) dipingevano all’inizio della presunta rivolta contro il regime ma bensì di fanatici integralisti ispirati alla Jahd ed affiliati in buona parte con Al Quaeda.

    Oggi lo ammette a denti stretti la stessa agenzia americana Reuters che afferma di aver constatato il predominio delle milizie Jaddiste sul terreno rispetto ad altre fazioni e l’affiliazione ad Al Quaeda di queste milizie.

    www.reuters.com/article/2013/05/29/us-syria-crisis-violations-idUSBRE94S1AO...

    Le forze ribelli,dove avevano conquistato terreno avevano creato un ambiente infernale con soprusi vessazioni della popolazione, imposizione dei dogmi islamici più retrogradi derivanti dalla fede salafita e wahabita (quella dell’Arabia Saudita), torture a donne e civili restii ad adattarsi, massacri e sequestri. Uno scenario tipo Irak anno 2000.

    Tanto che la popolazione siriana vede ora con sollievo l’avanzata delle forze dell’Esercito nazionale Siriano. Il presidente al Assad aveva rilasciato poche giorni fa un’intervista non a caso ad un importante quotidiano argentino “Clarin” (in Argentina vive una forte colonia siriana) nella quale aveva ricordato gli sforzi del suo governo di arrivare ad un dialogo con l’opposizione ma la difficoltà di individuare con chi doveva essere svolto questo dialogo ed il rifiuto di questa possibilità di dialogo da parte delle miriadi di formazioni dell’opposizione. L’unico approdo al dialogo sembrerebbe ormai la prossima conferenza di Ginevra dove gli americani, con la loro solita arroganza imperialista, vorrebbero essere loro a dettare l’agenda impedendo all’Iran (paese confinante) di essere presente e definendo chi dovrebbe (secondo loro) rappresentare il popolo siriano.

    Tutto deve conciliarsi con la ossessiva richiesta dei paesi occidentali per un cambio di regime in Siria per il quale debbano essere le grandi potenze e non il popolo siriano a decidere. Tuttavia mentre ancora di discute ed appaiono evidenti gli obiettivi strategici delle potenze occidentali, di Israele e dell’l’Arabia Saudita, la Russia, con mossa a sorpresa di Putin, procede ad inviare buona parte della sua flotta davanti alle coste siriane ed a fornire alla Siria i missili antinave con gittata di 300 Km. Oltre ai micidiali missili antiaerei S300, tutte armi destinate ad impedire un qualsiasi blocco aereo navale (no fly zone) da parte della Nato in Siria ed a mettere sull’avviso anche Israele.

    Con questa mossa Putin impone il suo gioco di grande attore sullo scenario del Medio Oriente e manda un messaggio molto chiaro al Dipartimento di Stato ed alle cancellerie di Francia, Gran Bretagna ed Israele: la Russia si pone al fianco della Siria e non permetterà un’altra operazione tipo Libia. D’altra parte appare chiaro che l’obiettivo degli USA e di Israele era quello di destabilizzare la Siria puntando sul rovesciamento di del regime di Assad e su una divisione del paese fra varie confessioni, facendo leva sulle rivalità tra sunniti, alawiti, wahabiti, sciiti, ortodossi e cristiani (questi ultimi destinati ad un genocidio). Il paradosso sta nel fatto che la Siria di al Assad era uno dei pochi regimi laici e tolleranti del Medio Oriente dove convivevano in pace tutte le confessioni. Questo sarà considerato nella Storia il vero crimine dell’Occidente: indifferenza verso le sofferenze della popolazione e volontà di incrementare la guerra con continuo invio di armi ai ribelli, in massima parte stranieri che si sono infiltrati in Siria.

    Un crimine ed una vera “demenza” dei paesi europei che, contribuendo ad armare le milizie integraliste di Al Quaeda, non considerano gli effetti negativi che si estenderanno in tutto il M.O. per una eventuale destabilizzazione della Siria. Non è da trascurare poi il fattore della prossima realizzazione del grande oleodotto che dall’Iran, passando per la Siria e poi dal Libano, dovrebbe portare il petrolio (russo e iraniano) verso l’Europa. A questo sembra sia interessata anche la Gazprom come investimento e distribuzione del greggio. Opera osteggiata dagli americani, dalla Turchia e dal Qatar che vorrebbero la realizzazione di un oleodotto che attraversi l’Asia, transiti dai paesi del Golfo, arrivando direttamente in Turchia per poi inviare il greggio verso l’Europa. Gli interessi sulla questione spiegano molte cose: la volontà della Russia e dell’Iran di non essere lasciati al margine di questa opera strategica e la fermezza di Putin nel difendere gli interessi strategici ed energetici della Russia. Interessi che sono coincidenti con quelli dell’Iran e della Siria.

    Di tutto questo si dovrà parlare nella prossima conferenza di Ginevra, sperando che l’Occidente abbandoni l’ipocrisia della conclamata causa della “democrazia da difendere in Siria” e riveli la vera posta in gioco. Per la data della conferenza gli attori sullo scenario siriano cercheranno di arrivare in una posizione di vantaggio e, dagli ultimi avvenimenti, la mossa del cavallo l’ha fatto il sig. Putin, il personaggio che si appalesa come la “bestia nera” per gli interessi degli USA e di Israele.

    Fonti
    www.voltairenet.org/article178725.html
    www.europapress.es/internacional/noticia-putin-lamenta-ue-levante-embargo-armas-siria-avisa-intervencion-militar-fracasara-20130604141...

    di Luciano Lago
    5 giugno 2013
    www.stampalibera.com/?p=63696
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    00 22/06/2013 03:15
    Siria, stampa: Cia addestra ribelli. Coinvolte anche forze speciali Usa

    Agenti della Cia e membri delle forze speciali Usa hanno segretamente addestrato sin dallo scorso anno i contingenti di ribelli siriani, insegnando loro ad usare armi anticarro e antiaereo. Lo afferma il Los Angeles Times, citando funzionari americani e comandanti militari ribelli siriani. L'addestramento avrebbe avuto luogo in basi in Giordania e Turchia: a ogni sessione di due settimane avrebbero preso parte dai 25 ai 45 ribelli.

    22.6.2013
    www.tgcom24.mediaset.it/mondo/articoli/1101849/siria-stampa-cia-addestra-ribel...



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    wheaton80
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    00 19/07/2013 13:50
    L’occidente perde su tutti i fronti della Siria

    Non solo sono Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia perdono nella loro criminale guerra segreta per un cambio di regime in Siria, ma i terroristi di Stato sprofondano anche sul fronte della propaganda. Tale associazione a delinquere era destinata a fallire, prima o poi. Ora, sotto il peso di falsità e menzogne, implode.

    L’arrivo del team di ispezione sulle armi chimiche delle Nazioni Unite, questa settimana a Damasco, segna un’altra mazzata contro i malvagi piani occidentali sulla Siria. L’ONU sembra decisa finalmente ad adempiere alle richieste del governo siriano per un’indagine sull’uso di armi chimiche letali in Siria. Le autorità di Damasco e il presidente Bashar al-Assad hanno sempre sostenuto che fossero i mercenari filo-occidentali ad utilizzare armi proibite a livello internazionale, mentre le potenze occidentali accusavano le forze dello Stato siriano. Il governo della Siria aveva richiesto per primo un gruppo di ispettori dell’ONU, già a marzo, a seguito dell’impiego mortale del gas nervino Sarin nel distretto di Khan al-Assal, nei pressi di Aleppo, in cui 25 persone furono uccise, tra cui 16 soldati dell’esercito siriano. Tuttavia, tale iniziativa fu bloccata quando le Nazioni Unite, sotto la spinta degli Stati occidentali, chiesero che i suoi investigatori avessero “libero accesso” in tutti i siti siriani, tra cui le installazioni militari. Il governo di Assad, sostenuto dalla Russia, ha rifiutato di concedere alla squadra ONU tale permesso perché ricordava in modo inquietante il controllo sulle armi delle Nazioni Unite in Iraq, 10 anni fa.

    A quella squadra fu permesso l’accesso ai sensibili siti militari di tutto l’Iraq, sospettosamente seguito dalla guerra lampo “shock and awe” degli USA in quel Paese, dal marzo 2003. Ora, però, l’esperto di armi chimiche dell’ONU, Ake Sellstrom, ha accettato di avere colloqui a Damasco, su invito del governo siriano. Sarà accompagnato dalla direttrice del disarmo dell’ONU Angela Kane. Si ritiene che le discussioni decideranno la modalità per una corretta indagine al fine di adempiere alle richieste riguardo l’utilizzo di armi illegali. Perché gli ispettori delle Nazioni Unite sono improvvisamente diventati più suscettibili verso i termini del governo siriano nella conduzione dell’indagine? La risposta sembra essere che il peso delle prove a sostegno delle dichiarazioni delle autorità siriane sia diventato troppo grande per essere ignorato. Due sviluppi hanno dato al governo siriano la credibilità decisiva. Nei giorni scorsi, mentre l’esercito siriano scacciava i militanti dalle roccaforti da loro occupate, ha scoperto una serie di officine per attrezzare razzi con testate chimiche. La più grande è stata trovata nella città costiera di Banias, dove sono stati recuperati più di 280 barili di sostanze chimiche industriali tossiche. L’ambasciatore siriano all’ONU, Bashar Jaafari, ha detto che tale quantità tossica era “in grado di distruggere una città intera, se non tutto il Paese.”

    Una successiva micidiale scoperta avvenne nel sobborgo Jobar di Damasco. Dopo aver sconfitto i militanti negli scontri a fuoco, le forze dello Stato siriano hanno trovato un improvvisato laboratorio chimico rifornito di cloro e altri materiali industriali altamente tossici. Alcuni contenitori avevano etichette con l’avvertimento “corrosivo” e che dicevano “prodotto in Arabia Saudita”. Nel deposito vi erano mortai destinati ad essere armati con proiettili chimici. Il secondo importante sviluppo è l’ultimo rapporto ufficiale russo. Queste armi chimiche improvvisate usate dai mercenari filo-occidentali sono coerenti con uno studio degli esperti russi presentato la scorsa settimana alle Nazioni Unite. L’inchiesta russa sul famigerato incidente di Khan al-Assal, nei pressi di Aleppo a marzo, ha scoperto che le armi chimiche, tra cui il Sarin, sono state effettivamente utilizzate e che i colpevoli erano i militanti supportati dall’occidente. Questa scoperta non solo nega completamente le precedenti accuse occidentali; ma espone anche le montature e le bugie raccontate dai vertici politici occidentali, compresi il presidente degli Stati Uniti Barack Obama, il primo ministro britannico David Cameron e il presidente francese François Hollande.

    L’inviato della Russia alle Nazioni Unite, Vitalij Churkin, ha detto che il rapporto del suo Paese: “Ha stabilito che il 19 marzo i ribelli hanno sparato un razzo Bashair-3 sulla città di Khan al-Assal, che era sotto il controllo del governo. I risultati delle analisi mostrano chiaramente che il proiettile usato a Khan al-Assal non era stato prodotto in fabbrica e che conteneva Sarin“. Quest’ultimo punto è significativo. Le armi letali rozzamente costruite ed usate nell’attacco a Khan al-Assal, sono coerenti con le recenti scoperte di testate chimiche rudimentali dell’esercito siriano che sbaragliava i militanti filo-occidentali dalle loro roccaforti. Il pericolo imminente per la popolazione siriana, come dimostrato dalle recenti scoperte dell’esercito siriano e dalla relazione russa, ha probabilmente spinto la squadra d’ispezione delle Nazioni Unite a risolvere questo problema con l’urgenza che richiede. Tacitamente, l’arrivo del team delle Nazioni Unite a Damasco questa settimana, è anche l’ammissione che il governo siriano ha detto la verità fin dall’inizio su chi siano i colpevoli che usano queste armi di distruzione di massa.

    Questo spiegherebbe perché la squadra delle Nazioni Unite stia finalmente rispettando le tanto attese richieste siriane. Inoltre, mentre la questione viene dipanata, si costruisce una grave accusa verso gli Stati occidentali. Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia da mesi sostengono di avere le “prove” che sono state le forze governative siriane ad usare le armi chimiche. Queste potenze, a loro volta, usano questa accusa per giustificare la loro decisione di armare apertamente i gruppi militanti in Siria. Il 13 giugno, la Casa Bianca di Obama ha dichiarato: “La nostra comunità d’intelligence ritiene che il regime di Assad abbia usato armi chimiche, tra cui l’agente nervino Sarin“. Il giorno dopo, gli Stati Uniti annunciavano di prevedere d’inviare armi ai militanti in Siria, perché le forze di Assad avevano “superato la linea rossa”. La mossa seguiva il precedente ribaltamento inglese e francese dell’embargo sulle armi dell’Unione europea alla Siria. In netto contrasto con i cosiddetti test presumibilmente condotti da Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia, l’ultimo studio russo sulle armi chimiche in Siria è conforme agli standard scientifici internazionali.

    L’inchiesta russa ha una “catena di custodia”, verificabile in modo indipendente nella raccolta dei campioni e nelle analisi effettuate, secondo l’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche. Considerando che le affermazioni degli Stati occidentali si basano su informazioni segrete escogitate in “fatti” che soddisfino la loro criminale agenda politica della guerra segreta e del cambio di regime. In altre parole, i regimi occidentali svolgono una propaganda senza fondamento e diffondono menzogne per trovare una giustificazione a una guerra sempre più criminale. I governi occidentali sono quindi sempre più visti non solo come sostenitori dei depravati tagliagole e cannibali che bombardano indiscriminatamente quartieri residenziali, rapiscono, estorcono, uccidono e stuprano; ma questi stessi governi che predicano i diritti umani e il diritto internazionale, aiutano i terroristi di al-Qaida ad usare armi chimiche di distruzione di massa bandite internazionalmente.

    “La visita di questa settimana degli ispettori sulle armi chimiche dell’ONU in Siria, è un altro capovolgimento dei punti di riferimento degli Stati occidentali sponsor del terrorismo. Le loro menzogne e la loro propaganda si dissolvono rapidamente quanto le sconfitte inflitte ai loro squadroni della morte di ascari, che operano in Siria negli ultimi due anni.”

    Le sconfitte militari inflitte ai mercenari filo-occidentali nei pressi di Damasco, Aleppo, Homs e Idlib segnalano anche le lotte omicide tra i litigiosi cosiddetti ribelli. Il tradimento e la brutalità dissipano l’immagine artificiosa, attentamente curata dai media occidentali, di “moderati” nell’ambito del tanto idolatrato esercito libero siriano. Questo trucco con il suo generalino di piombo Salim Idriss, oggi visto come una nullità, non ha mai avuto alcuna influenza sui gruppi dominati da al-Qaida e dai mercenari salafiti. Mentre l’esercito siriano riprende il controllo di villaggi, quartieri e città, c’è un silenzio irreale nei media occidentali sui successi militari.

    Dove sono le segnalazioni di rappresaglie dell’esercito siriano contro i civili? Dove sono le affermazioni dei civili siriani che gridavano agli “eroici” militanti di tornare e salvarli dall’”oppressivo” esercito siriano? Allo stesso modo, video e segnalazioni provenienti dalle zone di Aleppo, ancora sotto assedio da parte dei terroristi filo-occidentali, mostrano civili che protestano contro i loro carcerieri. Ancora una volta, questo è un racconto che distrugge l’immagine propagandistica, fabbricata dall’occidente, di una popolazione che si ribella contro uno Stato oppressore. Si tratta piuttosto di uno scenario in cui la popolazione ha dovuto subire l’imposizione di mercenari, criminali e psicopatici, un’imposizione orchestrata dai regimi occidentali a Washington, Londra e Parigi, insieme con i loro fantocci regionali, Arabia Saudita, Qatar, Turchia, Giordania e Israele. Con il terrorismo di Stato occidentale espulso dalla Siria, ne vengono espulsi anche i miti e le menzogne che hanno nascosto i crimini di Washington, Londra e Parigi. La verità che emerge sull’uso di armi chimiche in Siria segna il collasso di quest’associazione a delinquere. Tali criminali regimi canaglia ormai perdono su tutti i fronti.

    www.youtube.com/watch?v=j8m21H2oEb4

    Finian Cunningham, PressTV - Nsnbc
    17 luglio, 2013
    Traduzione di Alessandro Lattanzio

    aurorasito.wordpress.com/2013/07/17/loccidente-perde-su-tutti-i-fronti-dell...
    [Modificato da wheaton80 19/07/2013 13:50]
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    00 30/08/2013 13:09
    Siria, dietrofront degli inglesi. Obama:"Intervento sarà limitato"

    Sono bastati 13 voti per ridefinire completamente lo scacchiere internazionale rispetto alla questione siriana: 13 voti con cui il parlamento britannico ha 'bocciato' la mozione governativa che tentava di ottenere un 'via libera' all'intervento armato nel paese di Bashar al-Assad. Prima della votazione il premier inglese David Cameron aveva provato a convincere i parlamentari con un'arringa basata sull'evidenza, a suo dire, delle responsabilità del regime siriano rispetto all'attacco con armi chimiche avvenuto il 21 agosto, aggiungendo che lo stesso non può avere ne un movente ne una giustificazione e concludendo con una sorta di sfida, lanciata alle due camere, che avrebbero dovuto scegliere tra l'agire e il non agire. Passati i momenti di dibattito e del voto, la decisione finale ha spiazzato il primo ministro, i cui piani di un attacco a Damasco spalla a spalla con gli Usa si sono infranti sull'inequivocabile risultato di 285 voti contrari rispetto ai 272 favorevoli. La conclusione lascia l'amaro in bocca non solo a Cameron, che afferma di rispettare la decisione del parlamento nonostante continui a ritenere necessaria una risposta armata all'uso di armi chimiche, ma anche agli alleati di sempre d'oltreoceano: è infatti la prima volta dal 1989, anno dell'invasione di Panama, che gli Stati Uniti non possono contare sull'appoggio della Gran Bretagna. Stando ad una ricostruzione del Daily Telegraph gli americani sarebbero 'lividi' rispetto al risultato della votazione del parlamento, mentre subito dopo la notizia della 'ritirata' britannica su un'eventuale attacco, arrivano le parole della portavoce del Consiglio di sicurezza Usa Caitlin Hayden:"Continueremo a consultarci con il governo inglese, uno dei nostri alleati più vicini. Le decisioni del presidente Obama saranno guidate da quelli che sono i migliori interessi degli Stati Uniti. Il presidente ritiene che ci siano in gioco interessi per gli Usa e che i paesi che violano le norme sul divieto di armi chimiche devono essere ritenuti responsabili". Ma nonostante Washington sia ancora alla ricerca di una 'coalizione internazionale' favorevole all'intervento, che permetterebbe di bypassare qualsiasi 'no' dell'Onu, i toni dell'amministrazione Usa si fanno meno 'pesanti', probabilmente anche in risposta al forte malumore che cresce tra il popolo americano che non vede di buon occhio un ulteriore impegno militare. Proprio per questo motivo un sempre più solo Barack Obama afferma:"Non abbiamo preso ancora alcuna decisione, ma quando e se la prenderemo, l'intervento in Siria sarà limitato, non vogliamo un lungo conflitto", nel tentativo di allontanare dalle menti dei cittadini Usa esempi come l'Iraq. "Qualora decidessimo di entrare in azione - ha concluso infatti il presidente Usa -, in Siria possiamo utilizzare un approccio che non ci faccia ripiombare in una lunga guerra o una ripetizione dell'intervento in Iraq. Gli Stati Uniti non hanno alcun interesse a partecipare alla guerra civile siriana".

    Luca Lampugnani | 30.08.2013
    it.ibtimes.com/articles/55040/20130830/siria-usa-uk-parlamento-cameron-obama-intervento-votazione.htm#ixzz2...
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    00 01/09/2013 03:15
    Siria, ribelli: abbiamo usato noi le armi chimiche, ma non sapevamo cosa fossero
    I ribelli siriani hanno ammesso al giornalista Dale Gavlak, che lavora anche per "Associated Press", di essere i responsabili dell'incidente con le armi chimiche; altre conferme provengono dalla Turchia



    Notizia bomba che arriva dai giornalisti americani di www.infowars.com del famosissimo Alex Jones, fonte molto attendibile; l’articolo è a firma dell’inglese Paul Joseph Watson. I ribelli siriani del sobborgo di Ghouta a Damasco, collegati ai jihadisti di al-Qaeda Jabhat al-Nusra (Nusra Front), hanno ammesso al corrispondente Dale Gavlak che lavora anche per Associated Press che sono loro i responsabili per l’incidente con armi chimiche della scorsa settimana, che le potenze occidentali hanno attribuito alle forze Siriane di Bashar al-Assad, rivelando che le vittime sono state il risultato di un incidente causato dai ribelli che non sapevano usare le armi chimiche fornite loro dalla Arabia Saudita.

    “Dalle numerose interviste con medici, residenti a Ghouta, combattenti ribelli e le loro famiglie, molti credono che alcuni ribelli abbiano ricevuto armi chimiche tramite il capo dell’intelligence saudita, il principe Bandar bin Sultan, e siano stati responsabili per l’esecuzione dell’attacco chimico (mortale)” scrive Gavlak. I ribelli hanno detto a Gavlak di non essere stati adeguatamente addestrati nella gestione delle armi chimiche; non sapevano neanche cosa fosse stato loro consegnato. Sembra che le armi inizialmente dovevano essere consegnate ad Al Qaeda mediante la propaggine di Jabhat al-Nusra. “Eravamo molto curiosi riguardo queste armi; purtroppo alcuni dei combattenti le hanno gestite in modo improprio e si è scatenata un’esplosione per errore” riferisce un militante di nome ‘J’, sempre secondo il giornalista Gavlak.

    Le sue affermazioni sono condivise da un altro combattente donna di nome ‘K’, che ha detto a Gavlak:“Loro non ci hanno detto cosa fossero queste armi o come usarle. Non sapevamo che erano armi chimiche. Non avremmo mai immaginato che fossero armi chimiche.” Abu Abdel-Moneim, il padre di un componente dei ribelli, ha anche detto a Gavlak:“Mio figlio è venuto da me due settimane fa per chiedere che cosa pensassi delle armi che gli erano state consegnate per portarle ad altri combattenti”, descrivendole come un’arma con ”struttura a tubo“, mentre altre erano come una “enorme bottiglia di gas”. Il padre si riferisce al militante saudita che ha fornito le armi chiamandolo Abu Ayesha. Secondo Abdel-Moneim, le armi sono esplose all’interno di un tunnel, uccidendo 12 ribelli.

    “Più di una dozzina di ribelli intervistati hanno riferito che i loro stipendi venivano dal governo saudita”, scrive Gavlak. Se confermate, queste informazioni potrebbero fermare completamente la corsa degli Stati Uniti d’America verso un attacco diretto alla Siria, giustificata con l’accusa ad Assad di essere dietro l’attacco di armi chimiche. La credibilità di Dale Gavlak è impressionante. E’ stato corrispondente dal Medio Oriente per l’Associated Press per due decenni; ha lavorato anche per la National Public Radio (NPR) e ha scritto anche articoli per la BBC News. Il sito sul quale è apparsa la notizia originariamente è il Mint Press (che è attualmente down a causa del traffico enorme che sta attirando l’articolo).

    Quindi la notizia sembra veritiera, calcolando anche l’annuncio di ieri dei media turchi, secondo cui le forze di sicurezza nazionali, durante una perquisizione in casa di militanti jihadisti di al-Qaeda Jabhat al-Nusra (Nusra Front), avrebbero trovato una bombola da 2 kg con gas sarin, che stava per essere utilizzata come bomba; il gruppo di terroristi di al-Qaeda arrestati farebbe parte dello stesso gruppo che Gavlak cita nella sua intervista, ossia i jihadisti di al-Qaeda Jabhat al-Nusra (Nusra Front); quindi il collegamento è evidente:

    Turchia: polizia trova gas sarin in casa di ribelli siriani
    “Lunedì 26 agosto, le forze speciali turche anti-terrorismo hanno arrestato 12 sospetti membri di Jabhat al-Nusra, il gruppo affiliato di al-Qaeda, che è stato soprannominato “il braccio più aggressivo dei ribelli siriani”. Il gruppo è stato designato come un’organizzazione terrorista dagli Stati Uniti d’America nel dicembre 2012. La polizia ha anche riferito che è stato trovato un deposito di armi, documenti e dati digitali che saranno controllati dalla polizia. Il gas sarin è stato trovato mercoledì 28 agosto nelle case dei sospetti islamisti siriani nelle province meridionali di Adana e Mersia a seguito di una ricerca da parte della polizia turca e presumibilmente sarebbe stato utilizzato per effettuare un attentato nella città di Adana, nella Turchia meridionale. Ora Erdogan sarà ancora deciso ad attaccare la Siria?” (http://www.imolaoggi.it/2013/08/30/turchia-polizia-trova-gas-sarin-in-casa-di-ribelli-siriani/ ).

    31 agosto, 2013
    Fonte: www.infowars.com
    www.imolaoggi.it/2013/08/31/siria-ribelli-abbiamo-usato-noi-le-armi-chimiche-ma-non-sapevano-che-c...
    [Modificato da wheaton80 01/09/2013 03:18]
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    00 02/09/2013 12:38
    Obama è solo e rinvia la guerra

    Per ora guerra non è. L'isolato presidente Obama preferisce prendere tempo e rinvia la decisione sull'attacco contro la Siria al 9 settembre. Quel giorno si riunisce il Congresso statunitense a cui la Casa Bianca chiederà l'autorizzazione.

    Una mossa figlia dell'isolamento in cui Washington è rimasta impantanata negli ultimi giorni: gran parte della comunità internazionale - Cina e Russia in testa - è contraria ad un intervento, seppur "limitato", il parlamento britannico ha votato no alla mozione interventista del premier Cameron e l'Onu non ha dato il via libera per il veto russo e cinese al Consiglio di Sicurezza. E in casa, l'opinione pubblica americana non è affatto favorevole ad aprire un nuovo fronte mediorientale. Tanto da far traballare anche il possibile esito del voto del Congresso: il partito Repubblicano, nonostante sia favorevole ad un intervento, non intende agire senza le Nazioni Unite e gli equilibri politici (e quantitativi) di Camera e Senato non giocano a favore di Obama. Resta da vedere se prevarrà la tradizionale politica interventista repubblicana o l'opposizione al presidente democratico Obama.

    Nel discorso tenuto di fronte alla Casa Bianca poche ore fa, Obama ha ripetuto di voler inviare un segnale al regime di Bashar al-Assad: "L'obiettivo dell'uso della forza da parte degli Stati Uniti dovrebbe essere quello di distruggere e prevenire il futuro utilizzo di armi chimiche o di altre armi di distruzione di massa". Ovvero, si deve attaccare ma meglio aspettare il sì del Congresso, così da dare all'intervento una parvenza di legittimità: "Sono pronto a dare l'ordine di attacco, anche come unico Paese, ma chiederò l'autorizzazione del popolo americano".

    E se il Congresso si riunirà il prossimo 9 settembre, il voto sulla risoluzione della Casa Bianca - già redatta - arriverà entro il 15. Due settimane di tempo, entro le quali potrebbero essere pronti i risultati dell'indagine Onu sull'utilizzo di gas chimici contro la popolazione civile. In mezzo, tra il 5 e il 6 settembre, un altro appuntamento internazionale potrebbe modificare le carte in tavola: l'incontro del G20, dove Obama si troverà faccia a faccia con Putin, da tempo a capo della "coalizione" dei non interventisti. Mosca ha sempre affermato di voler procedere con una soluzione politica, una transizione gestita dalle diplomazie e che includa il presidente Assad.

    Intanto Israele, che da tempo scalpita alla caccia di qualcuno che intervenga contro Assad, teme ripercussioni. E dopo l'assalto ai distributori di mascherine anti-gas, scatta l'evacuazione delle colonie del Nord della Cisgiordania. Sarà messo in atto un piano di evacuazione di qualche anno fa che coinvolge sia gli edifici pubblici che le abitazioni, nelle colonie riconosciute dal governo israeliano ma anche negli insediamenti illegali.

    1 settembre 2013
    nena-news.globalist.it/Detail_News_Display?ID=85418#.UiM7Q7lcSGJ....
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    00 02/09/2013 23:06
    Siria, soldati Usa contro l’attacco: “Obama, non combatto per Al Qaeda”
    Su Facebook alcuni militari in servizio hanno pubblicato foto in cui, a volto coperto, si oppongono a un eventuale intervento a Damasco. E dicono al presidente degli Stati Uniti: "Non mi schiero a fianco dei tuoi ribelli. Svegliatevi gente"



    Cresce negli Stati Uniti l’opposizione popolare a un intervento militare in Siria. Non solo tra i pacifisti e attivisti del movimento Occupy, che nei giorni scorsi hanno organizzato manifestazioni contro la guerra nelle principali città del paese, ma tra gli stessi militari americani. Su Facebook è partita una clamorosa campagna: soldati e ufficiali Usa in divisa che si fotografano con il volto nascosto (per evitare provvedimenti disciplinari) da cartelli su cui scrivono frasi come “non sono entrato nell’esercito per finire coinvolto in guerre civili di altri paesi: stiamo fuori dalla Siria!”; “Obama, io non andrò a combattere per i tuoi ribelli in Siria. Svegliatevi gente!” e ancora: “Non mi sono arruolato in Marina per combattere a fianco di Al Qaeda nella guerra civile siriana”.

    A colpire non è solo il fatto che militari in servizio si schierino contro la guerra, ma che denuncino l’aspetto più inquietante della vicenda siriana, vale a dire la predominanza di gruppi qaedisti tra i ribelli sostenuti dall’Occidente. “La maggior parte dei ribelli che combattono in Siria sono mercenari stranieri affiliati ad Al Qaeda che commettono atrocità contro la popolazione siriana”, si legge in uno dei tanti commenti alle foto, che prosegue con un appello ai membri del Congresso: “Votate contro la guerra in Siria, state dalla parte del popolo siriano che combatte contro il terrorismo”. Tra i commenti, c’è poi chi ringrazia i soldati per il loro senso critico: “Grazie mille agli uomini e alle donne delle forze armate che non si limitano a seguire ciecamente gli ordini”. E chi apprezza, ma con disincanto: “Essere stata moglie di un soldato mi ha aperto gli occhi su cosa significa essere militare, quindi mi piacciono molto queste foto ma questi ragazzi hanno rinunciato ai loro diritti quando si sono arruolati, ora sono proprietà del governo degli Stati Uniti. Non rimane che pregare Dio perché il nostro presidente non scelga di avventurarsi in Siria”.

    www.ilfattoquotidiano.it/2013/09/02/siria-soldati-usa-contro-lattacco-obama-non-vado-a-combattere-per-al-qaeda/698894/#foto-soldati-usa-contro-guerra-in...
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    00 08/09/2013 17:25
    Ecco come falsificano le prove: una foto scattata in Iraq nel 2003 e spacciata per Siria 2013



    Grandi nomi, giornalisti di lustro, TV potenti e chi più ne ha più ne metta, non fanno altro che condizionarci! Aprite gli occhi! E prima di riconoscere una notizia “certa”, accertiamoci di ciò che i media vogliono inculcarci in testa! Una TV Inglese, la BBC, seguita in tutto il mondo, ritenuta organo principale per la propaganda anti-Assad, ritiene che la foto che potete vedere in questo articolo, fornitagli da alcuni attivisti in Siria, sia stata scattata nella città Siriana di Hula, prova e testimonia il “massacro” che Assad avrebbe concretizzato nel suo popolo per lenire le avide rivolte di “democrazia”. Foto pubblicata alle ore 7,00 am London sul sito web, gridando al mondo i crimini di Assad. Straordinariamente però, il fotografo autore di questa foto, appare su Facebook accusando, ovviamente, la BBC. Marco Di Lauro, questo è il nome del fotografo, afferma che questa foto è stata scattata da lui stesso il 27 marzo 2003 a Al Musayyib, città iraqena a 40 km a sud di Baghdad. “Qualcuno – dice Marco – sta usando illegalmente una delle mie immagini per la propaganda anti-siriana in prima pagina del sito web della BBC”. In quella zona, ricordiamo, che sparirono dalle 10 mila alle 15 mila persone e in seguito fu trovata una fossa comune con dei corpi sotterrati che furono portati in superficie, avvolti in teli di stoffa e allineati in una grande scuola della città per essere conteggiati e a quel punto dei bambini iniziarono a correre tra i corpi diventando il soggetto ideale per i fotografi.

    www.openyoureyes91.com/ecco-come-falsificano-le-proveuna-foto-scattata-in-iraq-nel-2003-e-spacciata-per-sir...
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    00 09/09/2013 23:09
    "Non è stato il regime di Assad a usare le armi chimiche"
    La testimonianza dell'insegnante belga detenuto assieme al giornalista. "Domenico ha subito due false esecuzioni"

    Pierre Piccinin
    Bruxelles, 09 Settembre 2013

    Non è il regime di Bashar al Assad il responsabile dell'attacco con armi chimiche del 21 agosto scorso, a seguito del quale gli Stati Uniti potrebbero intervenire militarmente in Siria. E' la convinzione espressa da Pierre Piccinin, rilasciato ieri insieme a Domenico Quirico. "E' un dovere morale dirlo - ha affermato, parlando con la radio Rtl - Non è il governo di Bashar al-Assad ad aver utilizzato il sarin o altri gas alla periferia di Damasco". L'insegnante 40enne ha poi ammesso quanto "gli costi dire" tutto cio', perche' "dal maggio del 2012 sostengo fortemente l'Esercito libero siriano nella sua giusta lotta per la democrazia". 'E' un dovere morale dirlo. Non è il governo di Bashar al-Assad ad avere utilizzato il gas sarin o un altro gas nella periferia di Damasco''. Così Pierre Piccinin alla radio RTL-TVi, dicendo di avere sorpreso una conversazione tra ribelli in proposito insieme a Domenico.

    Piccinin e Quirico ne sono ''certi'' perchè lo hanno sentito in ''una conversazione che abbiamo sorpreso'' tra ribelli, ha affermato l'insegnante belga. Piccinin aggiunge che ammetterlo ''mi costa perchè da maggio 2012 sostengo con decisione l'esercito libero siriano nella sua giusta lotta per la democrazia''. ''Per il momento'', però, ''per una questione di etica Domenico ed io siamo determinati a non fare uscire (i dettagli di) questa informazione'', ha affermato Piccinin facendo riferimento all'interrogatorio di Quirico in programma oggi e al suo quotidiano. ''Quando la 'Stampa' riterrà che è venuto il momento di dare dettagli su questa informazione, lo farò anch'o in Belgio'', ha spiegato l'insegnante belga. Piccinin racconta quindi che, quando lo scorso 30 agosto lui e il giornalista de 'La Stampa' hanno sentito dell'intenzione degli Usa di agire in seguito all'uso, attribuito al regime, delle armi chimiche ''avevamo la testa in fiamme'', perché ''eravamo prigionieri laggiù, bloccati con questa informazione e per noi era impossibile darla''.

    Domenico Quirico ''ha subito due false esecuzioni con una pistola''. Lo ha rivelato l'insegnante belga Pierre Piccinin, il suo compagno di prigionia, alla radio Bel RTL. L’insegnante ha anche raccontato di aver tentato di fuggire due volte insieme a Quirico durante la loro prigionia in Siria. Una di queste volte, dopo due giorni di fuga, sono stati ricatturati e puniti ''in maniera molto pesante'' per il gesto. Abbiamo cercato di scappare due volte -ha detto Piccinin a Rtl- Una volta siamo riusciti ad andare abbastanza lontano. Abbiamo approfittato della preghiera, ci siamo impadroniti di due kalashnikov e abbiamo lasciato l'edificio. Per due giorni abbiamo corso nella campagna prima di venir ricatturati e venir puniti molto seriamente per questo tentativo di evasione".

    I rapitori ''ci trattavano come occidentali, cristiani, con grande disprezzo'' ha raccontato Piccinin alla Stampa. ''Certi giorni non ci davano nemmeno da mangiare'', ha aggiunto Piccinin il quale ha raccontato che lui e Quirico sono stati fermati dalle truppe dell'esercito ribelle e dopo essere stati tenuti prigionieri per due mesi in gran segreto, hanno cominciato a vivere una ''terribile odissea'' con continui spostamenti. Piccinin ha poi ricordato in un'intervista al quotidiano 'le Soir' che, insieme a Quirico era entrato in Siria dal Libano il 6 aprile scorso. ''Due giorni dopo, eravamo a Qusseir, ed è là che l'esercito siriano libero (Asl) ci ha arrestato e poi passati alla brigata Abu Ammar, dal nome del suo capo'', ha raccontato, ''è gente mezza pazza, più banditi che islamici, più o meno legati al movimento Al-Farouk, uno dei principali gruppi ribelli anche se è un po' scoppiato in questi ultimi tempi''.

    www.rainews24.rai.it/it/news.php?newsid=181295
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    00 16/09/2013 02:13
    Siria, diario di una maledetta primavera
    L'analisi del giornalista Naman Tarcha, siriano di Aleppo, laureato in Comunicazione a Roma, vive e lavora da anni in Italia. Ricercatore, osservatore, ed esperto di Mass Media e Cultura araba, e dell’area mediorientale

    di Naman Tarcha
    12/09/2013

    Non è una guerra civile, ma una guerra incivile! Una guerra di incivili nella culla della civiltà. Dall'inizio per i siriani era molto chiaro cosa stesse succedendo. Quello che era accaduto in Libia, in Iraq, in Libano, in Afghanistan: una guerra dei potenti mascherata da buone intenzioni come democrazia e libertà, per cambiare un governo scomodo, destabilizzare la regione e consegnare il paese agli amici. I siriani erano coscienti che il paese non è la Svizzera per libertà e democrazia, ma che tra tutti i paesi della regione governati da monarchie assolute e dittatori con la corona, il paese venga dipinto come il male assoluto, era assurdo e sintomo che c'era qualcosa che non quadrava. Sono bastati pochi mesi per passare dalle proteste pacifiche, sorte guarda caso non nelle città ma nei villaggi di confine, agli scontri armati.

    Armi, un sacco di armi di tutti i tipi e di tutte le fabbricazioni, che si riversavano dai paesi vicini, e dagli insorti siamo passati ai ribelli liberatori del paese. ‘Una rivolta popolare’ titolavano i giornali, ma di popolare c'era ben poco, i siriani vedevano gente con sembianze mai viste, con barbe lunghe e accenti strani. Di sicuro non siriani. Ma per l'occidente era normale. Normale che i ribelli siano afghani, ceceni, sauditi, yemeniti, egiziani, tunisini e libici. Per noi no. Qualcuno è scappato; i villaggi tranquilli assaliti dai ribelli liberatori sono diventate città fantasma e sono rimasti solo quelli che non si potevano muovere. Un popolo intero lasciato solo, che si sente aggredito, attaccato, massacrato, da tre anni, da gruppi armati fanatici islamisti e tagliagole che impongono la sharia, l'abito lungo, il velo, uccidendo chi non la pensa come loro. Assalti, attentati, autobombe, massacri, rapimenti, esecuzione brutali, crimini commessi dai ribelli sotto gli occhi dei siriani, sotto il totale silenzio internazionale…

    Tutto ciò e l'occidente tifa ancora una primavera che grondava sangue. Rivoluzione popolare! Come si può chiamare popolare mentre le vittime sono i cittadini civili e gli autori sono ribelli stranieri combattenti e mercenari. Una rivoluzione senza valori é semplicemente un colpo di stato, atti di terrorismo, ribellione armata. Ci vorrà un anno almeno prima che Ue e Usa ammettano che ci sono infiltrati di Al Qaeda tra i ribelli, minimizzando ‘sono una minoranza’, e annunciando vittoriosi ‘metteremo Al Nusra sulla lista nera del terrorismo’, ma intanto la lista nera delle vittime civili e militari si allunga. In tutto questo l'esercito siriano cosa poteva fare se non difendere i suoi cittadini? Ma in qualsiasi stato al mondo nessun paese accetterebbe una rivolta armata!

    I siriani si fidano solo del loro esercito, é uno dei punti di riferimento in uno stato indipendente e sovrano. Un esercito che affronta jihadisti e terroristi da tutto il mondo, un mondo cieco o che non vuole semplicemente vedere… Infatti li chiamano opposizione armata. Non si é mai vista una opposizione di un paese così internazionale, dai ceceni ai sauditi, dai libici ai francesi, dai sudanesi agli americani e agli italiani convertiti. Ma il popolo siriano sta con l'esercito, anche perché l'esercito siriano é composto dai giovani siriani figli di gente comune e non sono mercenari come quelli che combattono, sono figli dei siriani, di tutti i siriani. Sfugge a tanti che in Siria c'è solo il servizio di leva; dunque, non sono le milizie lealiste o le forze di Assad, come i colleghi giornalisti chiamano l'esercito, non sono alawiti ma cristiani musulmani, sunniti, drusi e armeni…

    Come possono dunque ammazzare il loro genitori e familiari? Infatti siamo passati da proteste popolari a gruppi armati finanziati dichiaratamente dall'occidente e dai Paesi del Golfo promotori di libertà e democrazia. Un Occidente che a casa sua li chiama terroristi, mentre in Siria ribelli; Paesi del Golfo che invocano diritti umani e democrazia mentre a casa loro non hanno neanche la costituzione, né voto, né elezioni, né diritti civili. Mentre l'obiettivo é uno: indebolire il paese, cambiare il regime e controllare un paese chiave in Medio Oriente.

    www.immezcla.it/component/k2/item/186-siria,-diario-di-una-maledetta-primav...
    [Modificato da wheaton80 16/09/2013 02:14]
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    00 16/09/2013 23:58
    Una soluzione per la Siria

    Noi tutti, cittadini di ogni nazione del mondo, inorriditi dalla strage degli innocenti in Siria, ci rivolgiamo a voi affinché mettiate da parte le vostre differenze e lavoriate a un percorso comune che porti a negoziati di pace e a un cessate il fuoco. Siete gli unici nelle condizioni di poter trattare questa soluzione. E' necessaria una decisa svolta diplomatica. Con questo appello vi chiediamo di attuarla e di cominciare a salvare delle vite.

    Qui la firma per la petizione: www.avaaz.org/it/solution_for_syria_loc/?bQyuQbb&v=29194
    [Modificato da wheaton80 16/09/2013 23:59]
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    00 21/09/2013 19:40
    I veri obiettivi della guerra contro la Siria



    Ogni esperto ha una propria valutazione delle manovre di Washington sulla Siria e degli obiettivi di queste manovre. Vi sono tante interpretazioni sulla guerra condotta contro la Siria, quanti esperti che scrivono sul tema della crisi siriana:

    1) fornire agli Stati Uniti risorse energetiche;
    2) creare il caos controllato, al fine di controllare la regione del Medio Oriente;
    3) tutelare gli interessi del più stretto alleato degli Stati Uniti, Israele;
    4) usare la Siria per fare esplodere una guerra regionale che diverrebbe mondiale;
    5) rafforzare l’immagine in caduta del presidente statunitense;
    6) dare a Washington un controllo più efficace sulla Cina ed i Paesi europei, che dipendono dalle risorse energetiche del Medio Oriente.
    7) occupare la Siria al fine di passare alla distruzione del più importante nemico degli Stati Uniti, l’Iran;
    8) garantire contratti all’industria della difesa e arricchire i “baroni delle armi” statunitensi;
    9) stimolare la stagnante l’economia statunitense attraverso la spesa militare;
    10) distrarre gli statunitensi da disoccupazione, povertà e fallimenti della politica estera degli Stati Uniti, giustificando le azioni dei servizi segreti nel sorvegliare la popolazione degli Stati Uniti, ecc.

    Nel tentativo di chiarire i veri obiettivi dell’escalation di Washington sulla Siria, quando vi sono così tanti pareri da esperti diversi, non si devono prendere sul serio le parole di Barack Obama. Si suppone che il presidente non abbia alcuna cognizione del piano generale riguardo la Siria. Né il Pentagono o i generali statunitensi del campo di battaglia… Alle recenti udienze al Congresso degli Stati Uniti, il generale a quattro stelle Martin Dempsey, presidente del Joint Chiefs of Staff, rispondendo alla domanda del senatore Bob Corker su ciò che si cercava di raggiungere nell’operazione in Siria, con militaresca schiettezza e onestà rispose: “Non posso dirle cosa cerchiamo.”

    “Pace e sicurezza” attraverso la guerra
    A mio parere, tre importanti obiettivi interconnessi possono essere identificati nel piano “siriano” della gerarchia di Washington:

    a) spianare la strada dell’aggressore fino ai confini della Russia
    b) creare le condizioni per iniziare la terza guerra mondiale
    c) preservare il sistema valutario dei petrodollari

    Molto è già stato detto sul fatto che la Siria sia semplicemente un passaggio intermedio nei piani aggressivi di Washington. Dopo la Siria, il prossimo obiettivo dell’aggressione è l’Iran. E dopo l’Iran, l’aggressore arriverà ai confini meridionali della Russia. E poi tocca al secondo obiettivo strategico. Si noti che non parlo d’iniziare la terza guerra mondiale, ma di creare le condizioni per avviarla. La sfumatura è che gli Stati Uniti non hanno bisogno della Terza Guerra Mondiale, in questo momento. Tuttavia, potrebbe essere necessaria nel prossimo futuro. Per cosa? Può sembrare inaspettata, ma la risposta a tale domanda rientra nel regno mistico, non c’è una risposta puramente razionale. Il nocciolo della questione è che i padroni del sistema della Federal Reserve, che dettano la loro volontà agli USA, hanno un’ardente sensibilità religiosa, considerandosi i precursori del Mashiach (Messia), e si aspettano che quando apparirà, il Messia ascenderà al trono nel Tempio di Gerusalemme, ancora da ricostruire. Una guerra regionale in Medio Oriente è necessaria ai padroni della Federal Reserve proprio perché, nella loro mente, ciò renderà possibile la ricostruzione del Terzo Tempio di Gerusalemme. Una guerra regionale avviata in una delle parti più esplosive del pianeta potrebbe facilmente trasformarsi in una guerra mondiale, diffondendo il caos in tutto il mondo. Questo sarà il genere di caos che costringerà tutti i popoli, vedendolo, di pregare perché “la pace e la sicurezza” siano ristabilite in tutto il mondo. Questo avverrà negli “ultimi giorni” e la maggioranza delle persone accoglierà con gioia la venuta del Messia (nella visione cristiana del mondo, l’Anticristo), che si rivelerà il garante della “pace e sicurezza”.

    La guerra come un modo per annullare i debiti
    Tra le altre, vi è una spiegazione semplicistica sul perché Washington possa aver bisogno della Terza Guerra Mondiale. Questa è la teoria “finanziaria”, adattata alla coscienza atea della classe dirigente occidentale. Tale guerra sarebbe pensata per annullare i debiti astronomici accumulati dagli Stati Uniti e dall’occidente, così come dalle banche di Wall Street e della City di Londra, che sono in debito con tutta l’umanità. Il debito sovrano degli Stati Uniti ha già superato il 100 % del PIL, e il debito estero del Paese ha superato anche il 100% del PIL. L’Europa è investita da una grave crisi debitoria da molti anni, e non se ne vede la fine. Il debito sovrano dei Paesi dell’area euro si avvicina inesorabilmente al 100% del PIL. La situazione con il debito estero è ancora più critica. In Gran Bretagna, ad esempio, il debito estero si avvicina al 500% del PIL. Tale indebitamento rende l’Europa un alleato riluttante di Washington nelle sue imprese militari. La guerra, come i banchieri usurai spiegano ai politici, dovrebbe “cancellare” tutti questi debiti. Nel caso contrario, sarà la fine non solo delle banche, ma di molti Stati del “miliardo d’oro”. I meccanismi di “cancellazione” dei debiti sono molteplici. Alcuni debitori potrebbero scomparire dalle mappe a causa della guerra. C’è un famoso detto tra gli usurai: “Se non c’è debitore, non c’è nessun debito”. Agli altri si può spiegare che i titoli di credito verso gli USA vengono eliminati al fine di coprire le spese di Washington nel “difendere la democrazia” globale. Altri ancora possono essere trasformati da possessori di debito a debitori imponendogli indennizzi e riparazioni quali nemici o complici dei nemici della “democrazia mondiale”. In sostanza, lo Zio Sam dovrebbe uscire dalla guerra senza debiti. Questo è ciò cui i suoi più stretti alleati contano molto, soprattutto in Gran Bretagna. E poi Washington sogna di entrare nel “fiume della storia”, una volta ancora da vincitore dell’ultima guerra mondiale, con tutti i vantaggi che ciò comporterebbe. Tuttavia, lo scenario di una guerra mondiale sarà lanciata solo se non sarà più possibile mantenere la piramide del debito negli USA. Per ora l’esercito e il sistema bancario statunitensi, tendendo con tutte delle loro forze, cercano di mantenerla ed espanderla.

    Washington ha bisogno dei petrodollari, non del petrolio
    E ora il terzo obiettivo strategico, preservare il sistema dei petrodollari. È ben noto che quarant’anni fa il gold standard fu sostituito dallo Standard Oil. Nel 1971 gli Stati Uniti annunciarono la fine della convertibilità del dollaro in oro. Due anni dopo, al fine di sostenere la domanda mondiale del dollaro statunitense, che non poggiava più su nulla, fu creato un nuovo sistema: il petrodollaro. Nel 1973 fu raggiunto un accordo tra l’Arabia Saudita e gli Stati Uniti secondo cui ogni barile di petrolio acquistato dall’Arabia Saudita sarebbe stato pagato in dollari USA. In conformità con questo nuovo accordo, ogni Paese che desideri acquistare petrolio dall’Arabia Saudita deve prima cambiare la propria valuta nazionale in dollari statunitensi. In cambio della volontà dell’Arabia Saudita di vendere il petrolio esclusivamente in dollari USA, questi le offrirono armi e protezione dei giacimenti petroliferi dall’invasione dei Paesi limitrofi, compreso Israele. Nel 1975 tutti i Paesi OPEC decisero di prezzare le proprie risorse petrolifere esclusivamente in dollari statunitensi, ricevendoli in cambio del petrolio. In cambio furono promesse armi e protezione militare. Il sistema dei petrodollari che prese forma quarant’anni fa, è doppiamente vantaggioso per Washington. In primo luogo, le banche della Federal Reserve ricevono redditi da ogni dollaro emesso (che dopo tutto è il denaro del credito, che genera debiti). Così le banche rastrellano profitti favolosi; poche briciole cadono anche sulla “marmaglia” statunitense. In secondo luogo, tutte le transazioni in dollari sono condotte attraverso banche degli Stati Uniti, di conseguenza, Washington ha un efficace sistema di controllo sui propri vassalli partecipanti al sistema mondiale dei petrodollari.

    Si dice che in Medio Oriente gli USA si battono per le fonti d’approvvigionamento del petrolio, per mantenere la propria economia. Riguardo gli eventi del 2013 sulla Siria, questa teoria è semplicemente errata, anche se ancora giustificabile ai tempi dell’invasione dell’Iraq. Nelle sue memorie, pubblicate nel 2007, l’ex capo della Federal Reserve, Alan Greenspan, scrive: “Sono rattristato che sia politicamente sconveniente riconoscere quello che tutti sanno(!): la guerra in Iraq è in gran parte dovuta al petrolio.” Nello stesso anno, l’attuale segretario della Difesa degli Stati Uniti, l’allora senatore Chuck Hagel, ammise:“La gente dice che non combattiamo per il petrolio. Certo che sì.” Negli ultimi anni gli USA hanno risolto i loro problemi energetici abbastanza efficacemente, attraverso la cosiddetta “rivoluzione shale”. La sua dipendenza da fonti esterne è sempre più bassa, di anno in anno. Gli USA non cercano più di creare regimi sotto il proprio controllo nel mondo arabo, il cui compito è garantire la fornitura ininterrotta di petrolio e di gas agli Stati Uniti. Oggi le importazioni di petrolio dal Nord Africa e dal Medio Oriente costituiscono solo il 10% del consumo totale di petrolio negli Stati Uniti, e nel corso dei prossimi anni, questa cifra potrebbe scendere a zero. Washington si batte affinché il commercio di queste risorse sia effettuato in dollari USA. I padroni del sistema della Federal Reserve hanno interesse diretto in ciò. Ora, per esempio, la Cina instaura rapporti sempre più stretti con l’Iran, nonostante le sanzioni. Ciò che irrita Washington (o meglio, i padroni della Fed) più di tutti è che il commercio tra i due Paesi non è in dollari USA, ma si basa su baratto, compensazione e monete nazionali. Nessuno vuole volontariamente commerciare le risorse energetiche in dollari, che oggi si può svolgere solo sotto la pressione della forza, soprattutto su produttori ed esportatori.

    La lotta per i petrodollari si aggrava
    Iraq, Libia, Siria e Iran sono legati alla lotta di Washington per preservare i petrodollari. Ricordiamo alcuni fatti quasi dimenticati. All’inizio del 2011, il presidente siriano Bashar al-Assad annunciava l’avvio della collaborazione con Russia e Cina, secondo cui tutte le transazioni sul petrolio dovevano essere condotte in rubli e yuan. Nel marzo 2011 iniziarono i tumulti anti-governativi volti a rovesciare il regime esistente, e il 15 novembre fu imposto un embargo sulle esportazioni di petrolio siriano. Il 1 giugno 2012 fu imposto l’embargo sulle esportazioni di petrolio iraniano, che Teheran aveva cominciato a vendere in euro e rial, con particolare attenzione allo scambio interno. La situazione diventava sempre più tesa per i padroni della Fed. Nei primi mesi del 2013 la quota del dollaro nelle transazioni internazionali scese sotto l’importante soglia psicologica del 50%. Questo fu un grave segnale per i padroni della FED. Altri Paesi possono anche finire sulla “lista delle esecuzioni” di Washington. Si tratta dei Paesi che commerciano in: a) baratto; b) compensazione; c) oro, d) monete nazionali. Per esempio, l’India e la Cina comprano petrolio dall’Iran con l’oro. Washington non è in grado di costringere l’India e la Cina ad abbandonare questo tipo di commercio, ma spera di avere la meglio sull’Iran. Inoltre è molto spiacevole per Washington che Mosca punti sempre più sul rublo per commerciare con i Paesi vicini. La Russia ricorre sempre più spesso a contratti con la Cina in rubli e yuan. Pechino effettua transazioni in yuan anche con i Paesi dell’Europa occidentale. Non è forse un motivo per Washington per considerare la Russia e la Cina suoi grandi avversari? Così lo Zio Sam cerca di farsi strada verso i confini della Russia attraverso la Siria e l’Iran, non solo per motivi geopolitici, ma anche per motivi puramente finanziari. Tutti coloro che minano lo standard dei petrodollari devono essere puniti! E solo quando la lotta di Washington per preservare il sistema dei petrodollari sarà senza speranza, attuerà il “piano B”, anche noto come “terza guerra mondiale”. E il detonatore di questa guerra è nella regione del Medio Oriente, più precisamente in Siria e in Iran.

    Valentin Katasonov, Strategic Culture Foundation, 20.09.2013
    Traduzione di Alessandro Lattanzio
    aurorasito.wordpress.com/2013/09/20/i-veri-obiettivi-della-guerra-contro-l...
    [Modificato da wheaton80 21/09/2013 19:44]
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    00 23/09/2013 01:14
    “La diplomazia si tradurrà in una vittoria della Siria e nella pace duratura”
    In un’intervista simultanea ad Algérie Patriotique e a Jeune Indépendant, Thierry Meyssan spiega come la Siria, un Paese che affronta da 32 mesi una guerra di aggressione tra le più letali della storia, abbia potuto invertire i rapporti di forza in suo favore. L’analisi dell’intellettuale francese suggerisce anche una chiarificazione sulla nuova configurazione geopolitica regionale che emergerà, ha detto, con la Russia. Riguardo Gran Bretagna e Francia, analizza il politologo, saranno le perdenti della guerra in Siria. “Non gli Stati Uniti!” Perché “si divideranno la regione con la Russia” sulle rovine del patto Sykes-Picot del 1916, con il quale il Regno Unito e la Francia controllavano la zona

    Thierry Meyssan, Intervista di Djamel Zerrouk, Rete Voltaire, 20 settembre 2013

    Come si può spiegare che un Paese come la Siria, moderatamente armato, abbia potuto contenere l’invasione più mortale della storia, specialmente se dietro questa invasione terroristica vi è la temuta macchina della NATO e il supporto logistico e ideologico continuo dei Paesi del CCG?

    Thierry Meyssan: la Siria sapeva che gli Stati Uniti si preparavano ad attaccare fin dal 2001, si veda la testimonianza del generale Wesley Clark. Ha sventato diversi complotti, come ad esempio quello volto a renderlo responsabile dell’assassinio dell’ex-primo ministro libanese Rafiq Hariri. Ma pensava di dover affrontare una guerra convenzionale, non un’ondata di terrorismo settario. In una dozzina di anni, la Siria aveva così risolto diversi problemi fondamentali, compreso il rimborso integrale del debito. L’Esercito arabo siriano è stato dotato di attrezzature essenziali, ma non sapeva come trattare i jihadisti. Dal febbraio 2011 al luglio 2012, ha evitato di fare uso delle armi quando ciò metteva in pericolo la vita dei civili. Fu un momento particolarmente difficile, durante cui perse più soldati che nelle guerre contro Israele. Fu solo con l’assassinio dei principali leader militari, il 18 luglio 2012, che l’amministrazione Assad ha ordinato di sradicare i jihadisti con tutti i mezzi. L’esercito ha poi adottato le tecniche russe sviluppate durante la guerra in Cecenia. La resistenza del Paese agli invasori riflette questi due passaggi. Durante il primo anno, l’amministrazione Assad ha cercato di convincere l’opinione pubblica che la campagna occidentale secondo cui il Paese era scosso da una rivoluzione della primavera araba e che la NATO avrebbe cambiato il regime, era falsa. Dalla crisi del luglio 2012 e dalla sua vittoria militare, ha ritenuto di aver vinto politicamente la partita all’interno, e che avrebbe potuto mobilitarsi contro l’invasore. Quindi, fu costituita la milizia di autodifesa di quartiere, alla fine del 2012, e ci fu la prima ondata di volontari nell’Esercito arabo siriano, durante la crisi di Ghuta, nell’agosto-settembre 2013. In guerra, ci sono solo due campi. Ognuno è costretto a posizionarsi o a morire. Come altrove, quando il popolo immagina che il governo sarà rovesciato da un invasore, resta in attesa, aspettando di vedere. Ma quando il popolo capisce che gli invasori indietreggiano, si sacrifica per salvare il Paese. Nel maggio 2013, un rapporto della NATO stimava il sostegno al governo di Assad al 70%, un 20% di indecisi e un 10% a sostenere i jihadisti. Non ci sono più indecisi. Il 90% dei siriani sostiene il proprio Stato, il 90% dei francesi supportava de Gaulle dopo lo sbarco alleato in Normandia.

    Gli Stati Uniti non invocano più la guerra, ora sostengono l’opzione diplomatica, mentre pochi giorni fa le forze armate degli Stati Uniti avevano il dito sul grilletto, in attesa dell’ordine del presidente, comandante supremo delle forze armate, per lanciare i missili contro la Siria. E’ un miracolo o l’opera di fondo svolta da terzi?


    Thierry Meyssan: l’analisi, sia in Siria che in Russia, è che gli Stati Uniti sono una potenza in declino che non ha più la possibilità di lanciare una guerra convenzionale. Proprio quest’anno, il Pentagono ha ridotto le dimensioni delle proprie truppe del 20%, e questo processo del “sequestro” è destinato a continuare negli anni a venire. D’altra parte, gli interessi degli Stati Uniti che hanno portato la Casa Bianca a pianificare la guerra nel 2001, non esistono più. All’epoca il Vicepresidente Cheney aveva creato una task force per valutare il futuro energetico. I suoi esperti erano convinti che il mondo avrebbe dovuto affrontare il “picco del petrolio”, cioè la scarsità di “petrolio greggio” (la qualità del petrolio saudita). Per sopravvivere, doveva pertanto fare man bassa e il più presto possibile, di tutte le riserve di petrolio e gas. Tuttavia, i maggiori giacimenti non sfruttati sono nel sud del Mediterraneo, soprattutto in Siria. Dodici anni dopo, questa analisi s’è dimostrata falsa. Sappiamo ora utilizzare altre forme di petrolio, oltre al “petrolio greggio”, anche se questo significa costruire raffinerie adatte. Inoltre, il gas sostituisce una parte del petrolio e gli Stati Uniti sfruttano, nel Paese ed all’estero, il gas di scisto. Nel ventunesimo secolo non ci sarà una crisi dell’approvvigionamento energetico, e quindi nessun bisogno di occupare la Siria. Pertanto, le diplomazie siriana e russa cercavano, fin dal maggio 2012, di trovare una via d’uscita agli Stati Uniti. Questo fu lo scopo della conferenza di Ginevra alla fine del giugno 2012. La Russia aveva proposto agli Stati Uniti di abbandonare il piano sul “Grande Medio Oriente” e di dividere la regione. Obama aveva accettato questo accordo, ma ha affrontato una forte opposizione interna. Non è successo nulla durante la campagna elettorale negli USA, ma Barack Obama ha ripulito casa poco dopo. Furono prima estromessi gli ultra-sionisti (a partire da Hillary Clinton) e costretto i sostenitori della guerra coperta a dimettersi (cacciata del generale David Petraeus) e, infine, i capi anti-russi (dimissioni dei capi dello scudo anti-missile e della NATO). Successivamente, Barack Obama s’è impegnato a controllare i suoi alleati. Ha forzato l’emiro del Qatar a dimettersi e il suo successore a ritirarsi dalla scena internazionale. Oggi chiede al Regno Unito e alla Francia di ritirarsi dal gioco. Non vi è alcun miracolo in ciò, ma un lavoro diplomatico paziente il cui scopo è evitare il confronto diretto con gli Stati Uniti e, al contrario, sostenerli nella loro ritirata. Questo lavoro è estremamente lungo e ogni giorno che passa è costoso in vite umane, ma in ultima analisi, dovrebbe portare alla vittoria della Siria e a una pace duratura.

    Se la prima potenza mondiale decide di accettare la realtà sul terreno (una Siria fermamente determinata a resistere ferocemente a qualsiasi aggressione straniera, una Russia che non ha alcuna intenzione di abbandonare Damasco, un’opinione pubblica statunitense stanca…), come si può spiegare che Parigi, vassallo di Washington, possa opporvisi? La Francia ha interesse a dichiarare guerra ad un Paese sovrano?

    Thierry Meyssan: Paralizzati dal loro declino, gli Stati Uniti avevano affidato a Regno Unito e Francia la ricolonizzazione di Libia e Siria. Entrambi gli Stati avevano stipulato il Trattato di Lancaster House, nel novembre 2010, quindi prima della primavera araba, per condividere la loro “proiezione di potenza”, vale a dire le loro forze coloniali. Dovevano attaccare insieme e dividersi la torta in base alle loro ex-aree di influenza: la Libia agli inglesi, la Siria ai francesi. Riguardo la Libia, il Regno Unito ha organizzato la rivolta di Bengasi, non sul modello rivoluzionario, ma su quello separatista, consegnando agli insorti la vecchia bandiera di re Idris, vale a dire quella della dominazione inglese. Riguardo la Siria, la Francia ha organizzato l’Esercito libero siriano, consegnandogli la bandiera del mandato francese (1920-1946). Come in altri casi, è sufficiente vedere le bandiere per sapere che non sono un movimento rivoluzionario, ma gli ascari degli ex occupanti. Tuttavia, se il Regno Unito ha potuto occupare la Libia, è perché la NATO è intervenuta a distruggerne la resistenza, totalizzando 160000 morti, secondo i rapporti interni della Croce Rossa. Mentre in Siria, i tre veti contrari di Russia e Cina hanno scoraggiato la NATO dall’intervenire. Così la Francia s’è immersa nel sangue per niente. In tale questione strategica, si aggiungono personalità di peso, come il ministro degli Esteri Laurent Fabius e in particolare il Capo dello Stato Maggiore il Presidente della Repubblica, generale Benoit Puga. Il primo è un ultra-sionista, mentre il secondo è un lefebvriano cattolico, essi condividono la stessa ideologia colonialista. La Francia non ha alcun interesse nel cercare di conquistare la Siria, ma alcune grandi imprese hanno interesse nel far pagare la conquista al contribuente francese, a loro privato profitto. Inoltre, Regno Unito e Francia sono i grandi perdenti della guerra in Siria, non gli Stati Uniti, perché essi condivideranno la regione con la Russia sulle macerie del trattato Sykes-Picot del 1916, con il quale Regno Unito e Francia controllavano la regione.

    Alcuni analisti hanno avanzato l’idea che la Siria, una volta finita la guerra d’aggressione, abbandonerà ufficialmente la Lega Araba perché si riterrà una potenza regionale come la Turchia e l’Iran, e non servirà più a nulla, per Damasco, sedersi in una lega che ha la tendenza negli ultimi anni a consegnare i propri membri al nemico imperiali-sionista e alla NATO (Libia, Yemen,…). Siete d’accordo con questa idea?

    Thierry Meyssan: la Siria, membro fondatore della Lega araba non ha ancora deciso nulla. Ma è certo che il partito panarabo Baath non può più essere visto come prima. Il mondo arabo è un’entità culturale, non politica. I peggiori nemici della Siria non sono a Washington, ma a Doha e Riyadh. Inoltre, i risultati nei 68 anni della Lega araba sono pari quasi zero. Questa struttura è stata manipolata dall’occidente. Tuttavia, abbandonarla suppone che venga sostituita da un altro forum regionale organizzato su una base più solida.

    Pensate che il GME (Greater Middle East), il piano statunitense, dal nome ingannevole, per atomizzare e indebolire i Paesi arabi davanti a un’entità sionista più forte che mai, stia affondando? Ciò tanto più che l’emergere della Russia di Putin e la volontà della Siria di riposizionarsi da principale protagonista della nuova mappa geopolitica che si va tracciando ora, dissiperanno il piano atlantista?


    Thierry Meyssan: il progetto del “Grande Medio Oriente” era volto a dividere la regione per mezzo degli eserciti occidentali, non per garantire agli Stati Uniti il loro approvvigionamento in petrolio, ma per far dominare Israele. Se ci potemmo sbagliare su questo nel 2003, quando George W. Bush l’evocò, ciò non è più possibile oggi, non avendo gli Stati Uniti più bisogno del petrolio della regione. D’altra parte, nell’ambito della nuova divisione della regione, la Russia non ha intenzione di entrare in guerra con Israele e gli Stati Uniti. Il piano di Mosca è costringere Tel Aviv ad abbandonare la natura coloniale del suo regime, come Pretoria fu costretta ad abbandonare l’apartheid. Questo è un punto molto importante, perché l’origine delle guerre in questa regione, come in passato in Sud Africa, non è l’esistenza di un particolare Stato, ma la natura coloniale del suo regime.

    Signor Meyssan avete sostenuto il colpo di Stato contro il presidente Mursi in Egitto, spiegando che la politica auspicata dall’ex-presidente della Fratellanza musulmana faceva parte di una logica atlantista e sionista, e quindi era necessario che l’Egitto, Paese chiave, se ne sbarazzasse. Ma si scopre che il generale al-Sisi, l’uomo forte di Cairo, contratta con gli statunitensi e anche gli israeliani, i cui droni sorvolano, bombardano e uccidono liberamente in Sinai, ”nel quadro dell’antiterrorismo”. Non sarebbe più corretto indicare Mursi e Sisi dei simili, dato che il nuovo regime di Cairo non ha ritenuto opportuno sostenere la Siria?

    Thierry Meyssan: In Egitto, tutte le fazioni sono state finanziate dagli Stati Uniti. Quando Washington sentiva che il Paese stava per implodere, fece affidamento su tutti i giocatori in una sola volta, per essere sicuri che il prossimo governo fosse un suo vassallo. Come avete detto, io non sostengo il generale al-Sisi in particolare, ma il colpo di Stato per consenso, che ha posto fine alla dittatura dei Fratelli musulmani. Resta che l’esercito deve dimostrare le sue doti politiche. Osservo che, per il momento, la situazione è così complicata che molti giocatori hanno ruoli invertiti. Così, l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti sostengono l’esercito egiziano e la lotta contro l’esercito siriano, mentre l’Iran sostiene i Fratelli musulmani egiziani e combatte contro i loro omologhi siriani. Ci vorrà un po’ di tempo per riportare le cose alla normalità e a che le posizioni interne coincidano con quelle esterne. In ogni caso, i rapporti tra l’esercito egiziano e gli Stati Uniti sono tesi. Abbiamo dimenticato che è l’esercito che ha chiuso gli uffici delle organizzazioni “non governative” aperte dalla CIA in Egitto e, al momento, il Pentagono ha sospeso gli aiuti. Furono restaurati sotto la presidenza di Mursi e sospesi dopo il colpo di Stato militare. E’ quindi sbagliato pensare all’esercito egiziano come un pedone degli Stati Uniti. Dobbiamo attendere il ritorno della pace civile per vedere come l’Egitto si evolve.

    Potete analizzare la situazione in Libano, che recentemente ha subito una serie di attentati mortali. Gli autori di questi attacchi vorrebbero punire la resistenza di Hezbollah libanese fin dal 1982? Ci sarà un legame con ciò che accade in Siria?

    Thierry Meyssan: gli Stati Uniti inizialmente pianificarono l’impiego del Libano come base per attaccare e poi distruggere la Siria. Inoltre, per via della sua storia e della sua geografia, il Libano è dipendente totalmente ed esclusivamente dalla Siria. L’unica alternativa sarebbe frammentarsi e diventare un principato maronita alleato d’Israele, un piano incarnato da Samir Geagea. E’ deplorevole che il Libano non abbia altra scelta, ma è inutile nascondere questo fatto. Nel 2005, i libanesi chiesero in modo schiacciante la partenza dell’esercito siriano, che garantiva la pace civile. Ciò avvenne senza discutere. I libanesi, che si sentivano umiliati dal dover pagare una minuscola tangente a qualche generale siriano, ebbero poi il piacere di essere saccheggiati in modo massiccio da altri libanesi. Dalla partenza dell’esercito siriano, non ci sono più servizi pubblici. Lo Stato si sfascia a favore delle comunità etnico-religiose. Attualmente, non c’è elettricità, ognuno è obbligato a comparsi un generatore, e non c’è acqua potabile, obbligando ognuno a prendere l’acqua dalla cisterna di casa. Da marzo, l’MI6 inglese ha chiuso la maggior parte delle sue strutture in Giordania per trasferirle in Libano. Abbiamo poi visto l’inizio di una serie di attentati volti non a colpire la resistenza, ma a creare il caos. Per il momento, la guerra civile non è scoppiata perché l’equilibrio delle forze è così a favore di Hezbollah, che nessuno ha interesse ad iniziarla. Quando Hezbollah si rese subito conto che il nemico l’avrebbe assaltato dalla Siria, si mobilitò per difenderla. Il piano occidentale era stato ben progettato, a condizione del bombardamento della Siria e del rovesciamento del regime laico. Ma dopo l’inversione degli Stati Uniti sulla questione delle armi chimiche, esso fallirà. Tra un anno, si porrà la questione se il Libano rimarrà paralizzato dalle sue divisioni etnico-comunitarie, imposte da Laqdar Brahimi con l’accordo di Taif, o se raggiungerà, almeno in parte, la sfera d’influenza russa.

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    [Modificato da wheaton80 23/09/2013 01:15]
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    wheaton80
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    00 25/09/2013 18:59
    La Siria sta vincendo nella battaglia della propaganda mediatica

    Sia i media statunitensi che quelli europei hanno diffuso ultimamente decine di articoli e di inchieste sulla Siria, che trattano tematiche che essi stessi avevano passato sotto silenzio per più di un anno. Le immagini delle atrocità commesse dai ribelli sono state pubblicate e le foto sulle decapitazioni, sui fatti di cannibalismo ed altri atti barbari attuati dai pseudo rivoluzionari hanno fatto la loro comparsa sui media occidentali. Questo cambiamento di tono si vede, soprattutto spiegato con la severa critica contro Obama realizzata da Fox News per mezzo della celebre giudice Jeanine Pirro lo scorso 12 Settembre. Questo network televisivo, di tendenza conservatrice, ha infatti svolto una campagna politica contro la decisione dell’Amministrazione Obama di attaccare la Siria. La sua conclusione è stata che Obama voglia lanciarsi in una nuova avventura militare al servizio di Al Quaeda che combatte contro lo Stato della Siria.

    www.westernjournalism.com/watch-judge-jeanine-pirro-destroy-obam...

    I fatti gli hanno dato ragione. Al Quaeda ha lanciato più di una settimana fa un attacco su larga scala per prendere il controllo del nord della Siria dopo di aver esteso il proprio controllo su grandi porzioni della regione di Deir Ezzor, Hassakè e Raqqua. Nello stesso tempo, il primo vicedirettore del Servizio federale di Sicurezza Russo (FSB), Serguei Smirnov, ha dichiarato che circa 300/400 mercenari russi combattono in Siria nelle fila degli estremisti. Questi mercenari finiranno per ritornare e questo naturalmente rappresenta un gran pericolo, ha riferito Smirnov.

    Il mercoledì scorso, il ministro francese degli Interni, Manuel Valls, ha affermato che circa 130 francesi combattono attualmente nelle fila degli estremisti siriani, sottolineando che il loro ritorno in Francia sarà una fonte di inquietudine in ragione del pericolo potenziale che possono rappresentare. Questo cambiamento di impostazione nei media occidentali risulta dovuto, in primo luogo, al fallimento della guerra portata avanti contro lo Stato siriano da circa due anni e mezzo da parte dei governi occidentali, dalle petro-monarchie del Golfo e dalla Turchia.

    Inoltre tutti i sondaggi fatti in USA, Francia, Germania e Regno Unito hanno mostrato il rifiuto nelle opinioni pubbliche di una guerra contro la Siria. Nel Regno Unito il Parlamento ha riscontrato la volontà popolare proibendo al primo ministro, David Cameron, di partecipare all’aggressione contro Damasco. L’opposizione popolare ad una nuova guerra si spiega per le sconfitte subite dagli USA e dei suoi alleati in Irak, in Afghanistan e nella striscia di Gaza nonché nelle tre guerre israeliane contro il Libano nel ’93, nel ’96 e nel 2.000. Questi conflitti hanno avuto gravi ripercussioni per le economie occidentali ed hanno lasciato profonde tracce nella memoria collettiva dei popoli. La resistenza dell’Esercito e del popolo siriano di fronte alla guerra internazionale lanciata contro la Siria, la caduta dei Fratelli Musulmani in Egitto e l’indebolimento della posizione della Turchia hanno rafforzato nell’opinione pubblica la resistenza contro la guerra.

    Una buona parte degli articoli e delle inchieste pubblicate nei media occidentali iniziano a dare adesso un’ immagine più vicina alla realtà di quello che sta succedendo in Siria: uno Stato disponibile a procedere a riforme serie che si trova in guerra contro bande di mercenari estremisti, in maggioranza membri di al Qaeda. Le “democrazie di facciata” insediate dall’Occidente e dalle sue marionette nel mondo Arabo sono sprofondate per mostrare poi il vero volto della ribellione: i gruppi takfiris, criminali, assassini di bambini, stupratori di donne, tagliagole e cannibali. Si è dimostrato che questi individui sono reclutati, addestrati, armati, finanziati ed alimentati dalle “illustri democrazie” saudita e del Quatar.

    Nel corso delle sue recenti apparizioni davanti ai media occidentali, il presidente siriano ha ottenuto di rompere il muro di silenzio ed è riuscito a mostrare all’opinione pubblica la vera immagine che trasmette il suo paese. Con i suoi argomenti, il suo buon senso, la sua logica, basata su fatti, prove e cifre, è riuscito a convincere molte persone, sia cittadini normali che membri delle elites intellettuali e politici onesti. Di sicuro l’opinione pubblica occidentale non si è orientata a favore del regime di Assad, tuttavia si è captata la realtà di quello che sta succedendo in Siria. Una verità che la gigantesca macchina mediatica e corporativa, controllata dai governi degli USA, dell’Europa e dai paesi del Golfo ha cercato di occultare da circa due anni e mezzo.

    Dopo aver ottenuto una vittoria politica e diplomatica, con l’aiuto dell’alleato russo e prendendo l’iniziativa sul terreno militare, con l’appoggio degli Hezbollah e dell’Iran, la Siria sta ora vincendo la battaglia della comunicazione. Un altro fattore dominante nel cambiamento di attitudine dell’opinione occidentale è stato rappresentato dall’atteggiamento del Vaticano. La Santa Sede è nettamente ostile ad una aggressione militare contro la Siria. La sua posizione deriva dalla preoccupazione di difendere la causa delle comunità cristiane d’Oriente la cui esistenza risulta oggi minacciata dai gruppi di takfiris che cercano di distruggere l’ultimo stato laico del Medio Oriente che garantisce la libertà religiosa a tutti i cittadini. La “giornata di preghiera” per la Siria, convocata dal Vaticano lo scorso 7 Settembre, è arrivata come messaggio a milioni di fedeli nelle Chiese del mondo intero, incluse quelle degli Stati Uniti.

    di Ghaleb Kandil
    Traduzione libera: Luciano Lago
    23 settembre 2013
    Fonte: www.almanar.com.lb/spanish/adetails.php?eid=41546&cid=23&fromval=1&frid=23&seccatid=67&...

    www.stampalibera.com/?p=66743
    [Modificato da wheaton80 25/09/2013 19:00]
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    wheaton80
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    00 28/09/2013 11:48
    Siria, Consiglio di sicurezza Onu approva risoluzione su disarmo di armi chimiche
    Scongiurato all'unanimità l'intervento militare contro il regime di Damasco. Stati Uniti, Russia e Inghilterra soddisfatte. Ban Ki-Moon: "Decisione storica, a settembre conferenza di pace a Ginevra"

    28 settembre 2013

    L’intervento militare in Siria non ci sarà. Almeno per ora. Durante la scorsa notte, infatti, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato all’unanimità una risoluzione vincolante sullo smantellamento dell’arsenale di armi chimiche del regime di Damasco. La decisione è arrivata dopo che il comitato esecutivo dell’Organizzazione per la proibizione di armi chimiche aveva adottato all’Aja il piano per la distruzione dell’arsenale siriano. Il voto è stato salutato dal segretario di stato americano John Kerry, dai ministri degli Esteri russo Sergei Lavrov e britannico William Hague, tutti presenti al momento del voto. “Con una sola voce diciamo che le armi chimiche non verranno tollerate”, ha dichiarato Hague. Lavrov ha esortato l’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche a lavorare “in modo professionale ed imparziale”. Damasco, ha osservato, ha dimostrato “reale volontà di cooperare” nel consegnare all’organizzazione in modo rapido la lista dei suoi arsenali. Nella risoluzione, l’esecutivo Onu minaccia il ricorso a misure punitive contro quella parte siriana che dovesse mancare all’adempimento degli obblighi derivanti dalle decisioni adottate, come tempi di verifica e distruzione delle armi. Il testo fa riferimento al capitolo VII della Carta Onu senza tuttavia autorizzare il ricorso a misure punitive in maniera automatica, come ha sottolineato in modo chiaro il capo della diplomazia russa. Misure quali un intervento o sanzioni dovranno infatti essere approvate nel quadro di una seconda risoluzione per poter essere varate. Il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon, ha definito “storica” la decisione e si è congratulato con i rappresentanti dell’esecutivo Onu. “Si tratta della prima buona notizia sulla Siria da tempo”, ha dichiarato Ban, annunciando per metà novembre la data in cui si dovrebbe tenere a Ginevra la conferenza di pace sulla Siria.

    www.ilfattoquotidiano.it/2013/09/28/siria-consiglio-di-sicurezza-onu-approva-risoluzione-su-disarmo-di-armi-chimiche...
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